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Parole

MINUS

MARGHERITA GIROMINI - 08/01/2021

studentiAlla data odierna è probabile che non tutti i ragazzi delle superiori delle diverse regioni italiane avranno ripreso le lezioni in presenza.

Pur consapevoli che l’incertezza è la cifra di questo tempo, fa male constatare che c’è una generazione privata della convivenza con i coetanei e dell’incontro con i docenti, relegata a imparare tramite la didattica a distanza, modalità che riesce a garantire, però non sempre e non per tutti, un forte legame con la scuola.

Stiamo pagando un prezzo elevato a questa pandemia, ciascuno a modo proprio, ciascuna “categoria” con effetti diversi. Ma c’è qualcuno che sta pagando più di tutti e per tutti.

Salvati i bambini, risparmiati i ragazzini, per fortuna loro e nostra, sono gli adolescenti e i giovani adulti ad essere costretti a una vita sospesa.

Tra i pro e i contro degli esperti sono trascorsi tanti mesi: tra un “si riapra, la scuola non è responsabile dei nuovi contagi” e un “si mantenga chiuso, la scuola in movimento li favorisce” stiamo sfiorando l’anno, dodici lunghi mesi di istruzione lontana dalle aule scolastiche.

Intanto oscilliamo pavidamente tra eccessi di benevolenza e di severità che rivelano la considerazione in cui teniamo gli studenti dai 15 ai 19 anni: “minori”, nel senso del latino “minus”.

Una volta li riteniamo troppo fragili per poter sopportare una turnazione giornaliera che li riporterebbe a casa tardi per studiare, un’altra di non poter mangiare a orari impropri. Poi, al contrario, li giudichiamo con durezza per la mancanza di rispetto delle regole anticovid, dimenticando quanto sia difficile a quell’età restare distanziati, non parlarsi da vicino, ridere e sorridersi attraverso una mascherina.

Mentre l’anno scolastico resta in bilico, chiediamoci che cosa non ha funzionato, che cosa si sarebbe potuto fare di più, o di meglio, o che cosa “non” si sarebbe dovuto fare.

Avremmo potuto evitare di spendere cifre esagerate per i costosi banchi con le rotelle, per esempio. A proposito: quanto abbiamo speso? quanti banchi sono arrivati? dove e a chi? funzionano? ne valeva la pena?

In quasi tutte le scuole d’Italia, di ogni ordine e grado, da decenni, scolari e studenti hanno usato banchi monoposto, quelli con il ripiano di fòrmica, spesso appaiati per guadagnare spazio.

Sarebbe bastato sostituire quelli vecchi e consunti con banchi dello stesso modello per posizionarli – cosa fatta peraltro in molte scuole – su file singole e alla debita distanza.

Quei banchi hanno svolto la loro funzione nelle tante occasioni in cui serviva distanziare: durante le prove di verifica, nel corso degli esami di maturità, o quando l’edificio scolastico veniva “prestato” ai concorsi vari.

Altre riflessioni: perché un’intera estate è trascorsa senza che fossero realizzati piani per i trasporti efficaci? Chi si sarebbe dovuto occupare di rimediare alle storiche carenze dell’edilizia scolastica?

Mentre docenti, dirigenti, operatori scolastici predisponevano corridoi, atri, aule per il rientro, misurando, spostando, ampliando, recuperando – li abbiamo visti al lavoro in TV- comitati e commissioni preposti procedevano a rilento nell’analisi degli aspetti strutturali delle riaperture.

Una domanda resta da mesi senza una risposta: la presenza degli studenti all’interno delle scuole superiori ha contribuito all’aumento dei contagi e in quale misura?

Oggi 4 gennaio sull’argomento “riapertura delle superiori sì/no” leggo due pareri contrapposti: un esperto a favore e uno contro, entrambi autorevoli, entrambi ben quotati nei media.

Mi colpisce uno studio comparato sulla diffusione del virus negli ambienti chiusi, come i ristoranti, i bar, gli edifici scolastici. Vi si afferma che alle tre note regole – mascherine, distanziamento, disinfezione delle mani – va aggiunta la voce sanificazione dell’aria, fondamentale per evitare l’esplosione dei contagi negli ambienti chiusi.

Un’aula scolastica ospita un elevato numero di persone cosicché dopo 4/5 ore continuative di presenza, studenti e professori si trovano circondati da una condensa di aerosol. Non basta aprire la finestra “ogni tanto”, e cioè poche volte durante l’inverno, un po’ più spesso nelle stagioni di passaggio, per eliminarla. Solo un’adeguata ventilazione previene sia il contagio via droplet sia quello via aerosol. Ne consegue che in un ambiente come quello scolastico che favorisce il fenomeno del “contagio indoor”, si dovrebbe dotare ogni aula di dispositivi di aerazione e di purificatori d’aria, di sensori di CO2, a garanzia di un regolare cambio d’aria.

Rilevare, sperimentare, programmare, predisporre, prefigurare: proviamo a immaginare concretamente un futuro per i nostri giovani studenti.

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