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Politica

PROPORZIONALE O MAGGIORITARIO?

GIUSEPPE ADAMOLI - 12/03/2021

elezioniIl più grande problema che l’Italia abbia oggi, e che ne riassume molti altri, è l’instabilità politica. I dati degli ultimi decenni sono impietosi. In questa legislatura abbiamo toccato il fondo con due governi opposti, uno inclinato a destra e uno a sinistra, guidati dallo stesso premier e adesso ne abbiamo un terzo con la formula del “governo del Presidente”.

Dalla dissoluzione dei grandi partiti di massa, agli inizi degli anni Novanta, abbiamo conosciuto pochi governi pienamente politici, cioè legittimati dal voto, e spesso dei governi guidati da tecnici: in ordine Carlo Azeglio Ciampi, Lamberto Dini, Mario Monti ed ora Mario Draghi. Negli Stati europei e in tutti quelli a democrazia occidentale l’Italia rappresenta una forte anomalia.

Prima del 1990 i governi cambiavano quasi ogni anno ma la guida era saldamente in mano alla Dc e ai suoi alleati e decisa dal suffragio elettorale. Allora semmai il problema era la mancanza di alternanza governativa dovuta alla situazione internazionale e alla paura del comunismo benché i comunisti italiani non fossero certamente quelli sovietici.

Che il sistema politico abbia bisogno di essere rigenerato è certo. La domanda è se e come il sistema elettorale possa aiutare un profondo e salutare cambiamento. La prima risposta, molto condivisa, è che dopo gli anni Novanta le regole del voto sono cambiate varie volte ma secondo gli interessi dei partiti di maggioranza più che secondo una visione generale.

Un esempio di questa patologia vale più di tanti ragionamenti. Il presidente del Consiglio Conte, nel momento in cui cercava i “responsabili” era arrivato al punto di promettere che il governo avrebbe fatto approvare una legge proporzionale per consentire ai “responsabili” di avere un partito al di fuori di quelli nei quali erano stati eletti. A parte il fatto che non è un problema del governo, questo avrebbe significato istituzionalizzare il trasformismo.

Ebbene, il proporzionale, meglio con sbarramento al 5%, potrebbe essere una soluzione purché abbia un carattere permanente e sia il frutto di un’amplissima condivisione. È peraltro probabile che questo sarà lo sbocco per le prossime elezioni.

C’è però un’altra ipotesi alla quale mi sento vicino. Quella di rendere gli elettori arbitri dei governi con un sistema maggioritario ben congegnato. I partiti decidono prima la coalizione del futuro governo e gli elettori fanno una scelta che possa durare cinque anni.

Questo significa consegnare l’Italia alla destra? Se il governo Draghi durerà due anni molto potrebbe cambiare, non ci sono vincitori e vinti predestinati. In ogni caso il maggioritario potrebbe essere il modo più efficace per alzare la posta in palio, per svegliare l’attenzione di un’Italia stanca e disillusa, per richiamare al voto gli astensionisti, per mettere un freno al frazionamento delle forze politiche.

Chi vuole l’omogeneità assoluta del proprio partito a tutti i costi, cioè chi privilegia un’intoccabile identità anziché la governabilità, si presenti da solo e ci sono modi per garantirgli un “diritto di tribuna” per non perdere nessun contributo.

Siamo fuori tempo per questa discussione? Forse no. Al riparo del governo Draghi i partiti potrebbero e dovrebbero prendere le decisioni che riguardano il funzionamento delle Istituzioni e la stabilità politica. Un’utopia? Sempre meglio della rassegnazione e dello scetticismo.

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