Se qualcuno a bruciapelo ci dicesse quanto sia importante la capacità negativa, forse rimarremmo un pochetto spiazzati, soprattutto in questo periodo di incertezza ossessivamente perdurante. Ma se precisiamo che la Negativite Capability si ha “quando un uomo è capace di stare nell’incertezza, nel mistero, nel dubbio senza l’impazienza di correre dietro ai fatti e alla ragione, … perché incapace di rimanere appagato da mezza conoscenza”, oltre allo spiazzamento, saremmo costretti a porci delle domande. Sapere, poi, che l’idea, anzi l’affermazione, è di un young english poet, come si legge sulla tomba, coperta di violette e margherite, secondo la sua volontà, diventeremmo molto probabilmente “tutti pazzi per Keats”. Con questo titolo, infatti, La Repubblica ha reso omaggio al grande poeta nella ricorrenza della sua morte, avvenuta a Roma alle ore 23 di un venerdì di duecento anni fa. Era il 23 febbraio del 1821 e Keats aveva solo venticinque anni. Secondo le classificazioni scolastiche, che, come si sa, sono spesso limitanti e riduttive, è tra i maggiori rappresentanti del Romanticismo inglese. Anzi della seconda generazione del romanticismo inglese, quella che, grazie ai viaggi dei suoi esponenti, Lord Byron, Percy Bysshe Shelley, ebbe un respiro europeo e si interrogò con particolare inquietudine sulla funzione del poeta. Domanda sempre in cerca di risposta. Domanda grazie alla quale John Keats diede un senso alla sua vita, ben oltre lo spirito romantico. Proprio per questo è importante ricordare la sua vita: breve, difficile, grama. Era di famiglia non benestante: orfano di padre a nove anni, a quindici della madre, uccisa dalla tisi, accudì, criticato, un fratello che morì giovane.
Non concluse gli studi in medicina per seguire il demone della scrittura poetica. Incominciò a pubblicare a ventun anni e non fu apprezzato. Gli insuccessi, le opere non compiute, come quelle teatrali, le critiche anche spietate non gli impedirono di credere nella poesia, nella bellezza, o meglio ancora nella conoscenza della bellezza, e nell’amore. Anche se di recente qualcuno ha steso il manifesto del lettore immorale, lettore che, ad esempio, può ritenere inutili la lettura delle lettere di scrittori e poeti, scoprire l’amore di Keats per la donna della sua vita attraverso quanto le scrisse è un modo per avere con lui un rapporto sinceramente empatico. Di certo fu poeta romantico ma fu amante della bellezza classica e capace, per incredibile autodisciplina, di non proiettare nei suoi versi un io ingombrante ma di frugare con delicatezza nelle profondità dell’animo umano. Vale la pena ricordare come lo definì, nel 1986, Giuliano Gramigna, poeta e anima del Gruppo 63: “Keats, il più amabile dei poeti romantici”. Ne fece un ritratto perfetto: melanconico, senza compiacersi della malinconia, nei suoi versi si trova energia vitale e ineffabile delicatezza, semplicità e sontuosità. Davvero da Keats, criticato in vita e sempre più apprezzato negli anni, come testimoniò anche Jorge Luis Borges che lo amò, si riceve una lezione di poesia e di vita, anzi una Stella lucente.
Bright Star, poesia dedicata alla donna amata, Fanny Brawne, è da leggere e rileggere e da sentire palpitante nel film del 2009 di Jane Campion, che con intensità racconta gli ultimi tre anni di vita del poeta. Storia di un amore, profondo e sensuale “vorrei risiedere/ sempre sul guanciale del seno dell’amore… e così vivere in eterno – o venir meno nella morte-. E il giovane Keats ben sapeva che era condannato alla morte a causa dell’implacabile tubercolosi. Si trasferì in Italia, su consiglio medico, sperando nel mite clima romano. Visitò Napoli, e fu messo in quarantena per il colera. La sua salute era già compromessa. Volle sulla sua tomba, senza l’indicazione del nome, un epitaffio: “Qui giace uno il cui nome fu scritto nell’acqua”. Parole che non lasciano indifferenti e che dialogano dal cimitero acattolico di Roma, dove dal 1738 ci sono, tra le quattromila tombe, anche quelle di molti poeti, con i versi in cui Keats invoca la Speranza.
Non lasciare che io possa credere sprecata/ la mia poesia, singhiozzata nell’aria notturna/ Tu, dolce Speranza, profumami di magia. /Sì, portami via sulle tue ali d’argento.
E anche noi dobbiamo farci portare sulle ali della poesia, come quell’Young Poet, innamorato di Omero e di Shakespeare, che da un percorso intellettuale poté, ad esempio, avere un sogno, come dopo la lettura dell’episodio dantesco di Paolo e Francesca. Pallide eran le labbra ch’io baciai, e bella la forma/ con la quale io fluttuai, per quella malinconica tempesta. Un amore per la poesia che malinconicamente fluttua nel tempo, ben oltre gli anniversari. Una certezza di cui abbiamo sempre bisogno. Keats, paradossalmente, ci continua, però, a dire che possiamo, proprio per questo, come il poeta, rimanere anche a lungo nell’incertezza. Sarà un caso che l’analista Wilfred Bion, negli anni Settanta, utilizzò il concetto di capacità negativa? Concetto attuale, anzi attualissimo.
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