Quando ho conosciuto Ottavio Missoni per me il nome Missoni evocava solo un brand famoso: nulla sapevo della sua vita e ne ignoravo la genialità artistica. L’occasione fu la prima conferenza dei profughi giuliano-dalmati dopo l’istituzione del Giorno del Ricordo, approvato dal Parlamento nel 2004, che ha permesso agli Italiani di conoscere, come si legge nella dichiarazione del presidente Mattarella del 10 febbraio 2020, “una pagina tragica della nostra storia recente, per molti anni ignorata, rimossa o addirittura negata: le terribili sofferenze che gli Italiani d’Istria, Dalmazia e Venezia Giulia furono costretti a subire sotto l’occupazione dei comunisti jugoslavi… Si deve soprattutto alla lotta strenua degli esuli e dei loro discendenti se oggi, sia pure con lentezza e fatica, il triste capitolo delle Foibe e dell’ esodo è uscito dal cono d’ombra ed è entrato a far parte della storia nazionale, accettata e condivisa. Conquistando, doverosamente, la dignità della memoria, anche se esistono ancora piccole sacche di deprecabile negazionismo militante”.
Ottavio Missoni era tra questi esuli. Impossibile non subire il fascino del suo parlare, anzi ‘ciacolar’ nella lingua armoniosa e dolce delle terre Venete, mentre narra dei suoi amici istriano-dalmati.
Compirebbe oggi cento anni e a Gallarate il Ma*ga festeggerà il centenario collocando nella Sala degli Arazzi, spazio-simbolo del museo sin dal 2015, anno della mostra sullo stilista-artista altre opere accanto ai già presenti suoi famosi arazzi, composti da ‘ritagli di maglia colorata che illustrano memorie in una dimensione poetica e felice’.
Missoni nato l’11 febbraio del 1921, a Ragusa, ora chiamata Dubrovnik, trascorre l’ adolescenza a Zara, in Dalmazia, una terra appartenuta alla Repubblica Veneziana che ne ha conservato cultura, forme architettoniche, lingua – tutte la classi sociali parlano in veneziano -nonostante i tentativi di ‘croatizzazione’ attuati già dal 1866 da Francesco Giuseppe l’imperatore d’Asburgico che aveva imposto direttive pesanti, dopo la sconfitta subita nella guerra Austro-prussiana dall’Italia: “…si agisca in modo deciso contro l’influenza degli elementi italiani presenti in alcune regioni della Corona e, occupando opportunamente i posti di impiegati pubblici, giudiziari, dei maestri come pure con l’influenza della stampa, si operi … in Dalmazia e sul Litorale adriatico per … la slavizzazione di detti territori”.
A Zara alterna lo studio agli allenamenti nella società ‘Ginnastica Zara’. Fisico asciutto, alto tenace inizia l’attività agonistica: eccelle nei 400 piani e nei 400 ostacoli; nel 1937 entra a far parte della Nazionale: ha sedici anni e vince il suo primo titolo; nel 1939 diviene campione mondiale studentesco. Scoppia la Guerra Mondiale, combatte in Africa; nel 1942 viene fatto prigioniero dagli inglesi: sarà ‘ospite di Sua Maestà Britannica’ in Egitto per quattro anni.
Ma nel 1946 quando viene liberato, non può più tornare a Zara, che non è più Italiana: vive a Trieste e a Milano. Partecipa ai Giochi olimpici nel 1948 a Londra, arriva in finale, conosce Rosita che diverrà sua moglie. Missoni sente tutto il peso dell’esilio imposto dagli stati vincitori nel secondo conflitto mondiale. La nostalgia della sua terra evoca il sentire foscoliano del ‘…ne più mai toccherò le sacre sponde…’ “Zara forse esiste ormai solo nel cuore e nel disperato amore dei suoi cittadini sparsi nel mondo”; la alterna alla speranza di un possibile ritorno “E io spero che questo Mare Adriatico, che per secoli ha unito le due sponde sia culturalmente sia economicamente, e che per più di 50 anni le ha divise, torni ad unirle nel millenario solco della cultura mediterranea”.
Missoni diviene ‘ stilista del colore’ restando sempre ‘dalmata’. La terra di Zara emerge nelle sue creazioni: della terra d’infanzia ha conservato una visione magica trasognata mai nostalgica o triste, che trasferisce nelle realizzazioni dal sapore fiabesco delle prove tessili. Emerge il ‘Fanciullino’ che ha in sé, a trasformare tessuti e abiti secondo una giocosità creativa in un mondo colorato comunicando una dimensione ottimistica della vita.
La creatività di Missoni si dilata: usa filati con accostamenti texture e combinazioni diverse, in mescola con assoluta padronanza della materia e della tecnica che si concretizzano in tessuti e maglie uniche sofisticate ricercate, frutto di un lavoro che è in primis l’espressione di una ricchezza interiore. Sono la concretizzazione del suo ‘modus operandi’ fuori dalle regole, di creare motivi a zig-zag, e strisce, onde, patchwork, geometrie e motivi floreali, con vivacità gioiosa. Nei suoi lavori c’è l’esplosione del colore che tinge la vita, anche la più grigia: è la reazione a tanto male subito a cui con tenacia e determinazione ha sempre reagito. Questo spiega il grande apprezzamento per Chagall, di cui ama la poetica fiabesca e l’amore per il colore. ‘Il colore è parte integrante del mio DNA ‘ mi ha detto Ottavio Missoni. ‘dalla Dalmazia, da Ragusa ho portato con me il blu e il rosso e l’arancio dei tramonti sul mare Adriatico, eroso dalle onde, il giallo e il marrone di rocce e sabbie; i neri che no pol mai mancare e si amalgamano a tutto e poi xè il viola, il mio colore preferito, in tutte le sue sfumature, che xè sempre presente ’.
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