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Urbi et Orbi

CARISMA IMPERITURO

PAOLO CREMONESI - 19/02/2021

Don Giussani alla lavagna durante una lezioneIl pomeriggio del 24 febbraio 2005 era freddo e piovoso come solo certe ‘code’ d’inverno milanesi sanno regalare. Il pulmino della Rai, a destra del Duomo, era lì dalle dieci del mattino quando già i primi gruppi di persone stazionavano in Piazza. Viale Mazzini aveva deciso di trasmettere in diretta tv i funerali di Don Giussani e così tecnici ed autisti della sede di Milano erano già al lavoro. A me il compito di ‘coprire’ i Giornali Radio.

Ore grigie e tese: da Roma rimbalzavano le notizie dell’ennesimo ricovero per Giovanni Paolo II al Gemelli. Vi rimarrà per quasi un mese, operato di tracheotomia. Il risultato era un tetro ping pong mediatico tra un funerale a Milano ed un ospedale a Roma.

Ma via via che le ore passavano e la folla man mano cresceva (alla fine saranno più’ di 40mila persone) in attesa dell’avvio della cerimonia funebre alle 15, mi ricordo lo stupore degli elettricisti e dei cameramen Rai che cominciavano a chiedersi chi fosse veramente quel prete brianzolo di cui si celebravano le esequie e per cui tante persone arrivavano dall’Italia e dal mondo.

L’attenzione non era più sui Marcello Pera, i Pier Ferdinando Casini persino il prefetto Ratzinger (che terrà una poderosa e straordinaria omelia) che entravano nei settori loro riservati ma sulla folla (la ‘gente-gente’ li avrebbe definiti il ‘Gius’) che incurante della pioggia gelata e strisciante aspettava ore e ore per poter rendere un piccolo tributo al sacerdote brianzolo. Scriverà il giorno dopo sul “Corriere” Gaspare Barbiellini Amidei: “Quando vuole, Milano sa essere popolo e testimoniare con grandezza i suoi sentimenti. Ieri lo ha fatto salutando Don Giussani. Sono stato tra la folla, prevalentemente giovane ma non solo e la parola che ricorreva con più frequenza era ‘grazie’. Anche i milanesi che non vanno in Chiesa, che non condividono le scelte dei ‘ciellini’ ieri hanno detto con partecipazione addio al fondatore di CL”.

Chi era questo don Giussani? si chiedevano i tecnici Rai. Chi è Don Giussani? ci chiediamo ancor oggi noi, stupiti dai frutti che il movimento a sedici anni di distanza ancora genera con maggior vigore. Fosse solo in una sperduta parrocchia d’Italia o negli slum africani tra i malati di Aids, sulle Ande peruviane o nei grattacieli di New York, tra le aule di tante scuole e università o nelle sale ospedaliere dove si lotta contro il COVID, tra gli impiegati di Taiwan o nelle aride terre del Medio Oriente.

Ricordo, il giorno prima delle esequie di aver intervistato all’Istituto Sacro Cuore di Milano uno spaesato Don Carron, successore alla guida del movimento indicato dallo stesso Giussani. Spaesato forse ma non sprovveduto. “Porterò negli occhi per tutta la vita lo sguardo che don Giussani aveva l’ultima volta che era cosciente prima di scendere nella profondità’ dell’Essere. Era come se fosse ritornato dall’altra riva per dire a me e agli amici che aveva intorno: Ciao, prima di un lungo viaggio”. “Dov’è’ l’origine dell’attrattiva del carisma di don Giussani?” domandai. “In una bellezza incontrata e comunicata” fu la riposta del sacerdote spagnolo: “Contro un cristianesimo come bellezza la cultura dominante, il potere non potrà mai nulla. La potrebbe avere contro un cristianesimo ridotto ad etica a valori comuni ma contro l’avvenimento di una bellezza presente no!”.

Il “difensore della ragione dell’uomo” come lo aveva definito Giovanni Paolo II in una lettera autografa del 22 Febbraio 2005 se ne andava sedici anni fa in una bara spoglia e marrone. Niente fiori, sopra solo la stola e la cotta sacerdotale. “Per noi laici” scriveva Giuliano Ferrara pochi giorni dopo “il suo valore è nella resistenza, nella perseveranza, nella ostinazione non altezzosa, umile nel fervore e superba nell’inculturazione della fede perché collegata al fatto, non all’idea dell’incarnazione di Dio in suo figlio morto e risorto. Senza lo spettacolo di questo credo, rimesso in scena da un semplice prete ricco di carisma, le avventure della ragione non varrebbero il prezzo del biglietto”. Di biglietti invece, per fortuna o per grazia, se ne staccano ancora: il carisma continua nel tempo.

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