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Società

UN CRISTIANO SPECIALE

LUCA COTTINI - 19/02/2021

giampaoloA un anno dalla scomparsa di Giampaolo Cottini, lo ricorda uno dei figli a nome dell’intera famiglia.

A casa nostra nomi come De Lubac, Von Balthasar, Guardini, Giussani, Ratzinger erano ricorrenti nelle conversazioni come quelli dei grandi calciatori e sportivi. Ne sentivamo parlare nelle innumerevoli cene con preti, professori, studenti e amici che regolarmente transitavano sulla tavola di casa, sempre imbandita di cibi e idee. Confesso che da bambino quelle non erano esattamente le serate ideali (il permesso di lasciare la tavola dopo il dolce era spesso accolto con sollievo), ma tanto più mi accorgevo che la vita non si poteva più osservare dal balcone, tanto più mi sono accorto, a volte anche grazie al commento esplicito di qualcuno, che queste persone non venivano a casa nostra per ascoltare una lezione o a intrattenersi in dispute filosofiche, ma venivano invece a cercare l’intelligenza amorosa di mio padre e mia madre. Venivano a cercarli, come quando si sa che lì, in quel posto, si può ritrovare la vita. Come pensiero, desiderio, affetto, freschezza, godibilità dello stare al mondo. C’era tutto in quegli incontri, e solo dopo che sono partito, quando anch’io mi sono seduto a quella tavola da ospite accolto e amato, ho capito quanto speciale fosse la Presenza che mio padre emanava dagli occhi, dalla bocca, dal cuore.

Ora anch’io faccio il suo mestiere e, al risentire i nomi dei suoi maestri, rivedo con stupore la sua collezione di volumi, encicliche, saggi che lui sapeva citare spesso a memoria. Ma soprattutto rivedo il suo sguardo amante, che non riduceva tutto a una sterminata cultura o a una mera questione intellettuale, ma che sapeva godere di ogni istante, di ogni rapporto e di ogni volto con cura appassionata e zelante. Papà era un filosofo, perché letteralmente ‘amava la saggezza’, ma era filosofo anche perché, come Salomone, l’unica cosa degna che ha chiesto sempre in dono a Dio era la sapienza, come sapere sì (conoscenza, scientia), ma anche come sapere di, come gusto e diletto infinito di esserci. La sua fede nasceva da questo dono-promessa, di cercare ogni giorno la verità, di trovarla come rapporto, di darle forma con le parole e nella vita. Nasceva dalla saggezza profetica di chi si sa oggetto di un sacramentum, di quel giuramento di fedeltà che un tempo i generali romani scambiavano con i loro soldati, che per lui nel Battesimo era diventato certezza cosciente che mai, ovunque fosse andato, il Signore l’avrebbe abbandonato. E la sua storia di grazia glielo ha sempre mostrato, dal cammino matrimoniale con Angela al maturare del rapporto con i figli, dalla compagnia serena dei nipoti al cammino paziente con la malattia che, come osava dire, lo aveva ‘visitato’.

Quello che rendeva papà speciale, quello per cui la gente lo cercava, non erano la sua cultura o le sue idee, e in fondo neanche la travolgente carità dell’intelligenza con cui si prodigava a condividere il bene prezioso del capire, ma la sua gioia profonda, che si faceva largo dentro le vite di chi interagiva con lui come ironia sottile, come indomita pazienza, come sguardo magnanimo, come coscienza incoraggiante di sapere tutto e tutti in Buone Mani. Papà era un cristiano speciale perché era un uomo vero, non scisso in due tra quello che diceva e quello che faceva, ma polifonico, come amava ricordare, capace cioè di riannodare sempre tutti i fili della vita ad Unum, a quel Cristo amato e incontrato come fonte della gioia. Di questa gioia viva e ancora manifesta nei suoi testi, nelle sue lettere, nei suoi articoli, continuiamo ancora a godere, anche ora che la sua tavola imbandita è il pezzo di cielo che continua a condividere con noi.

Martedì 2 marzo alle 20.30 nella basilica di San Vittore sarà celebrata una messa in suffragio di Giampaolo Cottini

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