Widgetized Section

Go to Admin » Appearance » Widgets » and move Gabfire Widget: Social into that MastheadOverlay zone

Cultura

LE PRIMEDONNE

LIVIO GHIRINGHELLI - 19/02/2021

liricaIn origine il termine significò un ordine di presentazione nel manifesto di una stagione d’opera e nome e cognome della cantante più famosa e meglio remunerata. Nell’epoca del melodramma, costituendo i castrati l’alternativa, sui manifesti comparve anche il nome del primo uomo, anche se il traslato veniva a riguardare particolarmente il campo femminile. Prima donna valse a definire una cantante non disposta ad accettare tutte le regole della professione o che pretendesse anzi di infrangerle, conquistandosi uno status individualistico, a volte anche piegandosi, ma solo dopo aver dato bel filo da torcere. Prima donna quindi sinonimo di tutte le indiscipline, di tutti i capricci, di tutte le bizze. Da un lato la proterva intenzione di dettare legge, per l’altro verso però la presenza e la necessità di un carisma più o meno misterioso.

Vale la pena di cogliere un opportuno riferimento nei tre personaggi femminili-metafora dei Racconti di Hoffmann di Jacques Offenbach (1876-1880): tre tipi d’ambientazioni, tre tipi di donne, tre di cantante. Olympia incarna il virtuosismo sonoro, Antonia, la fanciulla condannata a cantare per evitare una morte certa, incarna la passione, Giulietta, la cortigiana fatta agire a piacimento di un sinistro stregone, significa la sensualità. La prima donna è chiamata a dominare la tecnica della sua arte con alto e raffinato virtuosismo. È comunque Olympia la bambola meccanica, che si distingue per i sopraacuti. La prima donna è prima di tutto oggetto di ammirazione, si pensi a Maria Callas, destinata a sconfinare nel culto. Siamo ben lontani dal suono piatto, senza barbagli di luce, non atto a commuovere.

Il Novecento sviluppa e cura soprattutto la componente timbrica: si pensi al fondo vellutato e alla delicatezza di smalto di un Enrico Caruso, di suoni di compatto e splendido metallo di Titta Ruffo (rispettivamente tenore e baritono). Siamo lontani nel Novecento dall’agilità delle cabalette, su cui si puntava nel secolo precedente. Luisa Tetrazzini era considerata da Arturo Toscanini una cantante pirotecnica. Il Novecento poi è il secolo della cultura e della storia, ovverossia dell’interpretazione. Qui l’ultima parola è dell’uomo armato di bacchetta, del regista, dello scenografo, del costumista. Il commendatore-cantante deve ascoltare i consigli, i condizionamenti del direttore d’orchestra. Il parco delle prime donne nel canto si avvia a spopolarsi. Nell’ultimo scorcio di secolo l’unica grande manifestazione del divismo vincente pare quella dei tre tenori (Carreras, Domingo, Pavarotti). Di contro è la rapida ascesa in questo particolare firmamento dei direttori d’orchestra (già Weber, Spohr, Mendelssohn non si erano limitati, come in antico, ad essere batteurs de mesure). L’esecutore si fa interprete, il potere del direttore deriva anche dal riconoscimento dei diritti d’autore e dell’editore, attento a difendere i suoi grossi investimenti (di cui il direttore si fa in certo modo fiduciario in loco). Se di rado questa prerogativa viene esercitata nel riguardo dei cantanti, diventa arma di pressione ben maggiore sui professori d’orchestra e sugli artisti del coro. Ecco gli scoppi di malumore e le rabbiose esortazioni di Toscanini. Bisogna essere psicologicamente padroni della situazione. Famosi i suoi atteggiamenti inflessibili, l’accanimento sul lavoro, le capacità organizzative.

Facebooktwittergoogle_plusredditpinterestlinkedinmail

You must be logged in to post a comment Login