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Noterelle

MACHIAWELL

EMILIO CORBETTA - 22/01/2021

trumpÈ comparso un nuovo termine nel nostro vocabolario quotidiano: “trumpismo”. Inutile metterci a spiegare quale personaggio ne è l’ispiratore. Viene invece da chiederci se il comportamento definito da questo nuovo termine è caratteristico solo del “padre fondatore” o invece è fenomeno molto più diffuso. Certamente le caratteristiche fondamentali, potenti, esuberanti, apparentemente originali, ci sono solo in lui, il maestro, ma imitatori, soggetti alla sua sequela ce ne sono molti altri.

Ma perché nel nostro parlare compaiono sempre più spesso termini nuovi? Gli eventi che si verificano in una società, a seconda della loro gravità, delle reazioni emotive che suscitano, fanno sì che nel linguaggio comune si introducano neologismi, deformazioni di parole esistenti, cambiamenti di significati, termini stranieri ed altro. Va a finire che un vocabolo assume contenuti tali da lasciare nell’inconscio collettivo tracce persistenti di sofferenze ed angosce vissute e quindi incancellabili. Molto spesso le parole dicono assai più del loro significato perché si arricchiscono di altri e nuovi contenuti sintetizzati nella parola stessa.

In questi giorni uno degli eventi che ci ha sconvolto emotivamente è avvenuto negli “States” e, visto in diretta TV, ci ha resi perplessi anche perché da qualche anno succede che in un paese caratterizzato da fondamentale puritanesimo, da esigenza esasperata di correttezza, dove un presidente avrebbe rischiato “l’impeachment” se avesse negato d’aver commesso una sporcaccionata con una giovane stagista, al contrario al profeta trumpista è stato concesso di tutto e di più: scorrettezza negli affari, conflitti d’interessi, espliciti insulti agli avversari, bugie su bugie (qualcuno s’è preso la briga di contarle ed è inoltre evidente che il “non fare falsa testimonianza” è meno grave di “non commettere atti impuri”) aggiungiamo poi elusione fiscale, spreco di denaro altrui e tante altre imbrogliate nel campo finanziario.

Ma torniamo a richiederci: di trumpisti nel boschetto politico italiano ve ne sono? Sì, parecchi! Non con la potenza originale dell’ispiratore ma abbastanza vicini. Si giustificano dicendo che in politica tutto è lecito, attribuendo tale affermazione vecchia di secoli al Machiavelli, smentita però da studiosi del pensiero dello stesso. Il trumpismo è un comodo modo di agire che crea vantaggi personali ma danno a molti cittadini. Ciò che indebolisce i nostri è la scarsa sfumatura bronzea presente nel volto dell’autore principe per cui, prima di contraddire l’appena detto, lasciano passare qualche giorno o, nel timore di buona memoria negli ascoltatori, addirittura qualche settimana. Lui no! Dopo qualche ora o addirittura solo dopo qualche minuto cambia tutto, senza alcuna preoccupazione, nella certezza che lo scompigliare continuamente le carte porta ad un risultato pagante.

Gli abili trumpisti sono forti in questa capacità e non si preoccupano delle critiche, certi di essere gratificati dai sostenitori sempre molto numerosi nella foresta politica d’oltreoceano, mentre nel nostro boschetto ci vuole un pochino di maggiore correttezza, anche se i disattenti sono tanti. Botanici politici hanno notato che nella grande foresta americana i principi fondamentali sono molto in crisi, con conseguente mancanza di rispetto per la vita altrui, sfiducia nei confronti della scienza, scorrettezza sistematica nella finanza, incapacità a difendere i deboli, violenti rigurgiti di intollerante razzismo e così via.

I semplici, coinvolti in timori “di pelle” o di “pancia”, vedono nell’arte del trumpismo, che supera la dubbia cultura del sovranismo, del razzismo, dei vecchi nazionalismi, dei “confini sacri” confermati con muri, maggior sicurezza senza rendersi conto che lo stravolgimento delle carte velocemente può rivolgersi contro loro stessi, come quanto visto ha dimostrato. “Non mi servite più, abbiamo fatto il disordine che volevamo, ora basta, lasciate perdere”. Ma quattro, anzi cinque sono morti: è vero. Impietoso silenzio!

Il trumpismo è pagante solo per chi si dedica “con coerenza, anzi con la massima incoerenza” a sviluppare quest’arte che vuole assenza di senso morale, uso e non servizio nei confronti dei sostenitori, capacità di rompere l’unità di una nazione o almeno di un partito, calpestare i valori fondamentali del civismo, calpestare l’etica, la correttezza, avere una carica di paranoia nei confronti di avversari politici da annullare con qualunque tecnica, dall’insulto, all’attribuzione di atti scandalosi mai commessi (in certe nazioni si arriva all’arresto) all’attribuire difetti fisici e psichici non esistenti, al mettere in dubbio documenti o fatti dichiarandoli falsi. Fondamentale essere razzisti: il trumpismo d’oltre oceano si scatena contro i messicani, da noi contro gli immigrati prevalentemente africani. In sintesi: il razzismo è arma politica senza preoccuparsi delle conseguenze umane.

Se ai nostri giorni ci fosse Dante dovrebbe fare un nuovo girone nel suo universo.

Ci hanno fatto vedere “l’antesignano” che gioca a golf: ma almeno in questo gioco le regole le rispetta?

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