Nel precedente articolo, quello del 27 marzo scorso, titolato “Altro che bombe!”, mi sono avventurato in alcune considerazioni sulla transizione ecologica, pur non essendo un esperto. Il tema trattato è stato: “come migliorare la natura del territorio che sarà utilizzato dalle generazioni future”, considerando le tre componenti di base: aria, acqua e suolo. Tre elementi che si interconnettono e se utilizzati male, concorrono a produrre una buona parte dell’inquinamento coinvolgendoci nella sfera vitale della nostra quotidianità. Ho iniziato con poche brevi considerazioni riguardanti: la de-carbonizzazione, la riduzione del CO2, la produzione di energia pulita utilizzando l’acqua per ricavarne idrogeno.
Aggiungo che, purtroppo, l’idrogeno risulta ancora un argomento ostico e poco gradito; è rimasto legato alla vicenda del dirigibile Hindenburg. Ma la controversia iniziale, sul rapido diffondersi dell’incendio, aveva cercato di capire se l’evento fosse dipeso dall’utilizzo dell’idrogeno o dalla copertura usata per la parte esterna del tessuto che costituiva l’involucro. Solo successivamente le indagini si affrancarono su un altro aspetto: la situazione metereologica nella zona di attracco non avrebbe potuto consentire due manovre assolutamente vietate, ossia, due improvvise virate che causarono la rottura di un cavo interno andando a toccare le cisterne dell’idrogeno, permettendo così la fuoriuscita di gas che, a contatto con l’elettricità, cominciò a bruciare.
Tuttavia, il clamore che provocò l’Hindenburg fu tale da incrinare la fiducia in quel mezzo e segnò la fine dell’epoca del trasporto passeggeri su gigantesche navi rigide volanti. Il secondo argomento negativo riguarda la nota arma termonucleare (inizialmente chiamata bomba all’idrogeno o bomba H). Un prodotto figlio dell’evoluzione ottenuta da una reazione a catena di fusione nucleare, ovvero di quel processo di reazione in cui due elementi leggeri come l’idrogeno, ricevono sufficiente energia e si trasformano in un nucleo più pesante in grado di emettere una notevole quantità di potenza in più. Per fortuna molte Nazioni hanno aderito al processo di denuclearizzazione e oggi l’idrogeno è entrato a far parte delle cosiddette energie verdi il cui grado di infiammabilità è quello di un combustibile normale già in uso, benzina o gasolio, ma a emissione pulita.
Siamo giunti ad uno snodo importante, va pensata un’intera organizzazione, ad esempio: chi produrrà l’energia pulita? come la conserveremo per rimediare alla temporanea mancanza della forza del vento o della luce del sole? come si passerà alla distribuzione attraverso le reti intelligenti e soprattutto, chi penserà a trasferire le tecnologie necessarie alle aziende manifatturiere? Serve un piano industriale in piena regola e l’ospite d’onore è l’idrogeno, una risorsa pulita prodotta dall’acqua. Il costo dell’energia solare è già passato dai 400 euro a Mwh di 10 anni fa, a circa 40/50 di oggi e può scendere in alcuni casi anche fino a 15. È stato evidenziato come la discesa dei costi del solare e degli elettrolizzatori necessari, possa fornire un idrogeno che, in molti ambiti, competerebbe da solo con i combustibili fossili.
L’Italia ha un vantaggio competitivo: la quantità del sole. Vuol dire più energia rinnovabile quindi minori costi di produzione. Per il suo trasporto si può utilizzare la rete Snam perché il metano, che già scorre nelle sue tubature, può trasportare anche l‘idrogeno; l’Amministratore delegato, Marco Alverà, ha dichiarato: “noi lo possiamo effettuare anche sulle lunghe distante, utilizzando ancor meglio la nostra rete di gasdotti, partendo dalla Sicilia che potrebbe diventare un hub per questa evoluzione energetica”. Pensiamo a quanta energia solare si può raccogliere anche in Nord Africa e poi trasferirla, con brevi collegamenti, alla Sicilia e da qui in tutta Europa. Inoltre, per produrre un idrogeno assolutamente clean and green (pulito e verde; ecocompatibile) servono anche i pannelli fotovoltaici. La Società 3 SUN-Enel, una fabbrica che già li produce, ne realizza un tipo particolare che viene esportato in alcuni Paesi; si tratta di strumenti a due facce che producono energia da entrambi i lati. Questo permette di avere il costo dell’energia elettrica più basso rispetto a quello ottenuto tramite l’utilizzo dei pannelli tradizionali. Inoltre, Antonino Biondi, Direttore Innovation di Hulb&Lab – Enel, dichiara la disponibilità a finanziare e aiutare tutto quanto riguardi il tema della transizione energetica. Hanno le idee molto chiare e situazioni imprenditoriali avanzate anche per le ricadute sul cosiddetto indotto. Sarebbero in grado di offrire tecnologia fotovoltaica a chilometro zero per le aziende locali e offrire a tutti lo sviluppo dei servizi di manutenzione specializzati oppure la fornitura della componentistica anche per l’esportazione.
Per chiudere questo argomento espongo un caso concreto. Nel sud Italia ci sono almeno 600 chilometri di ferrovia monorotaia, con treni spinti da motori diesel. Servirebbe almeno il raddoppio della linea per diminuire il tempo di percorrenza oltre che l’utilizzo di energia pulita come l’idrogeno. Alla ALSTOM in Bassa Sassonia, continuano a dimostrare come sia valido l’utilizzo dell’idrogeno nelle Aziende del trasporto pubblico. Hanno costruito treni con più di 150 mila km di percorrenza, costi di gestione bassi e senza subire soste per riparazioni straordinarie, con emissione di anidride carbonica pari allo zero. Allora, il caso della Sicilia non deve rimanere solo un progetto di studio. Ci sono competenze di altissimo livello, competenze scientifiche e quindi la realizzazione di un progetto dimostrativo sarebbe sicuramente considerato di grande interesse.
L’Enea è andata lì e hanno costruito insieme alle maestranze siciliane, una centrale solare termodinamica. Dovrebbero essercene di più perché il sole è una materia prima abbondante. Hanno già chi produce pannelli fotovoltaici double face, una tecnologia unica al mondo. Le righe conclusive sono del conduttore della trasmissione di Report, Sigfrido Ranucci, il quale dice: “se si sviluppasse questa tecnologia e quel tipo di centrali per consentire la produzione di idrogeno ancora a più basso costo, si innescherebbe un circuito virtuoso e si potrebbe investire sui treni a idrogeno. Poi si potrebbe creare una rete di distributori per auto e camion. La Sicilia potrebbe diventare un hub di energia pulita raccogliendo anche quella prodotta nel Nord Africa. Abbiamo visto che le reti distributive ci sono e c’è anche chi le fa funzionare in maniera intelligente rendendole efficienti. I cervelli informatici sono sempre lì, ad Acireale. Gestiscono le reti di diciotto Paesi nel mondo. Anche la Banca Europea per gli investimenti ci dice che questo è un caso da seguire e sono pronti a investire perché è un lavoro di “insieme”, ci sono le competenze, c’è la formazione e c’è soprattutto l’idea di futuro di un Paese. Ecco, sta a noi disegnarlo”.
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