La crisi del Conte due si è rivelata per quello che molti temevano: una crisi pressoché al buio, cioè dall’esito incerto fino all’ultimo brivido. Dire diversamente perché il governo non è stato sfiduciato è un atto di fede che non mi sento di fare.
Davvero incomprensibile questa crisi. Le ragioni per discutere il discutibilissimo Recovery Plan di CONTE, compresa la sua governance, c’erano tutte. Così come appariva evidente l’eccessivo accentramento su Palazzo Chigi di responsabilità e compiti che sarebbe stato meglio condividere di più con le forze politiche che lo avevano confermato proprio con questa premessa.
Ma perché, nel momento in cui un significativo cambiamento di progetto e di governance sui fondi europei (e su altri problemi) era stato raggiunto, Renzi ha voluto stravincere con il risultato di perdere lui e di far perdere all’Italia quel poco di stabilità e quella credibilità internazionale che si era conquistata? In politica il senso del limite è semplicemente buon senso.
Cito come esempio il MES che è stato un capitolo molto tormentato e istruttivo della controversia. Sarebbe (stato) giusto prenderlo già qualche mese fa ma ha senso metterlo fra i punti indiscutibili per non provocare la crisi quando il partito nettamente più forte del governo non lo vuole affatto? E quando non esiste nemmeno lontanamente una qualsiasi maggioranza in grado di approvarlo?
A proposito del MES, pensare alla stampella berlusconiana sapendo che Forza Italia non può rompere con Salvini e Meloni significa non rendersi conto di quanto vitali e decisivi siano i loro rapporti nelle Regioni e nelle grandi città. Un’altra necessaria riflessione nel campo dell’attuale maggioranza sul fatto che la totale divaricazione fra alleanze sul territorio e governo nazionale è una palla al piede di chi la persegue. Una riflessione strategica che riguarda il presente e il prossimo futuro.
Ora non resta che attendere che si formi un quarto gruppo politico che sostituisca Italia Viva. Le alternative (in politica è sempre questo il terreno del confronto) sono scarse e poco credibili. Non lo è il “governissimo” che sommerebbe confusione a confusione e contraddizione a contraddizione.
Non lo sarebbe nemmeno il ricorso alle urne nel pieno della pandemia. L’Europa ci attende al varco per il Recovery Plan. Non è solo una questione di “visione” come quasi tutti noiosamente ripetono. Si tratta anche di attrezzarsi per far fronte ad un’impresa colossale che sarebbe estremamente ardua durante una feroce campagna elettorale.
Molti nel centrosinistra e nei cinquestelle sono perplessi o apertamente contrari alla quarta gamba della maggioranza se rappresentasse il fulcro del futuro partito di Conte. Penso invece che possa essere un sentiero impervio ma necessario per attrarre gli indecisi e gli incerti offrendo loro una prospettiva politica. Non mi convince il ritorno al sistema proporzionale ma lo riterrei accettabile come ancora di salvezza per i piccoli partiti di cui in questo momento c’è bisogno.
Per quanto mi riguarda, fra qualche voto in più al Pd e l’irrobustimento di un insieme di forze politiche che battano la destra sovranista e nazionalista preferisco la seconda ipotesi.
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