Non posso non sentirmi coinvolta come insegnante nel dibattito sulla scuola che dopo anni di silenzio sembra diventata il perno, il punto focale della nostra società. Ci sarebbe da chiedersi anche come mai non lo sia stato prima e come mai, improvvisamente, lo sia diventata proprio adesso.
Mai come in questo periodo sto assistendo ad una umanità spaccata, divisa, lacerata tra due estremi opposti che si combattono : no vax e fautori del vaccino che si condannano reciprocamente e si giudicano, sostenitori della didattica a distanza e sostenitori di quella in presenza. Di fatto non c’è dialogo tra entrambe le parti, ma solo una condanna reciproca che non porta a nessuna soluzione. Io ricordo che solo fino a due anni fa era tutto un inneggiare alla didattica digitale e un condannare gli insegnanti, tra cui la sottoscritta, che non avevano alcuna dimestichezza con questi strumenti .
Gli insegnanti sono dei reazionari, non sono al passo coi tempi, la didattica tradizionale è noiosa, poveri ragazzi. E avanti con i PowerPoint, corsi di aggiornamento noiosissimi sull’informatica, corsi sulle flipped classroom che alcuni paesi europei adottano pare con grande successo.
Io non ho mai amato questa didattica e mi ci sono adattata con enorme sforzo, consapevole della gravità della situazione. Mi augurerei di tornare ad una scuola in presenza, ma il punto è che bisogna riflettere sul senso della parola presenza. Perché ci sia una presenza ci dev’essere anche una qualità , e della qualità si parla poco. Di fatto questo periodo è stato tutto una rincorsa ai programmi, alle interrogazioni e ai voti, quando avremmo invece dovuto ripensare completamente al modo di fare didattica con laboratori di lettura, di scrittura, approfondimenti di qualche argomento E adesso, se tornassimo in presenza, cosa faremmo? La stessa cosa, con aggiunta di mascherine, gel disinfettanti, termoscanner e controllo alla Gestapo sui comportamenti degli studenti .E sono certa che ci sarebbero altre manifestazioni, altri scioperi, come a settembre, con studenti esasperati dal fatto di tornare a casa tardi, di non poter studiare e fare i compiti.
Io non ho una soluzione. Mi rendo conto che qualunque soluzione inevitabilmente comporta dei disagi. Sono pronta a rientrare se si dovesse e non protesterei se dovessi insegnare d’estate. Mi auguro soltanto che quando questa emergenza sarà finita, come spero, sulla scuola non cali il silenzio, come purtroppo succederà.
Chiara Bortoluzzi, docente di lettere presso Istituto Magistrale A.Manzoni di Varese
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