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Attualità

SEGGIOLATE

ROBERTO CECCHI - 09/04/2021

seggioleLa notizia che Ursula von der Leyen, presidente della Commissione europea, è rimasta senza sedia nell’incontro a Sofia con Erdogan ha fatto il giro del mondo. La storia è semplice, ma non va derubricata solo maleducazione. La nostra presidente è andata a Sofia insieme a Charles Michel, presidente del Consiglio europeo, per un incontro teso a ristabilire rapporti di buon vicinato con la Turchia. Per questo si sono mosse le nostre due più alte autorità europee, che hanno preso armi (spuntate) e bagagli (pochi) e sin son fatte un giro da quelle parti. Nel corso dell’incontro, alla conferenza stampa, entrambi i nostri rappresentanti, almeno a parole, si son fatti sentire. Hanno stigmatizzato pubblicamente il deficit di diritti umani che vige in quel paese, hanno parlato della dignità negata alle donne. È stato fatto cenno al leader curdo in prigione Selahattin Demirta e all’attivista per i diritti umani Osman Kavala. Dunque, apparentemente, un incontro dai contorni netti in cui ciascuno dice la sua e poi si vede di trovare una sintesi. L’incontro, oltretutto, pare cadere al momento giusto, con una tempistica appropriata per rimettere in discussione le cose, perché il presidente turco adesso non le ha proprio tutte dalla sua, come le aveva fino a qualche mese fa.

Sicuramente non può più contare, come prima, sull’appoggio degli Stati Uniti e dell’inqualificabile presidenza Trump che gli ha consentito di diventare una spina nel fianco per l’Europa. Nel corso degli ultimi quattro anni è diventato il mattatore in Medio Oriente. Con quella copertura e con qualche strizzatina d’occhio ad Est, ha occupato parte della Libia e in Siria fa e disfa il fattibile, lasciando che quella popolazione continui a vivere un dramma che dura da un decennio. Nel frattempo, ha messo sulla graticola anche Grecia e Cipro per inscenare un braccio di ferro teso a mettere in discussione gli equilibri del Mediterraneo, facendo finta di incrociare le armi, per ora, per ampliare la propria zona d’influenza. È più vicino alla Russia che all’Unione Europea in questo momento, ma non smette di provare ad entrarci, da anni, senza successo.

Dunque, è un bene cercar di ristabilire rapporti di buon vicinato ed è un bene anche fare in fretta. E così dopo la conferenza stampa i tre sono andati nelle stanze del palazzo presidenziale turco per il classico incontro di rito. Che però era apparecchiato solo per due. Per la terza persona non c’era la sedia, ma solo un divano lontano un miglio dalle poltroncine dagli altri due. Von der Leyen rimane interdetta. Michel ancora di più, stando almeno a quel che si vede nel breve filmato, perché rimane lì irrigidito con un’espressione interrogativa, ma non lascia il posto alla presidente. Si affetta a sedersi accanto al presidente turco, lasciando la poveretta almeno per un istante in piedi in mezzo alla stanza.

La lettura che è stata fatta di questa scenetta è stata declinata al femminile. Nel senso che il dittatore con questo avrebbe dimostrato di essere un insopportabile maschilista che tiene le donne a distanza, le relega in secondo piano, in quanto genus inappropriato per discutere di affari di stato. Sicuramente è così. In quel quadretto c’è tutto questo e sembra un’istantanea fatta soprattutto a favore della propaganda politica interna, costruita apposta per parlare soprattutto alla sua gente. Quella sceneggiata si rivolge chiaramente all’opposizione femminile, che non passa giorno che non protesti in piazza per la mancanza e per la violazione dei diritti. Per la brutalità delle repressioni. Dunque, basta e avanza per censurare questo comportamento inqualificabile.

Ma le considerazioni da fare sono anche altre. Incontri di quel genere, tra capi di stato, vengono definiti accuratamente prima e in ogni più piccolo dettaglio. Ci sono fittissimi contatti preliminari tra le parti in commedia in cui si discute qualsiasi passaggio. Giorni prima si sa dove chi si sta accanto a chi al momento dell’evento. Il cerimoniale (che in qualsiasi parte del mondo è un ufficio composto di persone deputate a organizzare i passaggi di qualsiasi iniziativa pubblica di un’autorità politica) svolge compiti di questo genere, in modo da aver cura di rispettare le gerarchie nelle manifestazioni ufficiali, perché nessuno si risenta. Si stabilisce tutto prima per evitare inconvenienti e incomprensioni, per non buttare benzina sul fuoco per niente, magari per un cartellino di posto-tavola sbagliato.  I contatti preliminari servono proprio a dare omogeneità a sensibilità diverse, perché nel mondo non tutti hanno le stesse abitudini, per cui va tenuto conto di quelle di ciascuno. Dunque, la segreteria della presidente (lo stesso discorso vale per Charles Michel) avrebbe dovuto sapere bene come stavano le cose di quell’incontro a Sofia probabilmente già da qualche mese. Una cosa come quella che è accaduta non poteva succedere, anche perché il cerimoniale di ciascun paese precede l’incontro con un sopralluogo e segue di persona la cerimonia in corso d’opera in tutti i suoi passaggi. Dov’era il cerimoniale della von der Leyen in quel momento? Perché non è intervenuto? Perché non ha avvertito la presidente dell’inghippo? Non si tratta di mobilitare gli 007 per capirne di più. La sensazione, senza voler entrare nei particolari, è che manchi l’autorevolezza politica per affrontare problemi capitali. Non della von der Leyen, ma dell’Europa, nel senso che ci vorrebbe molta più Europa di più di quel che adesso abbiamo. L’Unione europea sembra più un condominio litigioso che un’unità capace di districare temi complicati e vitali. Dobbiamo lavorare per quello, prendendo atto che la realtà attuale ha la faccia dell’impotenza, in cui ciascun paese da solo non conta assolutamente niente ed è facile preda di qualsiasi predone. Se facessimo qualche passo in avanti in quella direzione, poi le seggiole arriverebbero. Anche damascate.

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