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Cultura

ARIA DI CERA

CARLO MEAZZA - 08/01/2021

Franco Loi (foto di Carlo Meazza)

Franco Loi (foto di Carlo Meazza)

È morto il poeta Franco Loi, ci conoscevamo. A volte, quando mi sembrava che con l’umore si metteva male, leggevo le sue poesie e tutto un po’ cambiava. Poi gli telefonavo per dirglielo, si commuoveva e mi invitava ad andare ancora a trovarlo.

Amava raccontare e lo faceva molto bene, guardandoti fisso con quei suoi occhi profondi, vispi e anche ironici. Sembrava che capisse subito chi aveva davanti. Mi parlava del suo incontro con Vittorio Sereni e in occasione di un libro da me fatto sui suoi di “Un posto di vacanza” mi ha dato una poesia dedicata a Sereni e mai pubblicata prima. È su quel libro.

Abitava in una semplice casa piena di libri, a Milano, sulla tangenziale esterna oltre piazzale Napoli. Il portoncino di ingresso era in alluminio anodizzato oro. Sui citofoni, il suo cognome si trovava tra nomi arabi e asiatici. L’ultima volta che l’ho incontrato era contento, sorrideva perché il padrone di casa aveva accettato di non aumentargli l’affitto.

Le poesie di Franco Loi originariamente sono in dialetto. Ecco alcune traduzioni

Milano era di sole, l’aria di cera/ ed era il giorno nel richiamare d’un tram/ Buon padre, che silenzio la tua vita,/ quanta sapienza a camminare, guardami…/ E quella pastasciutta sulla tavola/ era di fumo, di luce, silenzio e te.

 Non è il dolore il male, non è il mio rimpianto,/ e nemmeno la paura o la disgrazia,/ essere povero o ferito, andare del tutto nudo,/ il male è essersi perduto, essere senza grazia,/ disperdersi nella nebbia del sapere,/ tastare nel buio l’oscurità, essere nella ricchezza/ e colare la merda da ogni parte.

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