“Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me. Nella casa del Padre mio vi sono molti posti. Se no, ve l’avrei detto. Io vado a prepararvi un posto; quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, ritornerò e vi prenderò con me, perché siate anche voi dove sono io. E del luogo dove io vado, voi conoscete la via”.
Gli disse Tommaso: “Signore, non sappiamo dove vai e come possiamo conoscere la via?”. Gli disse Gesù: “Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me. Se conoscete me, conoscerete anche il Padre: fin da ora lo conoscete e lo avete veduto”. Gli disse Filippo: “Signore, mostraci il Padre e ci basta”. Gli rispose Gesù: “Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me ha visto il Padre. Come puoi dire: Mostraci il Padre? Non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me? Le parole che io vi dico, non le dico da me; ma il Padre che è con me compie le sue opere. Credetemi: io sono nel Padre e il Padre è in me; se non altro, credetelo per le opere stesse. (Giovanni 14, 1-11)
Le parole di Gesù vogliono rassicurare sulla certezza dell’esistenza della vita dopo la morte e della presenza salvifica del Signore che ci riceve nella sua famiglia per l’eternità. Spetta a noi prepararci nel migliore dei modi per l’ultimo definitivo viaggio verso il Paradiso, sapendo come serve equipaggiarsi interiormente. Egli prima di tutto ricorda di stare tranquilli, sereni. Infatti dice: “Non sia turbato il vostro cuore”, cioè non agitatevi, non preoccupatevi di niente. È un ammonimento divino basilare questo, che vale però tanto quanto quello del richiamo a non dormire sino a sazietà, senza limite, ma al contrario vegliare; equivale all’esortarci a non fare l’amore ogniqualvolta ci pare e piace, sfrenatamente, ma praticando un’astinenza che deve essere compresa bene; equivale ad avvertirci che non dobbiamo cibarci seguendo l’istinto che porta a divorare le pietanze, bensì controllando l’alimentazione. È strano, per noi, ma possiamo scoprire che esistono saperi che da secoli indicano la fame del cibo, la voglia di dormire, l’appetito sessuale e la tentazione di cedere all’ansia, al turbamento dentro di noi, come quattro “passioni” simili i cui impulsi vanno superati parallelamente per potere ambire ad una vita religiosa più profonda, maggiormente consapevoli della realtà che ci circonda, avviati più celermente sulla strada che porta alla santità. Sonno, sesso, fame e paura possono rappresentare quattro “ostacoli” che ci intralciano nel cammino della santificazione e non ci permettono di raggiungere la piena consapevolezza, la verità nelle cose d’ogni giorno; di questi, la paura, l’allarme continuo che ci turba tendendoci come corde è la tentazione più subdola, perché meglio nascosta. Va contrastata assieme alle altre e tenuta a bada per non cadere nella sfiducia: “Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me”.
Pensiamo che esistono differenti stati di coscienza a cui, in successione, l’uomo giunge se pratica l’ascesi nella vita cristiana, a volte culminanti nell’estasi, stadio dove si sperimenta la presenza del Signore così come egli è, nell’essenza della sua persona gloriosa, conoscendolo direttamente ed intendendolo quale Verità assoluta. L’esperienza di Pietro, Giovanni e Giacomo sul Monte Tabor (Lc 9, 28-36) mostra proprio questo; ma la storia degli uomini Santi, consacrati o no, comprende tante situazioni identiche che dimostrano la validità delle dottrine mistiche finalizzate al raggiungimento delle visioni estatiche. Possiamo cercare di accedere alla prima di diverse “stanze” (sette, secondo l’agiografia contemplativa che le descrive) che ci separano dalla possibilità di penetrare nell’ultima, aperta al congiungimento col Creatore, però bisogna aver oltrepassato la soglia delle passioni ricordate precedentemente: è la cosiddetta “notte delle passioni” che si deve reggere, sopportare, superata la quale si dispone della capacità di procedere nel percorso di maturazione profonda avviata alla perfetta conoscenza divina. Si tratta di continuare ad avere fiducia nel Dio Salvatore che ci invita a non lasciarci andare, pur tentati con forza dai nostri sensi che chiedono d’essere soddisfatti immediatamente; non cedere loro, bensì controllarli con uno spirito che li domina, porta ad un mattino sereno dove essi cessano di tormentarci poiché sconfitti, permettendoci di proseguire sulla strada maestra. Ci attendono altre prove, altre stanze e finalmente la “notte dello spirito”, tappa maggiormente dura, dove nel buio delle certezze del nostro credo, mentre sembrano svaniti tutti i punti di riferimento della nostra interiorità migliore e Dio non pare essere più presente e consolante nella nostra vita, dobbiamo continuare a credere che sia con noi, volendogli un bene dell’anima; alla maniera di Gesù, che sulla croce non rinuncia alla prova suprema nel nome del Padre, pur esclamando: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?” (Mt 27, 46). Queste tappe caratterizzano la storia di ogni credente che desideri crescere nel Signore e ricalcare le sue orme. Dobbiamo sapere che sono tappe che trasformano l’anima ad ogni passaggio, rendendola pura, candida, sfolgorante; si possono paragonare a salti della coscienza individuale che cresce nello stesso modo in cui cresce la coscienza di un bambino che diviene adolescente e di un adolescente che diviene persona adulta. Da adulti possiamo saltare ben oltre quel livello di percezione dell’esistente posseduto naturalmente per lo sviluppo personale e divenire giganti nella fede e maestri della verità piena. Anzitutto, non sia turbato il nostro cuore, non allarmiamoci, non impauriamoci. Conosciamo la strada: “Se conoscete me, conoscerete anche il Padre”; e vogliamo camminare.
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