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In Confidenza

PADRONE

Don ERMINIO VILLA - 30/04/2021

abbondanzaA chi gli chiedeva un suo pronunciamento per risolvere questioni di eredità tra fratelli, Gesù ribattè: “Chi mi ha costituito giudice o mediatore sopra di voi?”. Forse aveva letto in quella pretesa non una sete di giustizia, ma una brama di possesso. La stoltezza, evangelicamente parlando, è un vero e proprio peccato: non si tratta, infatti, di un limite intellettuale, costitutivo, ma di una cecità dovuta a cattiva coscienza, a un non voler aprire gli occhi per non dover cambiare stile di vita.

È stoltezza, per Gesù, credersi padroni della propria vita, fare programmi per un futuro che non ci appartiene, vivere su questa terra come se fosse la nostra vera patria. La ricchezza che è giusta e bella davanti a Dio è santità, carità, oblatività; in una parola: desiderio di fare della propria vita un dono. È questo l’atteggiamento che contraddistingue tutti i santi e che coincide proprio con la povertà reale: povertà di chi si svuota di sé, per essere tutto di Dio e tutto dei fratelli; povertà di chi nulla vuole per sé, perché in Dio ha già tutto.

La mentalità del mondo si basa sulla cupidigia e sull’orgoglio, mentre la ricerca di Dio si accompagna all’umiltà, alla mitezza, alla dolcezza, all’altruismo: sono questi i beni che vanno instancabilmente perseguiti, sapendo che da Dio siamo venuti e a Dio stiamo tornando e che, già fin d’ora, ogni istante della nostra vita è nelle sue sante mani.

Purtroppo tanti, dimenticando il fine per cui Dio ci ha creati, vivono come se non dovessero morire mai. Dalla mattina alla sera (e spesso anche la notte) si agitano, si affannano per accumulare denaro e beni terreni, per gustare i piaceri dei sensi, per avere tutte le comodità della vita, ecc. Ma quando avvertiranno l’arrivo della morte che in un istante strapperà via tutte queste cose, il loro cuore proverà di certo la delusione e forse la disperazione.

La brama, la cupidigia, quando stanno nel cuore umano, finiscono per alimentare i conflitti e accecano gli occhi, che non riescono più a vedere né i fratelli né il prossimo. Ecco perché poi la conclusione è un avvertimento esplicito alla vigilanza: “Anche se uno è nell’abbondanza, la sua vita non dipende da ciò che possiede!”.

È molto facile per noi uomini cadere preda di una facile illusione: credere che la pienezza della vita ci venga dal denaro che possediamo, dalle proprietà che abbiamo accumulato e non da ciò che siamo. Scriveva anni fa Erich Fromm parole tuttora attualissime: “Si direbbe che l’essenza vera dell’essere sia l’avere, che, se uno non ha nulla, non è nulla”. Lo diceva anche il salmo 48: “Quando muore l’uomo con sé non porta nulla” (v.15).

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