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Politica

MACBETHS

EDOARDO ZIN - 05/03/2021

Trasformismo al potere

Trasformismo al potere

Sono sempre in bilico tra l’implacabile sghignazzata che mi procurano certe fake news, di cui largheggiano i social, e l’orgogliosa sicurezza che mi procurano i competenti. Al contrario, sono sempre più sicuro nella scelta tra la denigrazione di emeriti ignoranti e la saggezza che proviene dalla schietta logica degli studiosi. Non mi lascio infatuare da chi grida, ma mi lascio condurre a riflettere e a approfondire da chi espone con pacatezza il suo pensiero. Diventa sempre più difficile distinguere il vero dal falso, le offese rivolte in nome di un’appartenenza ideologica da quelle che esprimono persuasione. È in atto una guerra che uccide non uomini, ma l’umanità: è quella diffusa dalle bocche di certi politici intossicati da contraddizioni, corruttele depravazioni.

La pandemia che stiamo vivendo diffonde un virus che uccide, ma si stanno propagando anche due morbi ben più difficili a combattere: la “tuttologia” e lo scetticismo. Il virus si combatte con i vaccini, i due morbi si dovrebbero sconfiggere con la ragione, materia che non si trova facilmente sul mercato. II pensiero critico è ciò di cui hanno bisogno i partiti. È l’unico modo per non restare schiacciati da pregiudizi e fissazioni. È il solo modo per irrorare di acqua fresca la nostra democrazia che sembra appassire a causa del disorientamento dei partiti e della rassegnazione dei cittadini di fronte alla politica.

Già chi ha provocato la crisi, che ha portato al governo Draghi, ha usato una buona dose di cinismo: ha cercato di assicurarsi delle rendite di posizione per il dopo crisi, ma sta raccogliendo solo i cocci, oltre alla collera dei cittadini che non comprendono la spregiudicatezza di chi ha fatto esplodere la crisi. Risolta, essa è continuata con la diatriba tra epidemiologi, virologi, infettivologi e cittadini della strada. Molti si sono improvvisati scienziati, ricercatori e scopritori di nuovi farmaci o addirittura di fingersi ministri. Nell’Italia colorata come un vestito di Arlecchino continuano le proteste degli “aperturisti”, proprio nel momento in cui il virus si moltiplica assumendo diverse varianti. Di fronte alla morte, ai dolori, al ricordo dei camion dell’esercito che portavano le salme dei defunti per seppellirle, aumentano i personalismi e gli interessi egoistici. Alcuni si presentano come novelli Macbeth che cercano il potere per il proprio particulare, dimenticando che questa condotta provoca inesorabilmente un baratro di errori e orrori. La penuria di vaccini, o, meglio, la loro confusa utilizzazione, ha aumentato in certe regioni, tra cui la nostra, il sospetto della mancanza di un preciso piano vaccinale e abbiamo assistito a scene di pericolosi assemblamenti di anziani over 80 anni e alla conseguente rabbia dei parenti stanchi di vedere usati i loro cari come carne da macello.

L’arrivo di Draghi ha risposto ad un notevole bisogno di competenza e di autorevolezza, ma contemporaneamente ha messo in luce il punto più alto di affaticamento, di crisi di identità, di mancanza di passione della politica. Se molti hanno fiducia in Draghi è perché sono coscienti della crisi dei partiti.

Dalle nomine dei sottosegretari, precedute da una serie di contrasti tra i partiti della maggioranza, la politica, la “buona” politica, ne esce male. Ha messo in luce che i populisti, coloro che interpretano i malumori della gente per farne un programma di governo, una volta entrati nella stanza dei bottoni, governano come se fossero all’opposizione, ossessionati dall’idea di trovare consenso. Questa loro strategia produce l’effetto collaterale di delegittimare e di depotenziare il sistema democratico che esige che chi è al governo costruisca e non demolisca quanto assieme è stato deciso.

Eppure questa crisi di governo porterà probabilmente ad un chiarimento nello schieramento dei partiti.

La parabola dei 5 stelle dimostra che quanti sono stati abbagliati dalla democrazia diretta (“uno vale uno”), dal loro radicalismo fondato su strampalati messaggi, sono ora delusi perché constatano che le loro bizzarre novità si sono trasformate in giochi di palazzo un tempo tanto contestati. I pentastellati hanno iniziato abolendo ogni struttura di tipo partitico; hanno teorizzato discussioni sulla rete aperte a tutti; hanno negato ogni definizione di destra-sinistra, ma questa stagione è finita. Ora stanno imparando a diventare adulti in politica, affidando a Giuseppe Conte le sorti per una rifondazione del movimento.

Anche il PD col tempo ha perso il suo spirito iniziale: l’incontro tra forze laiche socialiste e liberali con quelle cattoliche nel nome di una maggiore giustizia sociale si è logorato. Il PD ormai non ha più una visione progressista e riformista, perché le due maggiori componenti non dimostrano di avere una cultura politica che guardi ai segni della società che sta cambiando, di avere una visione del futuro e il coraggio di affrontare le sfide che esso comporta. Il PD è sfibrato dalle correnti interne che non sono centri di studio e di riflessione, ma veri luoghi di potere. LEU con i suoi seguaci di estrema sinistra potrebbero rafforzare l’ala di sinistra.

Al centro, sarebbe auspicabile che le sparute pattuglie di Italia Viva, con quello che resta di Forza Italia, e i seguaci di Calenda e di +Europa formassero un unico partito: darebbero un bel contributo all’affermarsi di un centro liberale.

A destra, la Meloni, l’unica che ha dimostrato il coraggio della coerenza, alleandosi in Europa con Orbàn dimostra di aver voglia dell’ “uomo forte” e ciò mette a dura prova la nostra democrazia.

Draghi è un esperto di politica monetaria e finanziaria, ma ha dimostrato di essere un abile politico nel guidare l’unica istituzione europea davvero federalista: la BCE. È una persona per bene, ma da qui alla prassi politica il passo non è affatto breve. Ora lo vedremo all’opera dei fatti e lo seguiremo con simpatia, attenzione, stima e fiducia. Temiamo solo per la sua solitudine, anche se si è circondato di ministri e collaboratori capaci, da lui personalmente scelti, e che saprà capitanare con autorevolezza.

È brutta la solitudine, ma l’isolamento è peggiore. Anche De Gasperi si sentiva un “uomo solo”. L’isolato è un’unità tra le altre e sovente contro le altre, lo si è quando si è circondati da una massa di persone che ti ascolta, ma non condivide quello che dici, anzi boicotta le tue idee. Occorrerà, dunque, che Draghi applichi l’attitudine a “mediare” tra una politica schiava da utopistici sogni ed un’altra proiettata verso la realizzazione di obiettivi attuabili, dovrà rapportare cioè costantemente l’azione del suo governo tendenzialmente verso l’esito finale del successo che non sia solo d’immagine, ma reale. Sarà nelle avversità che non si sentirà più solo. Sarà allora che conoscerà la “solidarietà nazionale”.

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