Nel corso degli anni ho discusso con molte persone di: scenari, evoluzione, cambiamenti. In altri termini come saper leggere e considerare gli scenari stessi, come sviluppare gli interventi evolutivi aziendali e come agire concretamente per attuare i cambiamenti necessari. Sfinimenti irripetibili in discussioni logorroiche e per un semplice motivo: agli accordi immediati sugli aspetti teorici è sempre seguita un’assoluta mancanza d’individuazione dei modi corretti di agire. Tutto quello che ci raccontavamo su cosa fare era condivisibile; sul come e quindi sugli aspetti operativi iniziavano le difficoltà e veniva meno la realizzazione del cambiamento.
Quanto sta accadendo oggi è paragonabile a qualsiasi altro periodo di evoluzione/innovazione che abbia richiesto un notevole cambiamento. In estrema sintesi ricordo che la prima rivoluzione industriale risale al 1784 con la creazione del primo telaio tessile e la costruzione della macchina a vapore. Nel 1870, la prima linea di produzione del Macello di Cincinnati, utilizzò l’energia elettrica seguita dagli utilizzi, in agricoltura dei prodotti chimici e in altri settori del petrolio. Dal 1970 parte la successiva rivoluzione industriale con l’introduzione massiccia dell’elettronica, della tecnologia, dell’informazione e della produzione automatizzata. L’ultima transizione coincide con l’utilizzo dei sistemi intelligenti e del dialogo tra persone-macchinari-prodotti. Nessuno ha osato fermarsi ma alcuni sono arrivati prima degli altri. Ahi noi, in piena crisi da cambiamento, abbiamo incontrato anche la pandemia! Ma quest’ultima, denominata Covid-19, è globale! Allora, dopo la salute, dobbiamo intervenire per cambiare: il modello economico, l’istruzione, il funzionamento della “macchia pubblica” in aggiunta alle altre riforme di cui abbiamo un estremo bisogno. Una prima considerazione va dedicata all’accelerazione del cambiamento.
Non solo i leader politici ma anche tutti coloro che occupano posizioni di responsabilità: dai Governatori di Regione agli Assessori Comunali, alle persone che lavorano nella Pubblica Amministrazione e a tutti noi, dobbiamo captare i segnali emessi da chi si trova in difficoltà e assicurarci che siano aiutati a risolvere i problemi rimanendo sempre in contatto con loro. Per sviluppare questa tipologia di cambiamento occorrono i leader servitori i quali devono saper gestire i dettagli della crisi (con le solite e solide competenze), mettendosi al servizio della comunità. Oggi viviamo una situazione che rappresenta il momento migliore, in assoluto, per loro perché è in momenti come questi che si può far vedere ciò che si è in grado di fare. Tutti i leader, intendendo tali coloro ai quali è richiesto di gestire alcune responsabilità, potrebbero non avere più un’altra possibilità come questa di mostrare il contributo che possono offrire. Questi concetti sono esposti da Chris Lewis nel suo libro “The Infinite Leader”, certamente condivisibili e necessari di un’immediata applicazione. Abbiamo un esempio di levatura globale, quello di Papa Francesco che escludo ovviamente da qualsiasi ipotesi di confronto.
Il successivo riguarda don Andrea Gallo uno stimatissimo prete e partigiano italiano, anche fondatore e guida della Comunità di San Benedetto al Porto di Genova. Poco prima di lasciare il suo cammino terreno, nell’estate del 2012 aveva dichiarato a coloro che erano andati a salutarlo: “Siamo a bordo di un’astronave senza pilota, senza marcia indietro e senza freni. Ma una via da seguire, una soluzione c’è: è l’amore della Verità, la ricerca delle cause dell’ingiustizia e il loro rimedio attraverso l’equità e la giustizia sociale, la cura dell’ambiente, il rispetto della democrazia, l’elogio delle differenze, il dovere di solidarietà e amore, l’uso dell’intelligenza della creatività, della spiritualità che sono patrimonio comune di tutte le donne e tutti gli uomini. Questi valori vanno recuperati a tutti i costi, perché sono il fondamento della nostra realizzazione in quanto esseri umani e sono il primo passo verso una ricostruzione del tessuto sociale a patto che si parta dal piccolo e dagli ultimi! Questi ‘chierici del capitale’, come li chiamo io, questi profeti di sventura, questi portatori di disuguaglianza sociale vanno combattuti con le armi del buon senso, della voglia di rimboccarsi le maniche tutti insieme, dal desiderio di ricostruire un tessuto connettivo, creato dalla partecipazione e condivisione di tutti i cittadini. Si tratta di una occasione alla portata di coloro che vogliono prendere il proprio compito sul serio, dimostrando di prendere sul serio se stessi. Cercare facili scorciatoie, infatti, significa spesso non arrivare da nessuna parte. Usciamo dalla ‘società delle spettanze’, per la quale ogni cosa è dovuta, sempre! Perché non iniziare a chiederci ogni giorno: cosa posso fare per la mia famiglia, per il mio condominio, il mio quartiere, la mia città e infine per il mondo intero? Siamo tutti corresponsabili e tutti singolarmente chiamati alla ricostruzione di Città, Paesi, Nazioni che siano ‘a misura d’uomo’. È inutile avere le mani pulite se poi le teniamo in tasca”. Quanta esigenza di cambiamento nelle sue parole eppure sono trascorsi nove anni da quel giorno e gli argomenti sono di inaudita attualità.
Un’altra considerazione va dedicata ai politici servitori i quali continuano a dimostrare la mancanza e la carenza di competenze specifiche indispensabili al ruolo organizzativo che ricoprono; qui l’esemplificazione è: andreste mai da un fabbro per farvi estrarre un dente? Queste mancanze basilari hanno indotto il Presidente della Repubblica a rivolgere un accorato appello di coesione, servizio agli altri, necessità di muoversi per attivare le riforme indispensabili, da anni cercate invano. Ritengo si aspettasse dichiarazioni di coerenza per il futuro (il nostro capitale umano decresce, si impoverisce), di riconsiderazione e sviluppo di quei valori che, seppur dichiarati, ancora ci mancano, alcune scelte di campo chiare e durature. Nel nostro scenario, dopo i problemi relativi alla lotta verso la pandemia, due componenti sono risultate indispensabili e condivise: come gestire correttamente i fondi Europei, come cercare di fermare le disuguaglianze. Abbiamo fin qui assistito a dichiarazioni di principio del tipo: questo lo voteremo e quello no, inversioni a 180 gradi su precedenti dichiarazioni di programma, meglio una sorveglianza da fuori, viva l’Europa. I soldi arriveranno, dovremo saperli spendere bene, in linea con il futuro che vogliamo lasciare ai nostri figli e nipoti anche perché i due terzi dei 290 miliardi di Euro sono concessi in forma di prestito e qualcuno che ci sarà in allora dovrà provvedere al loro rimborso. Come ho già detto per il futuro servono, da ieri, dei professionisti. Fare i dilettanti è facile, basta il tempo libero.
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