“Non ti dico fino a sette, ma fino a 70 volte 7″. Cioè, sempre. L’unica misura del perdono è perdonare senza misura. Ma perché farlo? Perché così fa Dio. Gesù lo spiega con questa parabola. Il primo servo doveva al suo re una cifra iperbolica (più di diecimila talenti), che non sarebbe mai riuscito a pagare: allora, gettatosi a terra, lo supplicava. E il re provò compassione. C’è un modo regale (divino) di stare nel mondo e sta nella larghezza di cuore: chi è più grande e più forte sa anche perdonare.
In opposizione a questo cuore regale ecco il cuore servile: appena uscito (non un giorno o un’ora dopo) quel servo trovò un altro servo. Ancora immerso in una gioia insperata, appena restituito al futuro e alla famiglia, preso l’altro servo per il collo lo strangolava, gridando: ‘Ridammi le mie mille lire’, lui, perdonato di miliardi.
Il servo perdonato non agisce contro il diritto o la giustizia. È giusto, ma spietato. È onesto, e al tempo stesso cattivo. Quanto è facile: essere giusti e spietati, onesti e cattivi! Perché non basta essere giusti per essere uomini, tanto meno per essere di Dio. Giustizia e diritto da soli non bastano a fare nuovo il mondo. Anzi, l’estrema giustizia (ridammi le mie mille lire) può contenere la massima offesa all’uomo (presolo per il collo lo strangolava).
Gesù propone l’illogica pietà: non dovevi anche tu avere pietà di lui, come io ho avuto pietà di te? Perché avere pietà e perdonare? Per acquisire il cuore di Dio, immettere il suo divino disordine dentro l’equilibrio apparente del mondo. Perché niente vale quanto una vita. E allora occorre una dismisura, il perdono fino a settanta volte sette, un eccesso di pietà. Il perdono di cuore è difficilissimo, perché comporta un atto di fede, non d’intelligenza, un atto di speranza, non di spontaneità.
Fede è dare fiducia all’altro, guardando non al passato, ma al futuro. Così fa Dio con me: mi perdona non come Colui che dimentica il mio passato, ma come Colui che mi sospinge oltre. Dio perdona come un liberatore. Ti lancia in avanti. Ti perdona come atto di fede in te. Riscoprire la fede significa anche riscoprire il perdono, purificarlo, capirlo, annunciarlo.
Purtroppo viviamo in un mondo folle che orbita intorno a due eccessi: da una parte il perdono viene vissuto come una debolezza, come una cosa da femminucce. Dall’altra si esige il perdono, lo si pretende quando accade qualcosa. È una cosa seria il perdono! Perdonare significa mettersi nella logica di Dio, accogliere la sconcertante parabola del vangelo: non si perdona perché si è migliori, né per vedere il proprio avversario pentirsi e cambiare. Perdoniamo per essere figli credibili di questo Padre buono.
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