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Politica

LA COESIONE NECESSARIA

EDOARDO ZIN - 26/02/2021

Il Consiglio dei ministri

Il Consiglio dei ministri

“Hoc opus, hic labor” dissi a mia moglie, che mi sedeva accanto, dopo aver ascoltato le dichiarazioni del presidente Draghi rivolte ai senatori che dovevano concedere la fiducia al suo governo. “Non ti illudere, saranno di più le fatiche che dovrà affrontare che le opere che potrà portare a termine” mi rispose Lidia, pragmatica come sempre.

Il presidente del Consiglio ha dimostrato di essere cosciente della gravità del momento: dovrà affrontare dapprima le emergenze contro la pandemia, contro la crisi economica e contemporaneamente preparare il terreno alle riforme che, prima di esserci richieste dall’Europa, sono ineluttabili per lo sviluppo del Paese. Non sono incline a esaltare un uomo politico se non dopo averne conosciuto i risultati, non sono un turiferario che incensa l’eroe di turno, non credo ai miracoli di un uomo solo, ma la misurata compostezza di Draghi, la sua affidabile esperienza come governatore della BCE, la sua solida preparazione professionale mi portano a pensare che riuscirà a realizzare i risultati che la conflittualità politica non ha finora conseguito. Non sono nemmeno scettico sui buoni risultati che potrà raggiungere il governo. È un convincimento che nasce dal percorso di vita di Draghi, dalle sue parole che possono diventare esempio da imitare da parte dei suoi ministri. Se avessi un dubbio, piuttosto lo riverserei su una parte dei partiti che appoggiano il governo, pronti a compiere, col fluire del tempo, imbrogli, pur di ottenere affermazioni da sbandierare come meriti davanti al proprio elettorato.

Il richiamo di Draghi allo “spirito repubblicano”, alla “responsabilità nazionale”, al “rispetto delle istituzioni”, al “coraggio delle azioni”, alla “condivisione di visioni e di speranze” sono ammonimenti rivolti al governo anche dai cittadini di buon senso e che il parlamento deve recepire. Qui incomincia la fatica. Ecco la difficoltà, ecco ciò che è faticoso a compiersi!

Dopo le emergenze da affrontare, Draghi ha esposto i punti salienti e gli obiettivi del suo governo. Una delle priorità che intende affrontare è “disegnare un percorso educativo che combini la necessaria adesione agli standard qualitativi richiesti…con innesti di nuovi di nuove materie e metodologie”, “coniugare le competenze scientifiche con quelle delle aree umanistiche e del multilinguismo… a partire dal patrimonio identitario umanistico riconosciuto a livello internazionale”.

Nel breve tempo che rimane alla conclusione della legislatura non sarà possibile istituire una “controriforma” della scuola, ma solo avviarne alcuni presupposti. Tra le varie cause che hanno portato al declino economico del nostro paese negli ultimi anni vi è anche l’insufficiente qualità dell’insegnamento scolastico che non porta i nostri giovani ad essere preparati per affrontare impieghi impegnativi in un contesto internazionale di crescente concorrenza dovuta alla globalizzazione e alle innovazioni tecnologiche: il nostro Paese registra il più elevato tasso relativo di analfabetismo funzionale fra i paesi europei. Ci precede solo la Turchia. Per migliorare la qualità dei nostri governanti occorre innanzi tutto migliorare la qualità dei governati.

Forse, a causa di una mia deformazione professionale, mi è molto piaciuto il richiamo di Draghi al patrimonio umanistico del nostro Paese. Le giovani generazioni leggono sempre meno e scrivono sempre peggio. Il linguaggio si è contratto, la potenzialità e la ricchezza della lingua si è progressivamente impoverita. L’identità culturale, che si manifesta nelle arti, nella storia, nella filosofia, nella religione non costituisce più il presupposto di un tessuto comune. Umanesimo e scienza si sono suddivisi in due mondi separati e non comunicanti. Lo squilibrio sempre più crescente fra il progresso tecnologico ed economico, da un lato, e il mancato progresso dell’uomo nelle sue dimensioni identitarie impone un recupero di quei valori che sono caduti in oblio. E fa bene Draghi inserire ciò fra le priorità!

La buona scuola, infatti, dipende, da un lato, da insegnanti capaci di comunicare contenuti che valgono (i “valori”!); dall’altro, da allievi avidi di conoscere, di apprendere. Il tutto richiede sacrificio, forza di volontà, carattere resistente. La scuola non può limitarsi a distribuire “schede” stampate dai social o a picchiettare una tastiera o all’uso di immagini, di videocasssette, di internet. Vogliamo una nazione di stupidi? Basta centrare tutto sulla tecnologia o sui test di verifica standardizzati e tralasciare la musica, l’arte, la storia.

Un altro passaggio del discorso di Draghi mi ha gradevolmente sorpreso: “Non c’è sovranità nella solitudine”. In queste poche parole è racchiuso tutto lo spirito europeo di Draghi. I nuovi cittadini formati dall’educazione che coniuga umanesimo e scienza e tecnica non determinano solo il progresso economico di un Paese, ma arricchiscono tutta l’Europa. Se subito dopo la fratricida guerra mondiale, essa è stata fonte di pace, di comprensione reciproca, di libertà e di democrazia, oggi dimostra la sua solidarietà prendendo su di sé i debiti di tutti i paesi e distribuendo ai paesi più svantaggiati sovvenzioni e prestiti. Questo è il riscontro che la conoscenza, la comprensione, l’intesa reciproca, la cooperazione sono meglio assicurate dall’Europa che dagli Stati nazionali. L’euro non è solo una moneta, ma è il simbolo concreto di voler abbandonare la sovranità nazionale per affidarla ad un’Unione Europea che unisce popoli un tempo rivali o nemici; vuol dire aprire le sue frontiere e rinunciare al protezionismo; vuol dire modernizzare l’economia e risanare le finanze.

Questa sarà la fatica di Draghi: dimostrare coi fatti che per sconfiggere la pandemia occorrerà concordia fra le forze politiche, unità di intenti, tralasciare i meschini profitti elettorali a favore dell’interesse generale. Ma non basta. Serve una coesione fra i cittadini. Non possiamo solo esigere, dobbiamo anche contribuire: gli imprenditori con sforzi per creare lavoro, i lavoratori con maggiori fatiche pari alle loro capacità ed esigenze, gli insegnanti e gli operatori sanitari con un’aumentata dedizione, i commercianti con una parola o un sorriso, i professionisti con l’ onestà nel rispettare le leggi e non solo con la pervicacia per eluderle. E tutti sentirsi impegnati a versare tasse e imposte a seconda del reddito. I garantiti durante questa pandemia dovrebbero sentire lo slancio morale di contribuire ad aiutare, attraverso una piccola percentuale del loro stipendio o pensione, chi è nella povertà.

Questo è lo spirito di sacrificio che ha animato i nostri padri nella ricostruzione post-bellica. Non guardavano indietro, ma avanti per assicurare a tutti noi un minimo di dignità. Se oggi sentissimo il peso di quello che ciascuno di noi deve fare per l’altro, se calcolassimo solamente quello che esigiamo dagli altri, se ci accorgessimo di essere in credito nei confronti degli altri, allora si avrebbe il segno netto che è continuato il declino del nostro Paese, che avanza inesorabilmente, oltre la pandemia.

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