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Società

COME L’NBA

GIOIA GENTILE - 02/04/2021

Alcuni dei 22 ragazzi nell’oratorio di Biumo Inferiore

Alcuni dei 22 ragazzi nell’oratorio di Biumo Inferiore

- Perché non facciamo come l’NBA?

- Cioè? – Don Gabriele è perplesso: quel ragazzo, un vulcano di iniziative, avrà in mente qualche altra idea strana?

- Ma sì, don, l’NBA ha chiuso i suoi giocatori di basket dentro una “bolla”, per proteggerli dal contagio senza che debbano sospendere gli allenamenti. Possiamo farlo anche noi: ci chiudiamo tutti insieme nello stesso posto, magari nell’oratorio. Ci restiamo due settimane senza uscire, studiamo, giochiamo, lavoriamo, facciamo sport. Insomma, viviamo con i nostri amici.

- Vediamo, vediamo. Non credo sia semplice. Ci penserò.

Me lo immagino più o meno così il dialogo che si è svolto tra un ragazzo della Comunità pastorale varesina “Beato Samuele Marzorati” e don Gabriele Colombo, che si occupa dei giovani. Era settembre e già ai ragazzi si prospettavano lunghi periodi di chiusura delle scuole, con didattica – e amici – a distanza.

Forse le parole non sono state esattamente quelle, ma don Gabriele non si è limitato a pensarci: ne ha parlato col parroco e col prefetto, ha messo in atto tutte le procedure burocratiche richieste ed ha creato le condizioni necessarie a concretizzare l’idea. E finalmente, dopo più di cinque mesi, 22 ragazzi e ragazze tra i 16 e i 18 anni sono entrati nella “bolla” dell’oratorio di Biumo inferiore. Ci sono entrati con i libri, i tablet, gli strumenti musicali che suonano di solito – tra gli altri addirittura un’arpa – e soprattutto con il loro entusiasmo. Avrebbero dovuto restarci due settimane, ma hanno chiesto di poter rimanere una settimana in più. Ne sono usciti la domenica delle Palme.

Con la presenza di due educatori, hanno organizzato le loro giornate in piena autonomia: didattica a distanza, svolgimento dei compiti scolastici e, nel tempo libero, sport, musica, giochi e cinema. Hanno anche scelto di rinunciare alle attività sui social. Il pranzo di mezzogiorno veniva preparato e consegnato da un cuoco, la cena se la cucinavano da soli. E si occupavano anche di lavare i piatti, pulire i locali, utilizzare la lavatrice. E pazienza se gli indumenti entravano bianchi e uscivano multicolori.

I genitori li hanno supportati, dando il loro consenso e a volte anche il loro concreto contributo, recapitando vassoi di brioches per tutti per la colazione del mattino.

Altri giovani, quando hanno saputo come si viveva nell’oratorio, hanno chiesto di poter partecipare ad un esperimento analogo e non è escluso che ciò avvenga, se le scuole dovessero continuare a restare chiuse. In ogni caso è un esempio per tutta Italia.

Sembra un paradosso, ma la scelta di chiudersi in un luogo per tre settimane senza poterne uscire è, in questa situazione, una scelta di libertà: la libertà di abbandonare l’isolamento, di non indossare la mascherina, di parlare con gli amici senza ricorrere ad uno schermo, di lavorare, giocare, cantare con loro, di abbracciarli. Finalmente.

Dell’esperienza, unica finora nel Paese, hanno parlato i giornali locali, i TG e anche Gramellini nella sua trasmissione del sabato sera su RAI 3, durante la quale ha intervistato tre di loro: ragazzi spigliati, equilibrati, allegri che hanno espresso il loro dispiacere per la fine dell’esperienza, ma anche il desiderio di tornare a riabbracciare i propri familiari.

Sentirli parlare è stata per me un’ulteriore conferma di ciò che vado dicendo dall’inizio di questa pandemia: i ragazzi hanno le energie per affrontarla, hanno le idee, la volontà e la capacità di realizzarle. Devono solo essere ascoltati, valorizzati, sostenuti e aiutati; e possono trasformare il disagio in opportunità, l’isolamento in compagnia, le difficoltà in stimoli per la creatività.

Come avrei voluto essere una mosca dentro quella “bolla”, per vederli crescere nella responsabilità e poi volare, più liberi e più sicuri, verso nuove sfide!

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