Opinioni

QUEL TELO

GIOVANNA DE LUCA - 29/01/2021

Nell’ormai lungo periodo di sventure e guerre sparse che abbiamo attraversato, molte volte ci siamo commossi e anche arrabbiati di fronte all’impotenza dei nostri sentimenti: a cominciare dalla bambina che corre della guerra del Vietnam, per arrivare alla lacerante visione del bambino siriano morto sulla spiaggia e recentemente al corteo di carri con i morti per Covid, cupa processione notturna. E certo pecco per dimenticanza.

Perciò sento di dovere un immenso grazie al regista Tornatore, uomo sensibile oltre che grande artista, per lo spot suo che stiamo in questi giorni vedendo in TV.

Quel telo trasparente che impedisce il contatto fisico dell’abbraccio tra una madre malata di Covid e una figlia che va a trovarla e nel contempo lo consente in un viluppo di braccia difese mi ha profondamente colpito. Perché qui non solo di morte si tratta, ma anche e più di speranza, come se dicesse che l’amore si può sempre in qualche modo salvare. E non importa se lo spot è stato voluto per promuovere la vaccinazione (come si sa e si evince dalle ultime parole dette al saluto dalla madre), per come l’ho inteso importa che Tornatore è riuscito a toccare il punto più fondo del nostro essere umani. Due elementi ci caratterizzano: il bisogno ineludibile di “pienezza” del nostro mondo affettivo e l’impossibilità di realizzarlo, spesso per colpa nostra o degli eventi contrari. Quel telo per me rappresenta l’ostacolo, di qualsivoglia natura, di tale realizzazione, ma paradossalmente anche il modo per tentare di superarlo.

Perché c’è nel fondo di noi qualcosa che lega in un unico nodo bene e male, tenerezza e arroganza, bisogno di fusione con l’altro e atteggiamenti di ripulsa.

In questo modo simbolico ho interpretato quello spot, forse uscendo dalle righe pertinenti. Ma mi ha tanto colpito, che dovevo scriverlo.