Un mio conoscente, portatore di modesti problemi fisici e più importanti problemi culturali, ha passato la vita appoggiato alla pensione del vecchio padre che ora non c’è più; così lui si ritrova in difficoltà economiche e ripete: “Arriverà un colpo di fortuna e mi capiterà un bel posto di lavoro, anche se sono pronto ad andare a fare le pulizie”. A dir la verità lui è una vita che aspetta il colpo di fortuna …. È questo atteggiamento che evidenzia quello che, un po’ pomposamente, abbiamo chiamato “problemi culturali”. Questo povero diavolo ora viene a far parte delle numerose situazioni drammatiche sociali che caratterizzano la nostra società …e purtroppo è casistica di una certa frequenza.
La nostra società nel passato ha attraversato numerose fasi positive e negative. A dir la verità appaiono più numerose le negative, ma il mio conoscente spera nel ritorno di periodi positivi, quando i posti di lavoro erano tanti e le offerte di occupazione numerose. Eppure stranamente per lui anche in quei periodi non c’era mai quella giusta. È l’eterno disoccupato o è una scelta di vita?
L’esperienza dunque ci dice che gli eventi negativi sono più numerosi dei positivi, tanto che tutti abbiamo l’impressione che le negatività ci cerchino e ci trovino, mentre le belle occasioni “scappano via” e dobbiamo andarcele a cercare, afferrandole al volo oppure costruendole noi con inventiva e buona volontà.
Proviamo a domandarci: nella vita della nostra umanità più frequente la sofferenza o il benessere? Ha sempre lavorato più la spada (ai nostri giorni sostituita da armi sofisticate, micidiali e potenti) o l’aratro? La storia ci dice che ritmicamente le nostre terre venivano attraversate da eserciti di poveracci, che facevano i mercenari per sfuggire alla miseria dei loro villaggi e lasciavano dietro di loro fame, epidemie e morte. I colpi di fortuna non ci sono mai stati e non ci sono neppure oggi, anche se nella nostra società è costante la loro ricerca tanto che si è legalizzato il mercato dei colpi di fortuna e tanti disperati consumano i loro risparmi nel rischio banale dei gratta e vinci, delle macchinette dei giochi, nelle sale delle scommesse e in tanti altri tipi di azzardo.
Gli esperti hanno studiato nel profondo questo lato negativo della nostra società, che in altre nazioni appare ancora più esasperato, tanto che si scommette su tutto, anche banalità definendolo “ludopatia”, termine che di gioioso ha ben poco, ma tanto di sofferenza.
Viviamo l’assurdo paradosso di gente che crede e cerca la fortuna, non credendo invece nel possibile amore presente nelle nostre comunità che potrebbe aiutarci. Crediamo nel “Caso” e non crediamo nella realtà della vita quotidiana, concreta, semplice e faticosa come è il vivere di tutti i giorni, da dove però può nascere aiuto, magari minimo (meglio il poco che niente). Chiedere aiuto è umiliante.
Il mio conoscente non passa il tempo giocando d’azzardo, ma a mio giudizio il suo atteggiamento è molto simile a quello del ludopatico in cui è presente senz’altro una buona dose di patologia in aggiunta spesso a tante altre problematiche personali e sociali.
Sono discorsi dolorosi quelli che stiamo facendo; stiamo meditando sulla povertà che purtroppo si presenta in tanti aspetti, aggravata dalla solitudine, dall’abbandono, dall’ignoranza, dalla negligenza. Sono tanti i tipi di povertà, ognuno con caratteristiche diverse, ma sarebbero forse più sopportabili se ci fosse in tutti noi più cultura per aiutarci a superare i momenti grami, non facendoci diventare “ricconi”, ma dandoci gli spunti per avere la parsimonia, l’umiltà, la saggezza per affrontarla al meglio, lontani dell’accidia contenuta nello sperare un colpo di fortuna.
La povertà culturale è strettamente vincolata a quella economica e spesso è lei a causare il dramma del precipitare in un abisso senza via d’uscita, a creare ampie aree di disagio economico dove poi riesce ad insediarsi la malavita organizzata che sostituisce le istituzioni.
È il dramma che dovrebbe essere combattuto con l’istruzione (quanti giovani abbandonano la scuola) che dovrebbe essere alla portata di tutti (quanti non possono permettersi la frequenza costosa alle università) come per tutti dovrebbe essere la sanità – oberata da impegni burocratici che nulla hanno a vedere con la salute – che potrebbe avere la possibilità di controllare le piaghe, anche quelle sociali, del territorio. Purtroppo si è evidenziato che nei bilanci statali e regionali sia l’istruzione che la sanità da tempo sono state penalizzate, e ne vediamo costantemente i risultati.
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