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Opinioni

IL ME SENZA IO

VALERIO CRUGNOLA - 29/01/2021

Angelo Morbelli, Giorno di festa al Pio Albergo Trivulzio

Angelo Morbelli, Giorno di festa al Pio Albergo Trivulzio

L’esperienza dell’Alzheimer degli altri è devastante.
Come la propria morte, nessuno può esperire il proprio Alzheimer. Ma tutti sappiamo che la morte è inevitabile ed è il non essere assoluto senza ritorno, mentre la morte della mente nell’Alzheimer – il precipitare in una fragile vegetatività senza più coscienza, e anch’essa senza ritorno – è una spada di Damocle, una probabilità che cresce in modo direttamente proporzionale all’allungarsi della sopravvivenza, al ridursi della socializzazione, al declino delle funzionalità cerebrali, al finire di molti anziani ai margini della vita.
La relativa solitudine nell’anno del Covid è stata per me un ulteriore campanello d’allarme. A quanto so anche di altri, abbiamo continuato a immaginarci attivi ma siamo stati costretti a constatare una sorta di rassegnazione ad una deriva inerziale nella svogliatezza, nella trascuratezza di sé, in una saturnina melanconia senza più creatività: uno stato di stanchezza cronica, di abulia e persino di prostrazione.
Infine, ho compreso esistenzialmente quello che è facile capire da fuori, quando si è coinvolti solo in un esercizio teorico, ma che appunto non è ancora un vissuto.
Le vittime dell’Alzheimer sono le persone più prossime al malato, ancor più del malato stesso. La loro vita si deforma nello spazio, nel tempo e nella colonizzazione delle emozioni, delle preoccupazioni e delle ansie. La malattia fa implodere il soggetto ma sottrae energia ai sani: li tritura, li mastica e li inghiotte.
Ho disposto due decisioni che imporrò a chi erediterà la cura del mio albero invecchiato e malfunzionante come un ulivo divorato dalla xilella.
Non voglio che quel me senza più io gravi sugli altri. Non parlo solo di persone amate o care. Includo negli altri anche le istituzioni impersonali.
Non permetto a Toti di dire che sono improduttivo. Decido io se voglio o non voglio far gravare sul bilancio dello Stato il mio vegetare. Nessuno può scegliere per me, sia per la mia fine che per il mio seguitare a vegetare. Siamo una società plurale, liberale. Ho i miei valori morali, nessuno può imporre i suoi a chi non li condivide, e nessuno può accusarmi di immoralità o di empietà.
Ho deciso così di obbligare i miei custodi a procedere subito, ai primi segnali della malattia, a ricoverarmi. Le istituzioni di assistenza sociosanitaria agli anziani irreversibilmente malati non sono più quegli abissi di degrado magistralmente dipinti da Angelo Morbelli.
Se però dovessi aggravarmi fino allo stato vegetativo, non voglio più essere di peso né a ciò che resta di me né a chi deve occuparsi di quel corpo che ancora respira.
L’Italia è ancora sottoposta a logiche integraliste e illiberali (non importa se a danno di maggioranze o minoranze). Non è consentito ricorrere al suicidio assistito.
In caso di Alzheimer, sarò costretto a pretendere che il mio vegetale sia portato in un paese rispettoso del pluralismo perché quel che resta di me sia finalmente liberato dalla sofferenza di una vita senza più luce, senza più coscienza, senza più pensiero, senza più margini di autodeterminazione, senza più risa, senza più gioia, in balìa della cieca necessità.

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