I fiorentini raccontano che il fondatore del convento domenicano di San Marco fu un certo Antonio, che, canonizzato, per non confonderlo con il taumaturgo di Padova, soprannominarono Antonino, vista la sua esile figura. Durante la sua vita, attorno a lui si era creata una fama di santità. Molti fedeli si affidavano a Antonino per chiedergli grazie e miracoli. Da lui accorse anche una coppia di giovani sposi che non riusciva ad avere figli e chiese al domenicano d’intercedere per loro presso il buon Dio. Dopo poco, gioirono per la nascita di un figlio e poi di un secondo, successivamente di un terzo fino ad averne sei. A questo punto, il marito proruppe in un’inquieta espressione: “Troppa grazia, Sant’Antonio!”
Chissà se questa espressione è scivolata almeno per un istante nel pensiero del presidente Draghi. Formare un governo “di alto profilo” e “non politico” -come richiesto dal Presidente Mattarella – poteva sembrare un’impresa assai ardua. Contrariamente a quanto si pensasse, tutti i partiti rappresentati in parlamento (tranne “Fratelli d’Italia” che ha scelto di stare all’opposizione) hanno aderito, spesso con un’eccesiva disponibilità tale da mettere in dubbio la loro buona fede, all’invito di Mattarella e attuato da Draghi. Chi si aspettava una consonanza così agevole per formare il governo? È questo “unanimismo” che, piuttosto d’ essere un punto di forza, potrebbe divenire, a mio avviso, pietra d’inciampo lungo il cammino del nuovo governo. Un governo che garantisce troppo coralmente la fiducia delle camere presto o tardi provoca divisioni.
Non ci sono dubbi che nel governo convivono due raggruppamenti: quello “di alto profilo”, formato dal presidente Draghi, che ha chiamato a collaborare con lui abili tecnici (Colao, Cingolani, Cartabia, Giovannini, Lamorgese, Franco), a cui ha assegnato materie più squisitamente economiche o di rilievo, ministri che fanno capo a lui (il mef, l’innovazione tecnologica e la transizione digitale, le infrastrutture e trasporti). Quello “politico”, con ministri designati dai partiti, nato secondo una cura precisa nella distribuzione del numero dei dicasteri, a seconda del loro peso politico e delle logiche correntizie presenti in uno stesso partito. Questo “governo” dovrà trovare il coraggio di condividere con il primo domande e inquietudini.
La carismatica autorevolezza, l’eccezionale competenza e la sobrietà di Draghi rafforzano la posizione internazionale dell’Italia. La sua onestà, poi, è importante soprattutto in questi giorni in cui domina l’anti – politica: un tempo avevamo capi che diventavano tali perché forti e saggi, mentre oggi è considerato forte e saggio chi è capo. Draghi è leader non perché si senta capo, anzi si circonda di uomini a cui chiede pareri e coi quali si confronta, ma perché ha compiuto al meglio cose che si dovevano fare. Di lui sappiamo che è stato un grande banchiere di fama internazionale. Come capo di un governo sarà bene che si sforzi di coniugare l’efficienza tecnocratica con l’equità sociale. Da sola, la soluzione tecnocratica non può sconfiggere il populismo e l’onestà è importante, ma da sola non basta per vincere i tatticismi. Sarebbe un paradosso che un governo nato per rigenerare l’Italia non incorporasse la giustizia sociale come mezzo per allargare la base democratica, oggi fragilissima. Sarebbe altresì nocivo alla coesione sociale se al centro dell’agire del governo venissero messi i vantaggi di pochi singoli.
Draghi dovrà non solo gestire un’enorme somma di danaro, ma creare una nuova società unendo visioni divergenti tra destra e sinistra.
Accanto al “governo di alto profilo” c’è quello “politico” (ammesso che possano esistere governi non politici!).
Non sarà facile conciliare partiti che fino a poco tempo fa si sono accapigliati in parlamento, alla televisione, sulla stampa e sui social talvolta con toni assai aspri. Diverrà difficile distinguere le iniziative generose della sinistra a proposito di accoglienza con quelle egoistiche della destra. Diverrà difficile accordare la flax tax con la progressività delle imposte. Diverrà difficile dimenticare le offese rivolte in nome di un’appartenenza ideologica da quelle offerte dalla politica che esprime persuasione. Diverrà difficile prendere in coscienza una decisione a procedere penalmente a favore o meno di un parlamentare qualora fosse indagato.
La conversione della Lega all’europeismo è avvenuta dopo la vittoria di Biden e quando è esploso lo scontro su come usare i fondi dell’UE: non sono più gli europei a guardare con curiosità i leghisti, sono quest’ultimi che nella loro metamorfosi mettono a nudo le vere ragioni della loro inversione di marcia. Un tempo, alla conversione del re, seguiva l’abiura da parte dei sudditi. Ci auguriamo ardentemente che tutti gli aderenti alla Lega abbandonino la loro inclinazione all’odio, all’arroganza della parola e sostituiscano alla dialettica sofistica l’ascolto e il dialogo fecondo di benevolenza verso tutti.
Ci sentiamo di rivolgere la stessa sollecitazione al M5S, o meglio alla parte del movimento che voterà la fiducia al nuovo governo. Anzi, desidereremmo che la sua parte “istituzionale” si desse uno statuto democratico, eleggesse un suo capo politico, isolasse la sua frangia estrema, si alleasse con il PD e con LEU (che pure è in pena!) per costruire un’asse di centro – sinistra e per instaurare in Europa un’unità con le forze più progressiste.
Di “Italia Viva” forse è bene dimenticarci. Il rottamatore può attribuirsi tutti i successi che vuole, ma non possiamo rilevare che ora paga lo scotto per i suoi intrighi di palazzo.
Che cosa possiamo dire di questo governo? Al momento in cui scriviamo non conosciamo il programma e le priorità. Non mi pare che se ne possa individuare uno migliore. Certamente la Politica da questa crisi esce piuttosto malandata, ma essa è lo specchio del parlamento e frutto delle scelte degli italiani. La politica ha toccato il suo punto più profondo di stanchezza, di crisi di identità, di auto-discredito. I cittadini hanno preferito nelle ultime elezioni sostituire il faticoso esercizio della scelta oculata con la comoda acquiescenza a chi ha promesso di tutto, anche l’impossibile E questo è il risultato! Dovremo tutti ricordare che “il tiranno si mantiene al potere fino a quando glielo permettono i suoi sudditi” (Platone).
Il governo Draghi dovrà assumersi il rischio di andare “oltre” le polemiche ideologiche e di attuare quelle riforme impopolari che l’Europa ci chiede. Dovrà combattere il virus Covid, ma anche quello dell’indifferenza, dell’egoismo individuale, dello scetticismo. Dovrà assumere in sé l’audacia per non lasciarsi modificare dalla contrarietà, restare deciso nelle decisioni prese collegialmente, e la chiarezza nelle scelte, parlare con franchezza ai cittadini perché la politica è un onore: è giusto che tutti ne prendano parte; è un peso: è giusto che tutti ne portino un poco.
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