Cartesio introduce il concetto di mente al posto di anima. La mens, liberata dai requisiti strettamente pertinenti alla corporeità, ha come prerogativa essenziale il solo pensiero, i suoi modi propri (la sensazione) e le facoltà congiunte (l’immaginazione). La soluzione del dualismo delle sostanze (res cogitans e res extensa) e il legame problematico tra mente e corpo istituito grazie alla ghiandola pineale apre a problemi quali il reperimento di una base materiale organica del pensiero e dell’attività mentale, per altro verso relativi ai limiti di un approccio naturalistico alle attività dell’anima.
A questi limiti Leibnitz si riferisce in un passo della Monadologia (1714) per spiegare l’irriducibilità del piano spirituale a quello fisico, ricorrendo all’ipotesi riduzionista, mostrandone l’incapacità di spiegare i fatti mentali. E immagina una macchina capace di pensare, sentire percepire, trovandovi soltanto pezzi e ingranaggi che agiscono reciprocamente senza alcunché che assomigli a un pensiero o ad una percezione. I problemi vengono poi rilanciati grazie allo sviluppo delle conoscenze sul sistema nervoso, allo studio scientifico condotto sulle basi neurologiche delle funzioni mentali e del comportamento e agli studi sulla psicologia empirica di Vilhelm Wundt.
Le concezioni evoluzioniste darwiniane promuovono una visione storico-biologica e adattativa della mente animale e umana. Ci si indirizza verso l’individuazione della localizzazione delle funzioni cerebrali e delle conseguenti funzioni e attività mentali. Tra il1861 e il 1865 il neurologo francese Paul Broca (1824-1880), studiando il fenomeno delle afasie, giunge a individuare l’area della componente motoria del linguaggio nella terza circonvoluzione frontale inferiore sinistra del cervello.
Pochi anni dopo nel 1874 il neurologo e psichiatra tedesco Karl Wernicke rintraccia nell’area temporale dell’emisfero sinistro la sede della comprensione del linguaggio. Mente e coscienza emergono dal cervello a seguito dell’evoluzione, mentre la completa riduzione dell’una all’altra comporta la scomparsa, assieme alla mente, della stessa coscienza.
È necessario a questo punto distinguere nella coppia concettuale la coscienza fenomenica da quella cognitiva. La seconda si riferisce alla facoltà mediante la quale un organismo o sistema può avere accesso ai propri stati interni, per poterli tradurre in informazioni linguistiche o schemi di azione; la coscienza fenomenica invece indica la componente prettamente soggettiva, qualitativa, dell’essere cosciente. Il secondo caso si presta a un approccio scientifico, impersonale, il primo rimane nella dimensione soggettiva della prima persona e del suo vissuto. V. Thomas Nagel, filosofo naturalizzato americano d’origine serba (n.1937) Che cosa si prova a essere un pipistrello? (1974).
La coscienza, l’esperienza e il comportamento di un singolo individuo non possono essere ridotti a una semplice composizione di impulsi, sensazioni, reazioni in risposta a stimoli fisici (antiriduzionismo). Al centro del dilemma morale sta infatti il dissidio tra ragioni personali per agire e ragioni neutrali rispetto al punto di vista dell’agente.
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