“L’improvvisa ascesa dell’uomo che ha contribuito a salvare l’euro era una chimera per molti italiani frustrati da una coalizione paralizzata da scismi ideologici e incompetenza”.: così scriveva il “New York Times” il 3 febbraio scorso. “La politica in Italia: Draghi chiamato alla riscossa”. (“Le Monde”), Draghi è “la persona di alto livello” designata per formare il nuovo governo “il più presto possibile per rispondere ai vari compiti urgenti…l’entrata in campo di Draghi rafforzerebbe la posizione internazionale dell’Italia in un momento in cui il Paese detiene la presidenza del G20” (“Global Times”, organo di stampa vicino al partito comunista cinese). “Dopo aver ricoperto il ruolo di governatore, dovendo imporre termini e condizioni spesso difficili ai paesi dell’Europa meridionale in cambio di grandi prestiti o programmi di salvataggio, l’ex numero uno della BCE si trova davanti ad un’altra sfida” (Deutsche Welle). “Mario Draghi ha salvato ha salvato l’euro, ma riuscirà a salvare l’Italia dalla crisi politica?…Tutta l’Europa ha un interesse nelle fortune economiche dell’Italia, dato il gravoso debito pubblico del Paese e i sentimenti contrastanti del suo elettorato nei confronti dell’Unione Europea e dell’euro…[e considerato]che l’economia italiana ha registrato una contrazione più grave di quelle degli altri stati membri”. (“Wall Street Journal”, autorevole giornale finanziario americano). “Il nuovo primo ministro sarà incaricato di spendere i 200 miliardi di euro stimati in prestiti e sovvenzioni che l’Italia riceverà dal fondo di recupero Covid -19 dell’UE, in assoluto l’importo più alto del blocco. Se questi fondi, salutati come una prova cardine di solidarietà paneuropea, non riusciranno a scongiurare il declino economico pluridecennale dell’Italia, le conseguenze si faranno sentire ben oltre i propri confini”. (Financial Time).
Chiedo scusa ai lettori per le lunghe citazioni tratte dalla stampa internazionale. È mia intenzione tralasciare per un momento il cicalare di certa stampa, la supponenza di certi commentatori politici, la furbizia canagliesca di politici insipienti, l’improvvisazione menzognera di certi programmi televisive e lasciare il posto al “ragionare politicamente”, in spirito di dialogo che porti a ritrovare lo spirito di concordia e la volontà per continuare a vivere assieme sotto le stesse leggi.
È chiaro che la fine del governo Conte bis è stata decretata da un tatticismo politico che ormai aveva fatto il suo tempo. È lampante che i tentativi dell’ “esploratore” Fico siano naufragati a causa dei veti incrociati imposti dai partiti e dalle loro fazioni. Si è dichiarato così la fine della politica. E con essa è franato un sistema concentrato solo nelle mani di leaders, reso obsoleto dal vuoto di un populismo incapace di costruire, abile solo a guardare ai sondaggi e a far circolare notizie semivere o completamente false che hanno condizionato l’opinione pubblica.
In un nobile, apprezzato discorso alla nazione, il presidente Mattarella ha spiegato che, per evidenti ragioni legate alla pandemia, il voto anticipato non avrebbe potuto assicurare l’accuratezza dello svolgimento delle elezioni, oltre che nuocere alla salute degli elettori. Dopo poco, Mattarella convocava al Quirinale Mario Draghi al quale conferiva l’incarico di formare un governo “di alto profilo” e “non politico”.
Di quale autorevolezza goda Mario Draghi all’estero ne dà risalto la stampa citata all’inizio di queste note. “In Patria nemo propheta est” – potremmo dire di Draghi. In Italia dalla maggior parte della stampa era (prima della sua designazione!) benignamente bollato come “banchiere”, da altra come “tecnocrate”, da quella sempre ostile a tutti “difensore dei banchieri”, come se il protettore di una moneta non dovesse avere un’anima e l’umano andare oltre l’economia. L’economista Draghi ha una visione completa delle necessità dell’economia, fa delle scelte a volte dolorose per il bene di tutti. Vorremmo ricordare che Draghi non è un capo di un partito: avendo nel suo curricolo anni di studio, è competente nel risolvere le situazioni più complesse; non avendo interessi personali o di partito da difendere risponde solo alla sua coscienza, soprattutto quando non ha risposte certe che tutti vorrebbero avere; ha sempre condotto una vita sobria anche nella parola; è stato vigile nel difendere gli interessi di tutti e non di pochi; è un eccezionale mediatore che sa conciliare sostanziale uguaglianza fra parti diverse e fare sintesi nella ricerca di un luogo, appunto, “mediano”.
Che cosa si aspettano i cittadini italiani da un uomo così dissimile da tanti nostri politici?
Anzitutto che riordini il sistema emergenziale della lotta alla pandemia, valorizzando gli uomini migliori che la scienza del nostro paese gli mette a disposizione, ponendo fine al macchiettistico conflitto tra stato – regioni, accelerando la distribuzione dei vaccini.
In secondo luogo, Draghi dovrà presentare entro la fine di aprile i progetti per poter partecipare al piano Next Generation EU (Recovery Fund). Ad uso non certo dei nostri lettori, mai dei neofiti che nel giro di ventiquattro ore si sono convertiti alla fede europeistica, sarà bene precisare che questo piano rientra nel bilancio settennale della UE che ammonta a 1.824,3 mld di euro versati dagli stati membri. Da questo bilancio ben 750 mld sono destinati al piano: 390 mld come prestiti a fondo perduto e 360 come prestiti che l’UE garantisce con l’emissione di titoli obbligazionari europei che rimborserà in trent’anni a partire dal 2028.
Dei 750 mld di tale piano all’Italia toccherà la “fetta più grande”: circa 83 mld a fondo perduto e 127 come prestiti da rimborsare a tassi infimi. Questa ingente somma di soldi ha già attirato l’appetito di molti nostri politici, ma l’UE ha posto dei “paletti”: i progetti, che ogni stato membro dovrà presentare per poter usufruire delle risorse ad esso concesse, saranno tenuti a rispettare questi sette ambiti di spesa: ripresa e resilienza, politica di coesione, ricerca e innovazione, investimenti, sviluppo rurale, transizione per l’uscita dai combustibili fossili, protezione civile. Tradotto dall’eurocratese: modernizzazione e digitalizzazione delle imprese, ricerca e innovazione, infrastrutture, riforma degli ammortizzatori sociali, contrasto al degrado ambientale…Si mettano il cuore in pace coloro che intendono spendere queste risorse per soddisfare il tornaconto di piccole necessità domestiche: ogni progetto presentato sarà attentamente vagliato dalla Commissione Europea. L’uomo che ha salvato l’euro e ora è chiamato a salvare l’Italia da se stessa è l’uomo giusto al posto giusto!
L’Europa ha dimostrato solidarietà. L’Italia dovrà rispondere a questa comunanza con l’impegno di non sperperare nemmeno un euro. La Commissione controllerà, ma tutti i Paesi guarderanno a noi perché lo sviluppo del nostro Paese influenzerà tutte le economie europee. Dato il gravoso debito pubblico, dovremo contribuire con riforme strutturali e con una drastica revisione della spesa pubblica che assicurino i nostri partners sulla nostra buona volontà di contribuire alla costruzione di un’Europa coesa, prospera, arricchita di una migliore qualità della vita, resa più conviviale.
La crisi sanitaria, economica e sociale ha condotto alcune forze politiche – chi per convinzione, chi per convenienza – ad una metamorfosi imposta non solo dalla drammaticità del momento, ma anche dalla fine del trumpismo. Questa metamorfosi inciderà anche sul quadro politico interno.
Ma di questo parlerò nelle note del prossimo numero.
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