Widgetized Section

Go to Admin » Appearance » Widgets » and move Gabfire Widget: Social into that MastheadOverlay zone

Società

L’OSPEDALE, LE SUE LUCI

FELICE MAGNANI - 23/04/2021

Il professor Antognoni ai microfoni di Radio Missione Francescana

Il professor Antognoni ai microfoni di Radio Missione Francescana

È davvero incredibile come si possa arrivare ad amare un luogo come l’Ospedale, a me è successo. E allora mi domando, come mai? Come mai torno a casa con il sorriso e con una gran voglia di comunicare, dopo ogni applicazione? Qual è la molla che cambia il volto delle persone? Può il cancro diventare strumento di riappropriazione o di trasformazione di un carattere? Sono domande che sorgono spontanee, ma già il fatto stesso che una persona se le ponga, significa che la realtà che sta vivendo è stimolante, empatica, creativa, qualcosa che smuove e che scuote, che induce a riflettere.

La prima cosa che colpisce sono le persone a cui affidi la tua vita, il loro volto, il loro sguardo, quella luce che diventa sempre più difficile da sdoganare nella vita di tutti i giorni, a tratti così cruda e ripetitiva, insolente e aggressiva. La luce ha una funzione fondamentale, entra e penetra trasformando, restituendo quella fiducia che ha un assoluto bisogno di essere guidata e sostenuta, perché l’essere umano non è solo il simbolo vivente di un miracolo d’amore terreno, è forse qualcosa di molto di più, qualcosa che si avvicina a una sfera elevata di cui l’intelligenza e la sapienza sono i cardini. Trovare la luce è come capire all’improvviso che la felicità ha un respiro molto più ampio e non resta confinata nello stretto perimetro del materialismo umano. Si può incontrarla anche dove il mondo è più nascosto, meno visibile, meno esteticamente bello, ma fortemente ricco di valori umani, come la professionalità e il rispetto, l’educazione e l’amicizia.

Nella saletta dove attendi il tuo turno finisce l’eco del chiacchiericcio, quello ripetitivo dello strumento televisivo e sale piano piano quello che si lega al conforto umano, alle cose che contano, anche se piccole e a volte quasi invisibili. Quando ho incontrato per la prima volta i miei compagni ho avuto un sussulto, mi sono reso conto che stavo vivendo un’avventura straordinaria che mi avrebbe cambiato la vita e il modo di pensare. È incredibile come, pur non conoscendo nessuno, parli e apri il tuo cuore come non avresti mai immaginato. Capisci che essere insegnanti significa prima di tutto essere se stessi, che prima di una parola o di una frase c’è un pensiero e che prima di un pensiero c’è un’anima pensante, una vocazione alla vita che si rafforza. Quando fisso per la prima volta Gianfranco o l’Adele che sorride e mi osserva con la curiosità di quelle alunne che hanno affollato le mie classi, provo un senso di benessere, sento che lì, nel bunker della Radioterapia, c’è un mondo che s’incontra rinnovandosi e che tu avevi forse bisogno di quello scossone per capire qualcosa di più di quello che ti stava sfuggendo. La malattia non è una condanna, mette alla prova, fa crescere, fa comprendere quanto sia importante vivere, combattere, lottare, amare, andare oltre le diatribe umane, quelle che creano muri che limitano la nostra libertà. È in questi momenti che ti fermi a pensare e ti tuffi oltre i tuoi egoismi. Quando Gianfranco ritira il tuo biglietto dalla Segreteria per uscire in macchina dall’Ospedale e ti attende in piedi per consegnartelo, ti rendi conto che l’amicizia è davvero qualcosa di straordinario. Lorenzo, Marinella, Fausto, Daniela Patrizia, Maria, Adele, Paola, Giacomo, Giulia, Gianfranco e poi ancora altri nomi e altre persone, tante presenze puntuali sulla linea di un fronte fortemente operativo.

L’esercito del bunker con il suo grande capo, il primario dottor Paolo Antognoni, è ben organizzato, vivo e molto attivo, i componenti hanno in comune una professionalità che si anima continuamente, che attinge a caratteri che si sono formati dentro una vocazione, con una chiara propensione morale, sociale, scientifica e perché no, anche un po’ missionaria. A nessuno viene mai meno un sorriso, una battuta, la voglia di ricostruire ciò che madre natura in qualche caso tenta di distruggere. Ogni volta che metto piede nella saletta e vedo i miei compagni provo una sensazione di sollievo, il loro sguardo e i loro volti sono stracarichi di umanità. Ognuno con la propria storia è un grande esempio di forza e di determinazione. Il cancro non cancella e non demolisce, la voglia di vivere è molto più forte, è capace di ricreare continuamente, di far sorridere e di far dimenticare.

Gianfranco mi parla delle sue origini, del carattere dei sardi, mi racconta della bellezza, dei piatti che cucina, dell’orto che coltiva nella sua Ponte Tresa. È una fonte inesauribile di generosa sapienza marinara e contadina insieme. Appassionato di mare, subacqueo da sempre, ravviva ogni giorno l’ambiente con le sue storie. L’attesa è quasi sempre racconto e in ogni racconto c’è una parte fondamentale della sua e della nostra vita. Il Bizz., con la sua bonomia intellettuale, evidenzia quella sottile vena culturale che induce alla riflessione sulle tradizioni e sulle cose che non passeranno mai. Scopri strada facendo che anche lui è un amante dello sport, della vita all’aria aperta. Stravede per la Valsesia, la montagna, i silenzi, i colori, adora la cucina semplice delle nostre valli, un buongustaio che non nega la sua vocazione. Guarda con interesse Geo, la trasmissione pomeridiana su RAI 3 e quando ne parla, è come se fossimo tutti in una vallata verde, animata di silenzi, colori, odori, sensazioni d’altri tempi. Del cancro? Nemmeno l’ombra. Il bunker non adombra, illumina. La malattia, in molti casi, restituisce la semplicità dei rapporti, rafforza la socialità, lasciando che le parti nascoste della natura umana escano allo scoperto. Mia moglie e mia figlia apprezzano il mio stile, l’energia e l’entusiasmo con cui affronto questa nuova esperienza, si stupiscono e si meravigliano, ma sono felici, accolgono un marito e un papà che non si lascia abbattere.

La vita sorprende continuamente. La malattia è solo un aspetto della nostra esistenza, forse quello che ci aiuta a capire qualcosa di più di chi siamo, di cosa vogliamo, proprio come succede nel bunker della Radioterapia varesina, passaggio obbligato per chi ama la vita e la vuole conservare. Lì, tra camici bianchi, attese e riflessioni, ho spontaneamente deciso di porgere la parte più vera della mia natura, quella che ha imparato a incontrare con fiducia lo sguardo del mondo, a vivere la vita come un incanto quotidiano. I volti di quelle persone che mi hanno accompagnato con i loro sguardi, le loro parole, i loro racconti, i loro sorrisi, la loro umanità e la loro grande professionalità sono diventati un punto fermo del mio quotidiano. Non passa giorno che non prenda, anche solo idealmente, il –1, il –2 o il -3, per scendere a ringraziarli, per condividere tutto quello che sul piano umano e professionale ho ricevuto. Stamattina mi ha telefonato Gianfranco, abbiamo fatto una fraterna chiacchierata, è stato bellissimo! E la Radioterapia dell’Ospedale di Circolo di Varese? Una presenza puntuale che restituisce fiducia, proprio mentre una terribile pandemia vorrebbe cancellare tutto.

Facebooktwittergoogle_plusredditpinterestlinkedinmail

You must be logged in to post a comment Login