Tra le riflessioni di questa settimana, in occasione del Giorno della Memoria (il 27 gennaio, data in cui nel 1945 dalla sessantesima armata sovietica vengono abbattuti i cancelli del campo di sterminio di Auschwitz), è uscita una interessante proposta della casa editrice Giuntina.
Saul Meghnagi (pedagogista, già presidente dell’ISF Istituto superiore per la formazione e componente per anni del Comitato scientifico del Museo Nazionale dell’ebraismo italiano di Ferrara) e Raffaella Di Castro (docente di Psicologia e filosofia della memoria alla Sapienza di Roma) hanno coordinato il volume “L’ebreo inventato” con il sottotitolo “Luoghi comuni, pregiudizi, stereotipi”.
Per comprendere meglio l’antisemitismo, per analizzarlo in modo competente al di là dei luoghi comuni, gli autori hanno raccolto i contributi di numerosi studiosi di diverse discipline, per rispondere alle domande che ancora spesso continuano a far parte, a volte da secoli, di un approccio distorto al mondo ebraico.
“Gli ebrei sono diversi, avari, chiusi”, si sente dire. Oppure “La colpa degli ebrei è di aver ucciso Gesù”, è tra le più antiche affermazioni. E ancora: “Il Dio degli ebrei è un Dio vendicativo” oppure “Gli ebrei si considerano superiori”, “Manovrano tutta l’economia mondiale”. E così via.
A queste e a molte altre affermazioni rispondono in modo dettagliato studiosi come David Bidussa, Roberto Della Rocca, Raffaella Di Castro, Riccardo Di Segni, Fiona Diwan, Daniele Garrone, Davide Jona Falco, Gadi Luzzatto Voghera, Livia Ottolenghi, Claudio Vercelli.
Scrive Meghnagi: “Per rivelare i ragionamenti capziosi che sorreggono ogni falsa rappresentazione del mondo ebraico, è fondamentale ricostruire la genesi e il contesto storico di ogni singolo pregiudizio, chiarirne i meccanismi, mostrarne le contraddizioni”.
Per questo “L’ebreo inventato” è uno strumento utile per capire, per ragionare. Riflettere in occasione del Giorno della Memoria è anche questo: “È un modo per costruire e promuovere nel nostro Paese percorsi interessanti e necessari di educazione civica. Il caso della minoranza ebraica ha infatti un valore emblematico che può contribuire alla conoscenza, al riconoscimento e al rispetto delle pluralità che compongono il laboratorio di convivenza di ogni democrazia”.
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