Widgetized Section

Go to Admin » Appearance » Widgets » and move Gabfire Widget: Social into that MastheadOverlay zone

Politica

VENTO CONTRO

SERGIO REDAELLI - 09/04/2021

Steve Bannon e Matteo Salvini

Steve Bannon e Matteo Salvini

La direzione del vento è cambiata. La fragorosa caduta di Donald Trump, le indagini sulla spia russa beccata sul fatto in Italia, i 209 miliardi del Recovery Fund ostaggio dei veti ungherese e polacco, il dichiarato atteggiamento antieuropeista di certa destra allontanano il sovranismo dalle simpatie degli italiani. E si fa più attenta la vigilanza delle istituzioni. Nei giorni scorsi i giudici del Consiglio di Stato hanno sfrattato lo staff di Steve Bannon dalla certosa di Trisulti, il complesso religioso del Frusinate, nella diocesi di Anagni-Alatri, dove l’ex guru della campagna elettorale di Trump, vinta su Hillary Clinton, sperava di fare una scuola sovranista. Invece dovrà fare i bagagli.

È cambiato il vento a cominciare dai buoni rapporti instaurati tra papa Francesco e il presidente Usa Joe Biden, secondo cattolico alla guida della Casa Bianca dopo John Fitzgerald Kennedy. Anche se le gerarchie conservatrici della Chiesa erano vicine a Trump, il pontefice ha immediatamente adottato il motto del nuovo presidente build back better, ricostruire meglio, nel senso di rendere più inclusivo il mondo post Covid-19, smussare le disparità e le disuguaglianze sociali, combattere la cultura dello scarto a danno dei più fragili secondo stili di vita lontani dal consumismo sfrenato, prendersi cura dei migranti e dell’ambiente, promuovere un diverso tipo di economia.

Con il ritrovato feeling tra Santa Sede e Washington il papa è pronto a chiamare a Roma il cardinale progressista di Chicago, Joseph Cupich, come prefetto della congregazione dei vescovi. Francesco è il primo anti-sovranista e non ne fa mistero. In un’intervista alla Stampa di qualche tempo fa rifletteva che “il sovranismo è isolamento, è un atteggiamento di chiusura che porta alle guerre. Mi preoccupano discorsi che assomigliano a quelli di Hitler nel 1934, “prima noi, prima noi…”. Sono pensieri che fanno paura. Un Paese deve essere sovrano ma non chiuso”. E non perde occasione per ricordare che “i politici devono ricercare il bene dei popoli e non quello del proprio partito”.

Il sottile osservatore delle vicende politiche di casa nostra, Ernesto Galli della Loggia, prova a immaginare sul Corriere (29 marzo 2021) una destra moderna che serva al Paese, diversa dal “populismo leghista sempre insofferente a qualunque regola”. Ammette di “concedersi un’escursione nei territori dell’utopia” ipotizzando che possa essere Fratelli d’Italia a darle vita, ma non crede lo si debba più considerare “un partito neofascista, anche se viene da territori della storia che portano quel nome”. E boccia senza remissione quella “destra italiana del ventunesimo secolo che si divide tra il populismo arrabbiato della Lega e il vaporoso liberalismo di Forza Italia”.

Anche il braccio destro di Matteo Salvini, Giancarlo Giorgetti, ministro dello sviluppo nel governo Draghi, non nasconde il disagio di fronte agli atteggiamenti estremisti e intransigenti del segretario del partito. Salvini ha sposato la doppia strategia di lotta e di governo per risalire nei sondaggi che, dall’inizio del 2020, lo danno in caduta libera di dieci punti percentuali nelle intenzioni di voto. A togliergli consensi, secondo l’analisi di Open Polis riportata da Il Fatto Quotidiano, non è tanto la Sinistra quanto Giorgia Meloni. Non piace agli italiani, in un momento di grave crisi del Paese bersagliato dalla pandemia, l’ostilità verso il governo “di salute nazionale” guidato da Mario Draghi.

E pesano le scelte di politica internazionale attuate dall’uomo del Papeete. Lo ricordiamo ai tempi del governo gialloverde, nel 2019, quando si faceva immortalare con il primo ministro Viktor Orbàn davanti ai reticolati che sbarravano il passo ai profughi sul confine ungherese. I giornali lo chiamavano “il patto del filo spinato”. Un atteggiamento incomprensibile in chi come lui pretende – giustamente – che la responsabilità di accogliere i migranti venga distribuita fra tutte le nazioni d’Europa. E poi si allea con il nemico n. 1 dell’Europa unita, invece di schierarsi con chi approva la divisione dei compiti. Senza contare la pessima immagine che sempre suscitano garitte e reticolati.

Il leader leghista sembra non trarre insegnamento dal passare del tempo e dall’accumularsi dell’esperienza. A distanza di due anni ritorna a Budapest per incontrare Orbàn e il premier polacco Mateusz Morawiecki per promuovere “un nuovo rinascimento europeo”, scordando la recente e quanto mai presunta svolta europeista che ha portato la Lega nel governo Draghi. Soprattutto snobbando le rivelazioni di Amnesty International secondo cui i premier sovranisti dei due governi dell’est Europa violano i diritti umani e sottopongono il potere giudiziario a quello esecutivo, cioè impongono i voleri del governo e della politica a chi amministra la giustizia.

Sotto osservazione sono anche i rapporti tra la Lega e la Russia sovranista di Putin. Dopo l’arresto del capitano di fregata Walter Biot, presunta talpa al soldo di Mosca nel ministero della Difesa italiano, e l’espulsione dei due diplomatici russi con cui era in contatto, c’è attenzione sulle amicizie italiane degli addetti militari allontanati. Secondo un’inchiesta di Repubblica, uno di essi, Aleksey Nemudrov, già in Italia nel 2003 come addetto di marina dell’ambasciata russa e di nuovo nella task force anti-Covid inviata nel 2020 dal Cremlino, aveva rapporti con l’entourage di Gianluca Savoini, ex portavoce di Salvini e fondatore dell’Associazione Lombardia-Russia coinvolto nella trattativa per l’acquisto di petrolio russo all’hotel Metropol di Mosca.

Facebooktwittergoogle_plusredditpinterestlinkedinmail

You must be logged in to post a comment Login