Qualche giorno fa il cardinale Bassetti ha ammonito dal parlamentino della Cei: l’Italia deve andare oltre. Eccola, la parola chiave della crisi politica: oltre. Procedere di là dal consueto, guadare il fiume del mercato bottegaio, alzare dignitosamente sguardo, prospettiva, orizzonte. Cioè: cambio di meta e compagnia, mappa d’un percorso nuovo, aggregazione delle saggezze. Alias: auspicio della convergenza nazionale per fronteggiare il drammatico momento.
Servono le migliori intelligenze, un disegno chiaro, la fiducia dei cittadini. Ai quali ormai non importa più di spaccarsi tra tifosi di sinistra e di destra. Importa di venir fuori dal morbo e di rientrare nel lavoro. Molti han fatto ingresso nel primo e dovuto lasciare il secondo.
Com’è raggiungibile lo scopo? Non tramite un governo raffazzonato, fragile, senz’autorevolezza, schiavo del voto di ricatto d’un singolo socio o dell’autoreferenzialità da iperpremier. La soluzione appare diversa e in fondo semplice: un governo che sia espressione della maggioranza appena dissoltasi e associ rinforzi utili a modellarne un profilo autorevole. Dentro e fuori il Paese.
In concreto, nell’attesa che Fico svolga il mandato esplorativo affidatogli da Mattarella: o Conte di nuovo leader, riaggiustati i cocci della disputa innescata da Renzi e ottenuto l’aggiuntivo sostegno parlamentare dei responsabili/centristi; o un altro al posto suo, con simile squadra di partenza, da ampliarsi qualora Berlusconi molli Salvini e Meloni. Non appare un’ipotesi così peregrina. Già accadde in passato, ai tempi dei governi Dini e Monti e Letta, che il centrodestra si dividesse a Roma non causando danni esiziali nelle periferie. Idem quando Salvini strinse il patto con Di Maio battezzando l’esecutivo gialloverde e il Cavaliere ne restò fuori. Perché non potrebbe succedere ancora?
La cosiddetta maggioranza Von der Leyen che l’Italia ha schierato a Bruxelles (Pd, Cinquestelle e Forza Italia) ha titoli per il replay in patria. Con Renzi utile, ma non determinante. Dall’estero sollecitano la fotocopia, comunicando che questo è il cleavage indispensabile ovvero la linea al tempo stesso di frattura e ricomposizione da raggiungere. Attorno vi s’intravede solo la catastrofe economico-sociale. Del resto quando Conte propone un’alleanza di salvezza nazionale, a che cosa si riferisce se non a una soluzione di tal genere? L’ancoraggio all’Europa è fondamentale, per non perdere sciaguratamente i soldi della ricostruzione.
Che sia ineludibile una strategia di sistema lo dovrebbero capire i sovranisti, anziché reiterare la lagna irresponsabile (essa sì) delle elezioni anticipate. Giorgetti lo spiega ogni giorno a Salvini. Quanto al buon utilizzo dei finanziamenti del Recovery, nulla vieta l’adozione d’una garanzia a uso dei sospettosi di sinistra e di destra: il supporto al nuovo governo di un’autorità terza, neutra, di prestigio. Aiuterebbe ad aver coraggio anche nella scelta di qualche ministro d’eccellenza, del quale abbiamo un bisogno disperato. Uguale a quello di rimuovere tra i leader politici la schadenfreude, il godimento per le disgrazie altrui. L’Italia deve andare oltre. Come ha ammonito qualche giorno fa il cardinale Bassetti dal parlamentino della Cei.
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