Già in un precedente articolo avevamo avuto modo di soffermarci sull’importanza della comunicazione in sanità. Avevamo segnalato come fin dagli albori delle scoperte scientifiche, la disseminazione fra la popolazione di questi progressi, fosse poi in realtà il vero successo scientifico. Questo perché solo se anche il più semplice gesto quotidiano (lavarsi le mani ad esempio) diventa comune, può essere dal punto di vista sociale (prevenzione malattie) davvero efficace.
È quindi evidente che in un’epoca in cui la comunicazione ha raggiunto una diffusione planetaria grazie alle nuove tecnologie e mezzi, la sua importanza si sia più volte moltiplicata.
Ciò può rappresentare un vantaggio se la fonte e quindi le informazioni sono scientificamente note e riconosciute, ma diventa un boomerang difficile da controllare quando viceversa l’obbiettivo sia quello di destabilizzare.
Questo ragionamento che mi sembra anche piuttosto elementare mi è balzato per l’ennesima volta in testa pochi giorni fa quando ho letto dei titoli a grandi lettere su quotidiani nazionali tra i più venduti e riconosciuti come seri. Uno di questi titoli sparava a tutta pagina come il nuovo vaccino avesse provocato due reazioni allergiche.
Un titolo è un titolo, non può contenere tutte le notizie, ha lo scopo di catturare l’attenzione, eccetera eccetera, e questo lo sappiamo ma non dicendo su quanti vaccini fatti, che tipo di reazione avesse provocato, quale fosse il soggetto ricevente, cioè privando il lettore di filtri scientifici idonei, mirava esclusivamente a tramettere dubbi, timori, paure.
Ora quindi che con tutte le fatiche reali, che vanno ad aggiungersi a quelle politiche, pratiche, organizzative proprie di un piano nazionale vaccinale, vale la pena di provare a fare almeno chiarezza dal punto di vista comunicativo.
I vaccini devono essere considerati tra i prodotti farmaceutici più controllati e sicuri. I processi di valutazione di efficacia e sicurezza per questa categoria di farmaci sono particolarmente esigenti. I margini di tolleranza verso eventi avversi sono considerati molto bassi proprio perché vengono somministrati a soggetti sani.
Esistono quindi a livello internazionale regole condivise di sperimentazione e valutazione del singolo prodotto ed un ulteriore controllo nazionale (AIFA agenzia italiana del Farmaco) ed europea (EMA, european medicine agency) da parte di agenzie che poi esprimono un giudizio di accettabilità del prodotto. Esiste infine un sistema di vaccino vigilanza che interviene ogni volta che viene segnalato un eventuale evento avverso e che può intervenire sempre a scopo precauzionale sul prodotto distribuito.
È prevista anche la tracciatura del prodotto per cui è noto per ogni singola dose il percorso dalla produzione all’inoculo.
Tutte queste procedure richiedono generalmente tempo proprio perché lunghe e complesse, tempo che ne caso del vaccino covid 19 è stato abbattuto per la prima volta nella storia dell’uomo di parecchio perché (secondo quanto riferito da tutte le comunità scientifiche riconosciute) di fronte alla pandemia, c’è stata una collaborazione di intenti diffusa.
Chiunque sostenga quindi che il vaccino sia in qualche modo pericoloso mette in dubbio una serie di passaggi, controlli, filtri nazionali ed internazionali ed ipotizza un complotto mondiale tipo Spectre di 007.
Veniamo quindi alla parte del discorso che volevo affrontare oggi cioè quella che ho definito (perché cosi si definisce in modo scientifico) evento avverso.
Esattamente come avviene nel campo della finanza ove non esiste un prodotto che abbia la certezza assoluta di un rendimento finale positivo e, tanto più alto è il rischio, tanta più alta è la probabilità di guadagno, anche in medicina tutti i farmaci hanno una dose di rischio nel momento in cui vengono somministrati (cosi come ogni intervento chirurgico tanto più rischioso quanto più eseguito in condizioni limite).
In generale nella maggior parte dei casi si tratta di eventi lievi a risoluzione spontanea, ma vi sono anche casi più gravi rari che presentano reazioni cliniche rilevanti.
Non esiste attualmente la possibilità di prevedere quali soggetti sono destinati a sviluppare una reazione di questo tipo.
Sono considerate dall’EMA reazioni gravi quelle che: sono fatali, hanno messo in pericolo di vita, hanno provocato ospedalizzazione più o meno lunga, o provocato invalidità grave o permanente.
Queste rare reazioni gravi sono da ascrivere a caratteristiche del vaccino, difetti di qualità dello stesso, inappropriata manipolazione o somministrazione, reazioni ansiose alla procedura vaccinale o coincidenze (non riconducibili al vaccino).
La reazione avversa prevede un nesso di casualità accertato con la vaccinazione.
Esiste quindi una vaccino vigilanza che identifica, valuta, comprende e comunica gli eventi avversi la vaccinazione. Questo sistema è integrato in quello generale della farmaco vigilanza e fa capo all’AIFA.
Gli eventi avversi sono divisi in classi che vanno dai molto comuni (un evento su dieci soggetti vaccinati) fino a molto rari (uno ogni diecimila) per un totale di 5 classi.
Lo Stato promuove (su espressa indicazione dell’EMA) la segnalazione dei casi avversi da parte di semplici cittadini o di operatori sanitari, un decreto ministeriale ribadisce l’obbligo di segnalazione (secondo precise procedure/scheda AIFA) per i vaccini entro 36 h da quando se ne viene a conoscenza.
Ora qualche numero fastidioso ma credo sia l’unico modo per poi saper leggere le fonti di comunicazioni con il giusto ‘occhiale’.
Parliamo dei dati italiani 2018: le reazioni gravi avverse ai vaccini sono state 3,1 eventi ogni 100000 dosi. Nel 67% delle segnalazioni gravi il problema è stato transitorio con risoluzione completa dell’evento segnalato. Nell’ 0,9% l’esito è stato il decesso ma nessuna segnalazione è risultata correlabile casualmente con la vaccinazione.
Di contro le reazioni avverse più comuni sono state febbre (con temperatura sopra i 38°c), reazioni cutanee (rossore), meno frequenti agitazione, vomito, orticaria ed ancora più rare diarrea, svenimenti, dolore, pianto, cefalea ed inappetenza.
Oltre il 50% delle segnalazioni arriva dai medici ma l’11% da semplici cittadini con una tendenza all’aumento rispetto gli anni precedenti, segno evidente della diversa attenzione verso il tema da parte della popolazione ed una diversificazione nazionale (Nord 7,8 per 100mila abitanti, Centro 6,3, Sud 6,9).
Quello che però è noto è che le persone rispetto alle vaccinazioni hanno una percezione aumentata del rischio, manifestando una sottostima o sovrastima del rischio collegata ad altri fattori e non a dati reali.
Tra questi fattori vi sono la fiducia, la valutazione rischio/beneficio, la libertà di scelta, la natura del rischio, la paura, l’incertezza eccetera e non ultimo la consapevolezza derivante dai media e dai contatti sociali!
Qualche esempio di rischio stimato? Trasmissione del morbillo ad un famigliare (alto 1:1/ 1:2), morte per incidente stradale (basso 1:8 mila), morte per omicidio (molto basso 1: 100mila), morte per vaccino antipolio (minimo 1: un milione), morte per fulmine (trascurabile 1:10 milioni).
Infine in cifre perché le vaccinazioni hanno un ruolo socio/economico decisivo: se fosse vaccinato almeno il 57% della popolazione europea per l’influenza il risparmio stimato sarebbe tra i 190 ed i 226 milioni di euro, la stessa vaccinazione in Italia per tutti i cittadini tra i 50 ed i 64 anni comporterebbe una spesa di circa 76 milioni con un risparmio stimato per il SSN (sistema Sanitario Nazionale) di 746 milioni di e (costo/beneficio 1 a 10).
Ed infine per gli americani ogni dollaro investito nelle vaccinazioni infantili ne genera 3 di risparmi del SSN e 10 in quello sociale.
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