“Cippirimerlo”: nato nel 1963 da un’idea di Giulio Marini (classe seconda B) come giornale studentesco del Liceo Classico “Cairoli” di Varese, uscì con una benedizione del professor Bertolè Viale. In redazione Sergio Facchinetti, Felice Milani, Angelo Aschei, Emilio Panceri, M.P. Morresi, Maria Luisa Saveri: in pratica, un elenco di “primi della classe”.
Già nella presentazione appare dichiarato l’intento di proporsi come un’alternativa al “Michelaccio”, la rivista degli studenti cattolici di Gioventù Studentesca. Il “Michelaccio” (fondato negli anni precedenti dal futuro cardinale Attilio Nicora e da Camillo Massimo Fiori, che diventerà uno stimato esponente della Democrazia Cristiana di Varese) vedeva allora le firme di studenti che faranno nel giornalismo carriere prestigiose: Cesare Chiericati, Robi Ronza, Nuccio Màdera, Luciano Di Pietro, tanto per fare qualche nome.
Mentre il “Michelaccio” era espressione di un gruppo, di un’idea, di un progetto, molto modestamente “Cippirimerlo” era solo espressione di singoli studenti, senza un legame e con un progetto debole. Nella presentazione scrive il direttore Giulio Marini (che diventerà poi un architetto di fama): “Il nostro giornale è nato per questo semplicissimo fatto: il giornale studentesco Michelaccio, imperante in tutte le scuole, ci è apparso coperto da una pàtina smorta di conservatorismo e di tradizionalismo. Abbiamo quindi deciso a pieni voti di commettere una coraggiosa follia e di creare qualcosa di più vivo e di più giovanile che possa distruggere la truculenta serietà delle aule scolastiche”. In altre parole: articoli seri sì, ma accanto ad articoli ironici e goliardici.
Conferma nella sua enfatica benedizione iniziale il professor Bertolè Viale: “Il giornale è – almeno negli intenti – serio. Non vuol essere un giornaletto di Licei Classici; vuole essere una palestra letteraria e culturale che dia modo di sviluppare e di battere problemi a noi, a me tanto cari”. Che potesse nascere un’alternativa laica, se non proprio anticlericale, al successo del “Michelaccio” sicuramente al professor Bertolè Viale non doveva dispiacere affatto.
Erano tempi, i primi anni sessanta, in cui la contestazione studentesca doveva ancora prendere le sue forme e una rivista che potesse essere alternativa alla proposta cristiana di Gioventù Studentesca non sembrava però raccogliere grandi attenzioni. L’unico spazio residuo poteva restare quello della goliardia. E su questo il “Cippirimerlo” giocò soprattutto le sue carte. Il nome stesso del giornalino “Cippirimerlo” (sinonimo in un certo senso di “Marameo”) sembra comunque previlegiare l’aspetto ironico e giocoso a quello di analisi seria della società e del mondo giovanile. In un bel articolo su RMFonline del 19 maggio 2017, Annalisa Motta ricordava modi e significati di questo vocabolo. Secondo il Devoto-Oli, “Cippirimerlo” è “interiezione scherzosa di burla per l’altrui infortunio”. E, spiega sempre Annalisa Motta, questo sberleffo si esegue con “due mani aperte a ventaglio puntate sul naso, pollice contro mignolino”. Andato in disuso è praticamente sconosciuto ai ragazzi di oggi.
Ma torniamo al giornalino in questione. Si trovarono allora accanto a seriosi articoli con un po’ di puzza sotto il naso articoli di ironia letteraria, pezzi di bravura che denunciavano quanto fosse preparato e dotto l’autore. Non mancava un certo narcisismo. Ma dove prevaleva l’ironia, si tendeva a dare a questa una patina colta, raffinata, a volte surreale.
Sfogliando la rivista troviamo ad esempio “Il latino maccheronico nel mito di Merlino”. O la posta del cuore a cui Cristiana Scandolara (in arte “Madame Genevieve”) rispondeva a problemi di brufoli, di calzini gialli da abbinare al maglione viola o di abbandono dopo seduzione. Il tutto parodiando le rubriche stile “Donna Letizia” in quegli anni seguitissime. E accanto ecco i temi seri “La scuola” di Giulio Marini o “La religione” di Sergio Facchinetti.
Ma prevalgono gli articoli goliardici. Ad esempio viene ricordato nella rubrica “Sparliamo” un episodio che all’epoca provocò scalpore e sospensioni. Il “Cippirimerlo” aveva organizzato un concorso per l’elezione di Miss Liceo Classico, con votazioni vistosamente falsificate dagli organizzatori a beneficio delle loro favorite. Il giorno seguente davanti alla porta d’ingresso del Liceo in via Dante si trovò murato con cemento a presa rapida un water completo di coperchio con la scritta “Trono per Miss Liceo Classico”. Autori, formalmente ignoti (ma se insistete potrei dirvi i loro nomi), studenti dell’ITIS, allora genericamente chiamati “i Tessili”. A questo affronto rispose Fabio Bombaglio, futuro avvocato, con un proclama distribuito in 200 copie davanti all’ITIS, che iniziava con una frase che resterà famosa: “Tessili! Badilanti della cultura, avete cercato di offenderci localizzando il nostro onore là dove … eccetera eccetera”.
In conclusione, il “Cippirimerlo” non andò mai oltre a questo. Gli articoli seri (o dotti) che affiancavano scritti di divertente ironia furono solo marginali tentativi di dare una diversa dignità alla rivista.
Erano ovviamente ben lontani i livelli del “Michelaccio”. E gli stessi autori del “Cippirimerlo” ne erano consci, tanto che l’esperimento editoriale si esaurì. L’anno successivo ci fu un tentativo di rilancio. Entrarono in redazione Alberto Salini, Max Ludovici, Giuseppe Armocida, Cristiana Scandolara, Max Milani. Anche qui, altri “primi della classe”.
Ma il risultato non fu tale da dare continuità al progetto. E con il secondo numero, il giornale del Liceo Classico morì, lanciando a tutti, appunto, con le mani sul naso il suo ultimo “cippirimerlo”.
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