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Cultura

PROMOZIONE SPIRITUALE

ANTONIO MARTINA - 23/04/2021

olivettiIl 2021, anno d’importanti ricorrenze, lo è anche per la nascita di Adriano Olivetti avvenuta l’undici di aprile del 1911. Al Daverio di Varese, una delle gite di studio era quella di Ivrea per la visita alla fabbrica. Nonostante la coda del “miracolo economico” si trattava di giornate costose ma all’Olivetti non si poteva rinunciare. Alcuni anni dopo, discutendo con i giovani allievi che frequentavano un master aziendale, mi ero accorto che non conoscevano la storia dell’imprenditore piemontese, giustamente considerato anche: intellettuale, politico, urbanista, editore, saggista; un ingegnere chimico poliedrico e visionario che aveva saputo cambiare le regole della produzione disegnando una fabbrica a misura d’uomo. Colmare quella lacuna nei confronti di futuri capi, era stato per me motivo d’elevata soddisfazione. Di Olivetti ho scritto anche nel libro “La Svolta (persone, idee, esperienze per guardare oltre la crisi)”, con il collega Corrado Fois ed edito dalla Franco Angeli di Milano.

Nei primi anni cinquanta il Canavese, una provincia silenziosa e schiva, era diventata il luogo del dialogo tra Nord e Sud, un punto di riferimento per economisti, scrittori, intellettuali; un umanesimo laico dalle forti emozioni e forse un pizzico di rimpianto. Per Adriano la fabbrica doveva essere un luogo di lavoro accogliente, luminoso, in armonia con l’ambiente esterno, un centro culturale, un punto d’incontro e di svago. Le ragioni produttive dovevano inglobare gli aspetti psicologici e sociologici, un insieme parte integrante del paesaggio e non una prigione. Fu tra i primi a passare dalla catena di montaggio alle isole in cui il lavoratore poteva esercitare tutta la sua professionalità e competenza (diremmo oggi). Poi, in tempi successivi, si è anche verificato che alcuni imprenditori scegliessero la logica della privatizzazione degli utili e socializzazione delle perdite. Olivetti era solito rispondere all’ interrogativo: il fine dell’impresa è unicamente il profitto? con questa affermazione: “il profitto deve essere reinvestito per il benessere della comunità”. Molti suoi detrattori non avevano condiviso questo aspetto e infatti, dopo la sua morte, alle prime difficoltà aziendali si “vendicarono”.

Ma prima di narrare un minimo storico vorrei ricordare che, a causa della pandemia, ci troviamo in una situazione di crisi sanitaria ed economica tale da far emergere tutte le anomalie e disuguaglianze di un sistema pensato e sviluppato alla “creazione di valore per gli azionisti”. Mentre da un lato si stava discutendo sull’eccessiva importanza riservata agli shareholder (azionisti), dall’altro i più attenti spostavano la loro attenzione sul coinvolgimento degli stakeholder, i portatori d’interesse sia per l’impresa sia per la comunità. Tempi in cui molti imprenditori iniziavano a delocalizzare, chiudere le fabbriche, cancellare i contratti collettivi di lavoro. Per comprendere il concetto sugli stakeholder un esempio può essere chiarificatore: le vittime di Casale Monferrato non sono stati solo gli operai dell’Eternit, ma anche altri cittadini che avevano vissuto respirando quelle micidiali polveri. Se dovesse chiudere la Fincantieri di Sestri Ponente ne risentirebbe tutto l’indotto, l’economia della Liguria e di parte del Piemonte. Ecco perché le responsabilità della Politica sono determinanti e vitali per lo sviluppo, il benessere futuro degli Italiani. Ancora, sarebbe meglio investire e spendere per lo sviluppo delle strade ferrate, come ha fatto la Svizzera, oppure incrementare la Pedemontana? Mantenere con maggiore parsimonia il patrimonio artistico, quello turistico, quello immobiliare d’uso tipo: scuole, università, caserme, tribunali? Inoltre, non sarebbe opportuno agevolare il recupero delle ex zone industriali cittadine in quartieri vivibili e interessanti? (come sta avvenendo alla ex Aermacchi di Via Sanvito). Incrementare le fonti di energia alternative: quella eolica e solare (senza deturpare il paesaggio) e soprattutto quella dell’idrogeno clean and green (pulito e verde, ecocompatibile). Insomma programmi più innovativi potrebbero impegnare e far crescere almeno quattro o cinque generazioni. Questa è l’occasione migliore per utilizzare e gestire i fondi che ci saranno prestati, a tassi agevolati, dall’Unione Europea.

Per Adriano Olivetti la bellezza insieme all’amore, alla verità ed alla giustizia, rappresentavano un’autentica promozione spirituale. Ne “La città dell’uomo” scriveva: gli Uomini, le Ideologie, gli Stati che dimenticheranno una sola di queste forze creatrici, non potranno indicare a nessuno il cammino della civiltà. Durante la sua esperienza imprenditoriale, la visione e la strategia unite alla creatività ed all’innovazione, gli avevano consentito di massimizzare l’attenzione verso la produzione, l’organizzazione ed il sociale. Questo aveva consentito agli operai di vivere all’interno della fabbrica in completa libertà. Arrivò al punto di dover spiegare a una delegazione Sovietica in visita che in quella giornata non era festa né era in atto uno sciopero, utilizzavano solo le regole della libertà aziendale, ad esempio, per potersi concedere momenti di pausa e andare a ritirare un libro nella biblioteca della fabbrica stessa. Criteri d’intervento organizzativi che portarono in brevissimo tempo all’incremento della produttività del 15% e in un decennio del 500%. Il volume delle vendite, con l’apertura dei mercati esteri, aumentò del 1.300%, i profitti salirono alle stelle ed il successo finanziario andò di pari passo con quello dell’immagine. La grafica olivettiana è conosciuta ed apprezzata in tutto il mondo. La mitica Lettera 22 viene definita il primo tra i 100 migliori prodotti degli ultimi 100 anni. Quello che consentiva un grandissimo aumento della produttività era la motivazione del personale, chiedere e far partecipare le persone al successo dell’Azienda.

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