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Zic & Zac

AIUTI DI LAGO

MARCO ZACCHERA - 19/02/2021

lagoCome ho già ricordato, “La Cura è di casa” è una organizzazione di volontari (sono ormai più di 180) che segue gli anziani della zona di Verbania e della sua provincia con l’obiettivo di mantenerli il più possibile nelle proprie abitazioni ritardandone il più possibile il ricovero in Case per Anziani o strutture sanitarie. Sono oggi oltre 500 gli anziani seguiti dai volontari e tutti insieme hanno pubblicato nelle scorse settimane un libretto “LEGGERE TRA LE RUGHE” dedicato al tema della solidarietà. Vi propongo la seconda parte del mio contributo dedicato alla storia della solidarietà locale sulle rive del Verbano. Chi volesse copia del libretto mi contatti via mail: marco.zacchera@libero.it

Altre pagine ricche di umanità sono la riscoperta delle caratteristiche proprie delle località costiere in un rapporto diretto con il proprio lago che non solo permetteva di raggiungere una preziosa fonte di cibo grazie ai pesci e al commercio di essi, ma anche forniva lavoro e…riscaldamento.

Dopo secoli di generazioni che si erano rincorse nella ruota della vita senza grandi mutamenti e con una fame e povertà endemica nelle nostre zone, tutto cambiò dalla metà dell’ 800 quando il lago non fu più solo meta turistica di una ristretta élite dell’alta società, ma progressivamente meta di un turismo più diffuso e popolare moltiplicando quindi la necessità di marinai di linea, barcaioli e poi motoscafisti, facchini, albergatori, ristoratori e venditori di souvenir, con “banchetti” (di solito gestiti dalle mogli dei pescatori) che vantano ormai più di un secolo di presenza sulle Isole Borromee.

Una comunità che progressivamente si apriva quindi al turista e al forestiero.ma dove l’economia era spesso ancora di sussistenza e legata agli andamenti stagionali.

La “buzza”, per esempio, era fondamentale per recuperare legna da ardere per chi non poteva permettersi di comprarla.

Quando i violenti temporali di fine agosto o le alluvioni d’ottobre spazzavano via dai fianchi delle montagne dell’Ossola o del Ticino alberi, tronchi e rami in quantità che la corrente dei torrenti trasportava poi nel lago si creavano – ancor più di oggi- quelle caratteristiche isole galleggianti di detriti e legname dalle quali era possibile attingere e “pescare” i legnami più adatti per il camino, la cucina e il riscaldamento invernale.

Serviva un veloce intervento al passaggio dell’“isola” vicino a casa ed ecco l’organizzarsi di intere famiglie con burchielli, barche da pesca e funi per recuperare i pezzi migliori e trasportarli sulle rive dove il legname veniva selezionato e messo ad asciugare formando grandi cataste che, tagliate poi su misura, diventavano prezioso combustibile.

Una manna se la piena aveva trasportato a valle legname già tagliato e doppiamente utile se costituito da essenze importanti come le “borre” di castagno o di faggio.

Un altro momento di solidarietà era visibile in occasione di quelle stesse piene, per le alluvioni o le notti in cui la pesca sul lago diventava proibitiva per le condizioni meteorologiche.

Le lapidi del piccolo cimitero dell’Isola ricordano i nomi di tanti pescatori annegati durante i nubifragi con naufragi che purtroppo erano numerosi perché le barche non disponevano di motori o delle attuali misure di sicurezza e – in assenza di bollettini meteo – spesso le tempeste colpivano di sorpresa in mezzo al lago chi stava pescando e non voleva certo abbandonare il patrimonio delle reti e degli attrezzi che erano la risorsa di ogni famiglia.

Così, quando il lago cominciava a crescere per le violenti piogge d’autunno, ci si mobilitava in un aiuto comune per recuperare barche, trasportare più in alto depositi di legna sulle rive, reti, barche in riparazione.

Era un riunirsi insieme per tirare con gli argani, mettere rulli sotto gli scafi, svuotare velocemente magazzini, aiutare chi andava a mollo magari in piena notte alla luce dei lampi e delle lanterne, spesso tra i mulinelli di tempesta.

Una condivisione di momenti difficili, quando un lutto o un incendio potevano mettere sul lastrico una famiglia e tutta la comunità di fatto se ne faceva carico assistendo le vedove o gli orfani, ma condivisione anche dei momenti di maggiore serenità: le “polentate” di carnevale, i giochi delle bocce la domenica pomeriggio sulle rive, le donne a tessere o ricamare sugli usci e sui gradini davanti alle case.

La domenica, sulle isole, i pescatori – che durante l’estate erano lontani per tutta la settimana pescando in alto lago e vendendo sulle rive ogni giorno il pesce pescato – rientravano finalmente a casa ed era un classico cucinare sulla riva il bollito misto di carne, spesso l’unica consumata nell’intera settimana per la gran parte delle famiglie.

Carne recuperata nei baratti tra i paesi della costa e della montagna: pesci ceduti in cambio di animali e bucce di castagne, indispensabile per recuperare il tannino che serviva a tingere le reti.

Proprio la tintura delle reti e le riparazioni conseguenti erano un momento forte della comunità: in ogni paese dove si pescava c’era un “fornetto”, costruzione composta da un grande focolare con sopra un serbatoio d’acqua che veniva portato all’ebollizione. Nel calderone si buttavano piccoli sacchi di bucce di castagne e poi le reti di cotone che – tinte in marrone – diventavano così più resistenti ed elastiche evitando di marcire in acqua. Le reti erano poi stese ad asciugare, rammendate e riutilizzate a seconda delle stagioni.

Pochi sanno che nella stessa giornata c’erano più “bolliture” ma – visto che diversi erano gli oneri e diversi i risultati (le prime obbligavano a portare l’acqua in temperatura consumando più legna, ma la prima tintura “rendeva” di più) – c’era un vero e proprio turno codificato con largo anticipo proprio perché ogni famiglia, in un dato giorno del mese, si ritrovasse in una diversa successione d’uso con tutti onori ed oneri conseguenti.

Mio nonno Felice mi raccontava di quando – circa un secolo fa – per aiutare una famiglia isolana in estrema difficoltà economica per aver perso irrimediabilmente le reti nel lago in burrasca proprio il “fornetto” fu utilizzato per una truffa a fin di bene ai danni della Reale Mutua Assicurazioni. Tutte le famiglie diedero fondo ai magazzini donando scarti delle proprie reti che si trasformarono in quelle perse in fondo al lago, ma che inopinatamente – durante le manovre legate alla bollitura mensile- presero fuoco… e furono (forse) pagate per nuove alla famiglia dei colleghi disperati.

Vedere oggi il “fornetto” dell’Isola Pescatori ridotto ad immondezzaio e coperto da un cartello che comunica la sua parziale trasformazione in toilette pubblica è la dimostrazione certificata dell’ignoranza delle proprie origini e della mancanza di un minimo di memoria storica e culturale.

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