Il 7 gennaio 2018 è una data da ricordare a caratteri cubitali nella storia delle infrastrutture ferroviarie del varesotto, del comasco e del Canton Ticino. È il giorno del via libera ai treni tra Como, Mendrisio, Varese e Malpensa dal giugno successivo. Fanno bene quindi i media locali a ricordarla ora che, con l’aggancio ad Alptransit e la recentissima entrata in servizio del tunnel di base del Monte Ceneri, anche l’Insubria targata Varese risulta collegata direttamente al centro Europa via Zurigo e Basilea con tempi di viaggio assai ridotti (RMFonline del 18/12/2020).
Dopo ben più di un secolo si è rotto l’isolamento ferroviario a cui erano state condannate le due linee, Stato e Nord, che a partire dagli anni 1885/’86 avevano servito la città giardino e che un ruolo importante hanno svolto nella sua crescita economica. Almeno fino alla seconda guerra mondiale. Arrivare all’oggi del passaggio a Nord verso il cuore dell’Europa è stato però tutt’altro che semplice. Dall’idea iniziale, formulata da un comitato svizzero nel 1987, per una bretella tra Arcisate e Stabio finalmente realizzata tre anni fa, sono passati la bellezza di 31 anni, dei quali gli ultimi dieci, quelli della fase esecutiva dei lavori, trascorsi tra alti e bassi incredibili.
Da un lato facili e strumentali ottimismi di uomini politici della Regione Lombardia in competizione con gli omologhi svizzero-ticinesi, dall’altro la realtà di un approccio quanto meno approssimativo se non negligente. Prova ne sia che nessuno, nel corso dei sondaggi preliminari, si era reso conto della massiccia presenza di terre all’arsenico non riutilizzabili nel corso dei lavori e da trattare in sede di smaltimento con particolari e costose attenzioni. Fu questo l’oggetto del contendere che portò alla rottura tra RFI (Rete Ferroviaria Italiana) e la ICS Grandi lavori del gruppo Salini. Quest’ultima facendo leva sulla “novità” arsenico puntava su nuovi, robusti preventivi di spesa.
A quel punto l’intera Valceresio visse un momento di drammatico sgomento. La rescissione del contratto da parte delle ferrovie implicava una nuova gara d’appalto. Dopo due anni di stallo, con i territori di Induno e Arcisate sottosopra e le rispettive viabilità in crisi profonda, l’affidamento dei lavori toccò all’impresa Salcef, specializzata nel ramo ferroviario. Era il gennaio 2016. Un risultato raggiunto soprattutto grazie ai due sindaci: Angelo Pierobon (Arcisate) e Marco Cavallin (Induno Olona) tutt’ora in carica, rispettivamente di centrodestra il primo e del Pd il secondo. Con senso civico e pragmatismo operativo riuscirono, sollecitando le rispettive catene di riferimento istituzionale, a convincere ministri, sottosegretari, alti burocrati delle ferrovie e assessori regionali a porre rimedio a una situazione che sembrava avviata a un punto di non ritorno e ad essere iscritta a pieno titolo nel ricco albo d’oro delle incompiute nazionali.
Fu una vittoria dei territori, della gente che si rendeva conto di essere di fronte a una sfida decisiva per la mobilità dell’oggi e del domani e che sostennero l’operato dei loro amministratori. Ne seguì una grande volata per recuperare, almeno parzialmente, il terreno perso mentre dall’altra parte del confine il ramo di competenza elvetica, peraltro breve e di più semplice fattura, era stato completato nei tempi previsti. Con la consueta abilità sfoggiata nelle emergenze, si costruirono in poco tempo la bellezza di due gallerie a Induno e al Gaggiolo, entrambe di circa un chilometro, più un viadotto alla Bevera di 438 metri. Non altrettanta lena fu invece messa nella realizzazione delle cosiddette opere di compensazione ambientale e di ristoro per i disagi sopportati per anni dai residenti. Opere concordate coi comuni solcati dalla nuova infrastruttura.
A tutt’oggi a Induno non vi è traccia della pista ciclopedonale che dovrebbe essere costruita sul vecchio tracciato ferroviario e che, come sostiene il sindaco Cavallin, “sarà una svolta storica per la mobilità del paese”. In lista d’attesa sono pure alcune asfaltature e la gestione della stazione compreso il parcheggio. Stessi problemi ad Arcisate dove peraltro le ferrovie hanno costruito in località Baranzello una bretella stradale che consente ai frontalieri diretti al Gaggiolo di evitare l’attraversamento di Brenno Useria.
Anche Bisuschio lamenta ritardi e inadempienze mentre Cantello starebbe per firmare una convenzione in virtù della quale la gestione del grande parcheggio a pochi metri dal valico stradale passerebbe al Comune. Un passaggio di consegne quanto mai auspicabile vista l’incuria e il disordine in cui versa il terminal automobilistico più usato, lungo la linea, dai frontalieri. Sia pur in ordine sparso anche la gestione delle dei servizi presenti nelle altre stazioni (ascensori non funzionanti, bagni regolarmente chiusi, biglietterie e bar a singhiozzo dove esistono) è destinata a passare nelle mani dei Comuni.
Speriamo sia la strada giusta perché non è sufficiente garantire la regolarità dei treni, ma è anche necessario assicurare alle strutture e a chi le utilizza (3150 i passaggi giornalieri a Stabio confine!) accoglienza e decoro.
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