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In Confidenza

VITA CREATIVA

Don ERMINIO VILLA - 26/03/2021

semeGesù si presenterà al mondo come messia facendo dono della sua vita, in croce. La parabola del chicco di grano serve a mettere in luce l’evento centrale e decisivo della sua vita, attingendo dall’ambiente agricolo l’immagine che rende interessanti e immediate le sue parole. È la storia di un seme, che inizia il suo percorso nei meandri oscuri della terra, ove soffoca e marcisce, ma in primavera diventa uno stelo verdeggiante e nell’estate una spiga matura.

Due sono i punti focali della parabola: produrre molto frutto e trovare la vita eterna. Il seme che sprofonda nell’oscurità della terra è stato interpretato dai primi Padri della Chiesa come un’allusione simbolica all’Incarnazione del Figlio di Dio. Nel terreno sembra che la forza vitale del seme sia destinata a perdersi, perché il seme marcisce e muore. Ma poi la natura sorprende: in estate quando biondeggiano le spighe, viene svelato il segreto di quella morte.

Gesù sa che la morte sta per incombere sulla sua persona; tuttavia qui non la vede come una bestia che divora. È vero che essa ha le caratteristiche di tenebra e di lacerazione, ma per lui ha una forza segreta tipica del parto, un mistero di fecondità e di vita.

Alla luce di questa visione si comprende un altro suo detto: «Chi ama la sua vita la perde e chi odia la sua vita in questo mondo la conserverà per la vita eterna». Chi considera la propria vita come una fredda proprietà da vivere nel proprio egoismo, è come un seme chiuso in se stesso e senza prospettive di vita. Chi invece «odia la sua vita» (espressione semitica molto incisiva per indicare la rinuncia a realizzare unicamente se stessi) sposta l’asse del significato di un’esistenza sulla donazione agli altri; così la vita diventa creativa: fonte di pace, di felicità e di vita.

Nell’insegnamento di Gesù è chiara la presentazione della sua (e nostra) «pasqua». Gesù è consapevole che per portare l’umanità al traguardo della vita divina deve passare per la via oscura della morte in croce. Sulla scia di questa via anche il discepolo affronta la sua «ora», quella della morte, con la certezza che essa approderà alla vita eterna, vale a dire, alla comunione piena con Dio. In sintesi: la storia del seme è morire per moltiplicarsi; la sua funzione è un servizio alla vita. Nella vita di Gesù amare è servire, cioè perdersi nella vita degli altri: si muore a se stessi per far vivere.

Anche per noi, discepoli di oggi, diventa necessario morire, cadere a terra e anche scomparire per dare frutto. La vera morte è la sterilità di chi non dà, non spende la propria vita, ma la tiene gelosamente per sé, mentre l’offrirsi in sacrificio è la via della vita abbondante, per noi e per gli altri, che ci introduce nel grembo di Dio, garantendoci l’eredità della vita eterna.

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