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Politica

DRAGHI E I SINDACI

GIANFRANCO FABI - 05/03/2021

sindaciQuello che è avvenuto nella politica italiana negli ultimi due mesi non potrà non avere riflessi sul prossimo appuntamento, quelle elezioni amministrative che slitteranno all’autunno data la persistenza e anzi l’aggravamento dell’emergenza sanitaria.

I cambiamenti di scenario non sono stati né pochi, né poco rilevanti. Non solo la formazione di un Governo costituito da persone competenti, almeno nei posti di maggiore responsabilità, ma anche un rimescolamento delle carte sul fronte dei partiti con alcune tendenze già preannunciate, come lo sfaldamento dei Cinquestelle, ed altre assolutamente impreviste, come la svolta pragmatica ed europeista della Lega.

Altri importanti elementi di fondo sono da registrare: lo smarrimento del Partito democratico (che -vedi le dimissioni di Zingaretti- fatica a trovare una propria anima e una posizione definita dati gli inevitabili mal di pancia per l’alleanza con i grillini), e l’incognita dell’alleanza di centro-destra, che tutti riconfermano a parole, ma che di fatto incontrerà sempre più ostacoli mano a mano che procederà l’esperienza di Governo.

Vi è da dire che gli alleati nell’ultimo Governo Conte sono quelli che sono usciti peggio dalle ultime vicende. Anche solo per aver a parole sempre osteggiato un governo di unità nazionale per poi assecondare, va detto, responsabilmente, le sollecitazioni del presidente della Repubblica. Una giravolta piccola, soprattutto rispetto ai cambi di marcia, di direzione e di strategia che hanno caratterizzato i Cinquestelle dove l’incompetenza è stata elevata a sistema e il velleitarismo è diventato l’elemento distintivo.

Anche la Lega peraltro ha sempre rifiutato i governi “minestrone” come li chiamava Salvini, mentre sarà tutto da vedere quanto sarà pagante la posizione di Giorgia Meloni che con i suoi Fratelli d’Italia si è dimostrata l’unica che non ha cambiato posizione: la coerenza, tuttavia, non è sempre una virtù quando diventa immobilismo e incapacità di offrire il proprio contributo di fronte a situazioni nuove ed impreviste.

Il probabile rinvio delle elezioni ha messo almeno in parte la sordina alla battaglia per le candidature. Le uniche certezze, in particolare a Milano così come a Varese, sono le riproposte dei sindaci uscenti, Beppe Sala e Davide Galimberti, ma già se si fa un passo in più per prevedere le alleanze subito ci si trova almeno in parte nella nebbia. Non tanto e non solo per il possibile sostegno ai candidati piddini da parte dei Cinquestelle, peraltro del tutto marginali nelle due città, ma soprattutto (come sottolineava Massimo Lodi su RMFonline della scorsa settimana) per le scelte della galassia di gruppi e movimenti che si erano impegnati cinque anni fa.

Sul fronte dell’opposizione a Varese c’è una certezza in più, la candidatura di Roberto Maroni per una Lega in cerca di rivincite e che quindi gioca una delle sue carte più autorevoli. Una candidatura tuttavia che dovrà aggiungere al prestigio personale una convincente piattaforma programmatica, peraltro ancora tutta da definire.

A Milano il centro-destra è alla ricerca di candidati forti: secondo i sondaggi il più autorevole e in grado di contrastare Sala sarebbe l’ex-sindaco Gabriele Albertini, ma la battaglia tra Lega e Forza Italia è alle prime battute anche perché il centro-destra è in perdita di consensi per le palesi difficoltà in cui si è trovata la giunta regionale, rese evidenti dal passaggio di consegne all’assessorato responsabile della gestione dell’emergenza.

Un altro esempio di difficoltà politiche è palesemente quello di Roma, dove trova la sua più clamorosa espressione il logoramento del potere esercitato dai Cinquestelle senza raccogliere particolari consensi. E così tra le tante divisioni del movimento di Beppe Grillo non può che annoverarsi anche la battaglia tra chi sostiene la ricandidatura di Virginia Raggi e chi timidamente si rende conto che l’esperienza non è stata poi di così grande successo da essere riproposta.

Se quindi mettiamo insieme le novità emerse con la crisi di Governo con i difficili equilibri delle situazioni locali abbiamo un panorama a due facce: da una parte ci sono le difficoltà e le dispersioni, dall’altra ci sono le opportunità che possono essere colte se riuscirà a prevalere la dimensione della politica come servizio alla società.

L’esperienza del Governo Draghi sarà così estremamente importante anche nel ridisegnare l’impegno politico a livello locale ove la risposta alle esigenze dei cittadini prescinde sempre di più dalle collocazioni ideologiche e dagli schemi della politica e dell’anti-politica.

Il riflesso della realtà nazionale sulle elezioni comunali potrà essere soprattutto nel recupero della dimensione dell’efficienza e dell’efficacia. Perché non si può negare, in un’Italia che da vent’anni è il fanalino di coda dei paesi europei per crescita economica e per allargamento delle disuguaglianze, che la politica abbia una responsabilità di primo piano nell’aver rinviato la soluzione dei problemi, nel non aver affrontato temi di fondo come quelli della scuola e del declino demografico, nell’aver ampliato la spesa pubblica senza veri e costruttivi progetti.

In questa prospettiva la dimensione locale è particolarmente importante perché è e sarà il baluardo decisivo per ristabilire quel legame virtuoso tra politica e cittadini che la dimensione nazionale ha progressivamente offuscato.

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