No, non è il vaccino che ci consentirà da un giorno all’altro di ritornare a strofinarci con i nostri simili, nelle vecchie e care adunate oceaniche, che riempivano piazze, stadi, discoteche, pizzerie e piste da sci. Il siero di Strokomogoloff è ciò che l’uomo (intendo: l’essere umano di genere maschile) ha inseguito da sempre.
In realtà, il siero di Strokomogoloff non è mai esistito. O meglio: Fred Buscaglione ne cantava le miracolose proprietà negli anni Cinquanta. Nel testo scritto dal suo inseparabile compagno, Leo Chiosso, questo siero veniva esibito come curativo e miracoloso. Lo ricercavano giovani e meno giovani, uomini e donne. Queste ultime, poi, cantava Buscaglione, «Lo bevono col the / Favorisce la freschezza della pelle / Depila pur le ascelle / Sviluppa il decolté!».
Ma il siero di Strokomologoff, come dicevo, non è mai esistito. O meglio: è esistito, ma non si chiamava così. La canzone faceva il verso agli esperimenti condotti dal medico russo Serge Voronoff, che negli anni Venti avevano suscitato curiosità e riacceso speranze in tutto il mondo (cioè: in tutti gli uomini di genere maschile).
Voronoff aveva iniziato a praticare innesti di organi e frammenti di organi su animali diversi. Già nel 1913, si era divertito ad innestare con successo l’ovaia di una pecora su un altro esemplare dello stesso ovile. Ne fu data notizia al Congresso internazionale di medicina, che quell’anno ebbe luogo a Londra. Finita la guerra, complice forse il clima di una ritrovata spensieratezza, i suoi esperimenti e le sue ricerche virarono verso il tentativo di restituire giovinezza e virilità a quanti si fossero ormai avviati verso il tramonto della vita. Da Parigi, annunciò ai giornalisti di aver scoperto in quelle che chiamò ghiandole «interstiziali» la possibilità di ridare forza, energia e resistenza a corpi ormai vecchi e tardi. Aveva già sperimentato con successo il ringiovanimento di ben 120 montoni vecchissimi e si apprestava ad ottenere lo stesso risultato anche sull’uomo: «Un uomo di 70 anni, una volta operato col mio sistema, non avrà più che trent’anni di mente e di corpo».
Nel caso della specie umana, le ghiandole miracolose sarebbero state prelevate dalle scimmie. Ma, considerata la difficoltà di reperire tali animali, si sarebbe potuto ricorrere ai corpi di giovani (e vigorosi) uomini prematuramente scomparsi. La teoria di Voronoff trovò immediata applicazione negli Stati Uniti, dove, nell’ottobre del 1919, al corpo del giovane assassino Tom Bemton, impiccato nel carcere di Saint-Quentin in California, vennero prelevati gli organi «interstiziali» e trapiantati su un prigioniero dello stesso carcere dell’età di 60 anni.
La stampa internazionale si appassionò all’argomento. Ci si chiedeva: ritrovata la giovinezza con le ghiandole di cui parla Voronoff, si ritroverà anche la potenza sessuale da sempre inseguita dal maschio della nostra specie?
Ovviamente i risultati promessi da questo metodo miracoloso non potevano sfuggire agli italiani (di sesso maschile), ai quali negli anni Venti era richiesta una potenza sessuale adeguata al priapismo politico che avrebbe dominato la scena per circa quattro lustri. Verso la fine del 1922, dopo che il nostro medico russo aveva annunciato gli effetti miracolosi registrati su un arzillo vecchietto, in Sud Africa si era scatenata la caccia alle scimmie. Anzi: al babbuino (non alla babbuina), le cui ghiandole sembravano scatenare quella maschia gioventù, che a quel tempo si sventolava come una bandiera.
L’anno successivo, Voronoff giunse finalmente in Italia. Tenne una prima affollatissima conferenza a Torino, dove spiegò come le ricerche che lo avevano condotto a praticare i suoi straordinari innesti fossero state sollecitate dallo studio di quei fenomeni che costituivano il quadro dell’«eunuchismo». Immaginiamo che, considerato il contesto storico, tali riflessioni dovessero essere accolte nel nostro Paese con grande soddisfazione, compiacimento e speranza.
Voronoff era un personaggio circonfuso da un alone di mistero. Si diceva che il suo vero nome fosse un altro e che, essendo ebreo, avesse dovuto abbandonare il suo Paese, la Russia, per la violenza antisemita scatenata all’epoca dello zar Alessandro II. A Nizza iniziò a farsi conoscere come ardito sperimentatore, ma non si capì mai del tutto se fosse veramente un genio, il cui metodo aveva incuriosito mezzo mondo e acceso la speranza negli anziani (maschi) di tutto il pianeta. Nei pressi di Ventimiglia, a Grimaldi, aveva acquistato un castello, il castello Voronoff, dove aveva allestito un suo personale allevamento di scimmie. Il suo castello fu poi pesantemente danneggiato dai bombardamenti aerei nel corso della Seconda guerra mondiale. Voronoff, invece, sopravvisse sino al 1951 (morì a Losanna, scivolando nella vasca da bagno).
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