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Società

SECONDE VOCI

CESARE CHIERICATI - 05/03/2021

radiocronacaC’è una gag radiofonica di qualche anno che ben fotografa l’evoluzione – involuzione del racconto calcistico televisivo, protagonisti Fiorello e Baldini rispettivamente nelle vesti di Fabio Caressa, gran nume di Sky sport e Bruno Bergomi, interista doc. detto “lo zio” fin dalla prima giovinezza calcistica per la sua aria compunta e assennata dentro e fuori il terreno di gioco. Sono gli anni in cui le telecronache di calcio cominciano a sperimentare il racconto a due, ovvero con il telecronista deputato alla cronaca affiancato da un opinionista.

Nel siparietto Baldini /Bergomi, un po’ concitato e un filo angosciato, si rivolge a Fiorello/Caressa e gli dice: “Fabio, Fabio gli attaccanti salgono, i difensori scendono… “e non si incontrano mai” lo anticipa beffardo Fiorello/Caressa. Con simpatica arguzia i due colgono quella che diventerà in poco tempo una sorta di deriva stucchevole del calcio televisivo. Nelle serie A il tandem al microfono, è diventato un obbligo. Non vi è partita senza “seconde voci”, ovvero quelle degli opinionisti reclutati tra ex calciatori che hanno appeso le scarpette al classico chiodo. Il che non sarebbe un male se i ruoli fossero ben definiti, se l’italiano per alcuni non fosse un optional, se non si pretendesse di trasformare il calcio in una scienza esatta nel tentativo costante di cercare razionalità in un gioco ad elevatissimo tasso di imprevedibilità, “ logico soltanto a posteriori” affermava Gianni Brera. E soprattutto se non ci si compiacesse eccessivamente di un gergo stucchevole e incomprensibile a molti. “Attaccare gli spazi, scalare, chiudere le linee di passaggio, effettuare le giuste sovrapposizioni, fare stop orientati, andare sulle seconde palle, entrare con i tempi giusti, concedere la touche ovvero la rimessa laterale” e via elencando. Verbi, vocaboli, espressioni che, nell’arco di 90/95 minuti, il tempo medio di una partita, possono risultare inascoltabili se non addirittura irritanti al punto da indurre non pochi appassionati a togliere l’audio all’apparecchio televisivo. E qui sta il cuore antico del problema e cioè che il racconto televisivo del calcio non si è mai affrancato da quello radiofonico.

Nonostante siano passati più di sessant’anni dall’arrivo del calcio sul piccolo schermo. Alla radio, essendo la comunicazione affidata in esclusiva alle parole, il cronista deve dare densità continua e tensione emotiva al suo narrare; in televisione dovrebbe invece stare un passo indietro rispetto alle immagini oggi sempre più belle, spettacolari ed esplicite. È sufficiente infatti accompagnare lo svolgimento della partita con alcune sottolineature delle varie fasi di gioco e fornire spiegazioni su ciò che risulta meno chiaro senza ribadire ogni tre per due quello che i telespettatori già stanno vedendo. Tra le seconde voci di primo livello, per intenderci quelle che stanno nell’olimpo di Sky, si distingue, nella costante ricerca di dare dignità scientifica al calcio, Lele Adani. Già difensore di ottimo livello di Brescia, Fiorentina, Inter, Ascoli, Empoli credo aspiri in cuor suo a inventare un’equazione del calcio in base alla quale sia possibile venire a capo anche della sfortuna che tante volte assurge al ruolo di arbitra non solo di singole partite, ma anche di interi tornei se, come spesso accade, sempre si accanisce sulla stessa parte.

Resta celebre un alterco post partita tra lui e Massimiliano Allegri fino a due anni fa allenatore super vincente della Juventus. Alle elucubrazioni tecnico tattiche di Adani, Allegri opponeva, con colorita verve polemica livornese, la semplicità di un calcio fondato essenzialmente sulle superiori qualità tecniche di alcuni elementi e la forza atletica di altri, due ingredienti che devono stare in giusto equilibrio all’interno della stessa squadra. Ricetta vecchia come il calcio stesso al netto ovviamente dei cambiamenti, quelli sì su base scientifica, che hanno mutato faccia alla preparazione atletica, a quella psicologica e alla medicina sportiva. Come dire che il calcio cambia, muta, evolve e talora involve ma resta sempre un mistero agonistico pressoché indecifrabile. E il suo fascino intramontabile e planetario sta proprio lì e lì continuerà a stare a dispetto di tutti i possibili algoritmi.

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