(O) Oggi dobbiamo scegliere se adottare il criterio di digiuno dalle frivolezze e quindi parlare solo dello ‘storico’ viaggio del Papa in Iraq o inseguire qualche paradosso attuale, tipo i vari casi strani, sbattuti in prima pagina, anzi sullo schermo, dal ben più seguito Festival di Sanremo.
(S) Ovviamente parleremo del Papa, anche se affronteremo la concorrenza, anche tra le pagine web di RMFonline, di altri agguerriti commentatori. Ma lasciatemi osservare almeno un fatto che conferma sia la necessità del digiuno dalle frivolezze del web, sia la devastante potenza del web stesso. Ossia come il voto ‘popolare’ incanalato dal web abbia sovvertito le attese degli esperti (forse persino dei discografici) e le competenti indicazioni del voto dell’orchestra, che sembravano aver incanalato il risultato in ben altra direzione.
(C) Alludi ovviamente all’inatteso successo dei Maneskin (che cosa significa questo nome? Mi dicono “chiaro di luna” in danese, quanto di più lontano dalle parole e dalla musica esibita a Sanremo) e la rimonta di Fedez, propiziata si dice dai followers della compagna Ferragni. Rispondo semplicemente: è così! Dobbiamo farcene una ragione. Che manchi un’educazione del popolo è un’evidenza che appare da fatti ben più gravi, per esempio dal femminicidio, tanto per dare un riscontro alla Festa/Giornata della Donna, appena trascorsa. Al contrario è il popolo che la vince sugli esperti. Ma solo per modo di dire. In realtà siamo noi, tu, Sebastiano, ed io, gli incompetenti, i non aggiornati. D’accordo, solo pochi anni fa questi ragazzi si esibivano per strada, ma già qualche anno fa hanno vinto non so che Talent Show e il loro stile musicale e il loro messaggio blandamente ribellistico sono quanto di più studiatamente vicino a ciò che domanda il ‘mercato’ musicale, principalmente costituito da loro coetanei.
Quindi, nessuna meraviglia, perciò archiviamo questo argomento e torniamo al viaggio del Papa. Devo ammettere che sono rimasto anch’io stupito, sia del seguito locale, sia di quello sui media italiani, ma soprattutto dell’attenzione da parte della politica internazionale.
(O) Anche a me l’esito è sembrato sorprendente, anzi eccezionale. Tanto più perché realizzato con mezzi normali, da una persona che cerca di essere il più ‘normale’ possibile, in un contesto difficile. Eccezionale è stato il coraggio, la determinazione nel voler fare questo viaggio/evento. Riprendendo la paradossale espressione di due apologie fa, l’impresa eccezionale è stata rendere normale la presenza di un Papa tra le rovine di Mosul, una presenza che dice: non è finita così, ma per ricostruire non basta il denaro, ci vuole prima il perdono. Non voglio però insistere su quest’argomento, ma piuttosto tornare all’educazione del popolo, per segnalare una cosa geniale detta dal Papa proprio durante il viaggio di ritorno, nell’intervista ad Avvenire. Dopo aver ammesso il disagio di non poter essere vicino alla gente nelle udienze generali, ha detto: “ Adesso ho cominciato in piazza a dire l’Angelus, con le distanze si può fare. Ma dopo questi mesi di prigione, che davvero mi sentivo un po’ imprigionato, questo è per me rivivere. Rivivere perché è toccare la Chiesa, toccare il santo popolo di Dio, toccare tutti i popoli. Il contatto col popolo ci salva, ci aiuta, noi diamo l’eucarestia, la predicazione, la nostra funzione, ma loro ci danno l’appartenenza.” Capite: non è il ‘capo’ che crea l’appartenenza del popolo, come credono i politici sedicenti ‘carismatici’, ma al contrario è il popolo, soprattutto in quella forma speciale che è il “santo popolo di Dio”, la Chiesa, nella sua apparenza meno formale e istituzionale, a dare l’appartenenza persino al Papa.
(C) Questa affermazione mi fa riflettere, non nel senso banale di abbracciare il populismo di qualunque genere, politico, musicale, culturale eccetera. Ma capisco che l’appartenenza non è qualcosa che può essere imposta dall’alto, dagli illuminati, competenti, filantropi, leaders, giusti, saggi, guru, capiclan, CEO e simili. È una relazione presente, una relazione di reciprocità tra l’eucarestia e la predicazione, cioè il sacramento da una parte e la vita quotidiana, con le sue fatiche, gioie e dolori, esigenze e umane speranze dall’altra. Quale popolo può essere più santo e più ‘di Dio’ di quello, provato dalla sventura e dalla persecuzione, che abita, cristiano, nella terra di Abramo? E quando il Papa, nella stessa intervista, parla del diritto dell’emigrazione, di emigrare e di non emigrare, non evoca forse Abramo e Mosè, incamminati verso una terra promessa e, ma più ancora verso la promessa di un popolo nuovo, discendente dalla carne e dalla fede del primo, dalla fede e dalla legge del secondo? Ci si può illudere di possedere una terra, che ci può essere sottratta da uno più forte, come è capitato ad Israele nella storia, ma si può sempre mantenere quel legame che costituisce il Popolo Santo. Questo lo possiamo tradire, abbandonare, dimenticare per scelta nostra, ma non ci potrebbe essere sottratto da nessuna forza, come sanno i martiri di un tempo e i tanti perseguitati di oggi.
(O) Quindi la ricostruzione dell’Iraq, delle case, delle chiese e delle moschee, delle infrastrutture e delle fabbriche, di tutto ciò di cui c’è bisogno perché ricominci una vita normale, non dipenderà tanto dal denaro di emiri e sceicchi, dal petrolio e dall’economia mondiale, ma dal voler essere un popolo accogliente del diverso, non più costretto alla lotta per la supremazia o per la sopravvivenza. Il paradosso è che il Papa dei cattolici è stato capace di dialogare con musulmani, sunniti e sciiti, più di quanto costoro lo abbiano fatto tra loro. Ai cristiani che saranno rimasti o che torneranno, in Iraq come in Siria, incomberà l’obbligo di testimoniare la possibilità di questa fertile convivenza, lievito che fermenta tutta la pasta, granello di senape che fa germogliare un albero grande. Sempre nella stessa intervista Papa Francesco parla di altri viaggi, prossimi o solo desiderati, con la stessa preoccupazione pastorale e con la stessa speranza, che si tratti di Siria e di Libano, di Europa o di America Latina: sente che quello che è in gioco è la fede e la vita concreta del Santo Popolo di Dio, messe a rischio dagli stili di vita contemporanei, quasi quanto dalle guerre del Medio Oriente.
(S) Vi vedo e vi sento troppo ottimisti. Il successo del viaggio del Papa è indubbio, ma per ora sono solo speranze. I protagonisti che devono realizzarle, o almeno non soffocarle, sono molti e non coincidono con i capi religiosi incontrati dal Papa. Ma sono preoccupato ancora di più per questo popolo dell’Occidente. Torno ai vincitori di Sanremo: della loro canzone ero riuscito a capire solo poche parole del ritornello, che temo siano la cifra interpretativa del loro ‘messaggio’ e del loro successo:
Sono fuori di testa ma diverso da loro
E tu sei fuori di testa ma diversa da loro
Siamo fuori di testa ma diversi da loro
Siamo fuori di testa ma diversi da loro
Quale diversità? Quella che a Torino ha spinto al vandalismo e al saccheggio? O la diversità della tolleranza? Poi da internet leggo che cantano anche:
Tu portami dove sto a galla
Che qui mi manca l’aria
Parla la gente purtroppo
Parla non sa di che cazzo parla
Tu portami dove sto a galla
Che qui mi manca l’aria
C’è un desiderio di autenticità o solo un disagio incapace di giudizio e di ripresa o, come si dice oggi, di resilienza?
(C) Non lo so. Il senso dei messaggi premiati da Sanremo potrà essere indagato anche meglio di quanto fatto in queste poche righe improvvisate. Che non siano da sottovalutare lo dimostra il fatto che proprio mentre sto chiudendo l’articolo vedo comparire a ‘Porta a Porta’ i primi classificati. La vecchia volpe di Vespa ha fiutato l’impatto di popolarità. E noi gli stiamo dietro, tornando dalla popolarità sbocciata all’improvviso ad un nostro tema – cardine: l’educazione del popolo. Stiamo capendo che l’essenziale non sono i mezzi, per esempio la scuola in presenza o in DAD, che non è preparare al lavoro piuttosto che proporre cultura umanistica o viceversa, che non è fare il catechismo con gli audiovisivi al posto delle formulette mnemoniche di san Pio X: è una questione di presenza in mezzo al popolo, con gesti normali, ma decisi ed elementari nella comunicazione, come ci mostra papa Francesco, mettendo in gioco le nostre più semplici, direi popolari, virtù cristiane, a cominciare da fede, speranza e carità. Se bastano a Mosul, basteranno anche a Varese.
(O) Onirio Desti (S) Sebastiano Conformi (C)Costante
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