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Attualità

SENSO COMUNE E BUON SENSO

FEDERICO VISCONTI - 08/01/2021

Il maestro Manzi a “Non è mai troppo tardi”

Il maestro Manzi a “Non è mai troppo tardi”

Porto un mio contributo ai “fiumi di parole” (Sanremo 1997, i Jalisse) che alimentano il dibattito sulla scuola italiana. Lo faccio da parte in causa, visto che l’Università è un osservatorio importante (per quanto non esaustivo) del percorso formativo che la scuola offre. Lo faccio da cittadino, nella consapevolezza di entrare in un campo minato e nella speranza di diffondere un qualche seme di cambiamento.

Una premessa è d’obbligo. I problemi della scuola italiana hanno origini lontane e la pandemia li ha purtroppo esasperati. Lo sappiamo tutti benissimo, non nascondiamoci dietro una foglia di fico.

Per esplorarli, prendo a prestito una frase del Manzoni sulle possibili risposte alla peste: “Il buon senso c’era, ma se ne stava nascosto per paura del senso comune”.

Quando si parla di scuola, c’è molto senso comune. Troppo. Didattica a distanza, banchi a rotelle, orari d’ingresso, mezzi pubblici …. docent. Non a caso De Bortoli, da poco in libreria, titola il capitolo sulla scuola con: “Il capitale umano è importante? Sì, investiamo in legno e acciaio”! Il senso comune è un fenomeno entropico che ha molte determinanti. Solo qualche esempio: l’orientamento al breve, gli interessi corporativi, le resistenze al cambiamento, i mantra della comunicazione… Dovendo stringere, mi gioco una tesi: il senso comune è dominante perché la concezione del ruolo della “Istituzione-Scuola” non è adeguata ai tempi. Discutere in profondità della mission della scuola significherebbe mettere a tema chi sono i portatori di interesse istituzionale, quali sono le finalità di lungo periodo da perseguire, cosa c’è da imparare dalle altre Nazioni, quali sono i contenuti di una concezione “alta, moderna e forte” di un sistema educativo e cosa ne ostacola l’implementazione. Trop difficile, mes amis. Si fa prima a modificare la prova scritta della maturità, a introdurre un regolamento di ottanta pagine sulle gite scolastiche, a comunicare che per gli studenti entrare alle 10 è fonte di disagio, e via di questo passo. Se poi si tiene conto che il Ministro, posto che sia competente, è nelle mani degli apparati e resta in sella qualche manciata di mesi …. les jeux sont faits, rien ne va plus!

Senso comune tanto, è vero. Ma anche confortanti testimonianze di buon senso, che emergono dalla trincea di dirigenti e insegnanti di valore, di studenti motivati, di famiglie coinvolte. Con profonda stima per il coraggio e per la determinazione con cui si impegnano, mi catapulto nel mondo dei sogni per proporre:

  • un viaggio per tutti gli italiani nel contesto socio-culturale che stava intorno a “Non è mai troppo tardi” del Maestro Manzi e che alimentava la scuola dell’epoca. O, se si preferisce, in un qualsiasi villaggio africano, dove i bambini (gioiosi, grembiuli in ordine e zainetti in spalla), fanno chilometri a piedi per raggiungere la scuola, “seconda casa” e punto di leva per l’emancipazione sociale.
  • un maggior impegno dei genitori nello studiare con i propri figli. Un esempio: perché non stanziare il 50% del tempo dedicato al “gruppo genitori” di whatsapp (cfr. Paola Cortellesi e Valerio Mastrandrea in “Figli”, c’è una scena fantastica) per ripetere in famiglia Dante o Cavour?
  • una riflessione seria da parte degli studenti sui comportamenti opportunistici, in particolare nei momenti di valutazione: è vero che il bigino e i foglietti c’erano anche ai miei tempi, ma è altrettanto vero che dal lockdown in poi le “vie brevi” si sono inflazionate. Come avrebbe detto la mia maestra Giuditta, con la farina del sacco degli altri si campa ma non si va lontano.
  • qualche prova tecnica di meritocrazia/innovazione in seno ai sindacati. Prima o poi, bisognerà riconoscere che qualche insegnante è più bravo di qualcun altro. E che chi non è fatto per il mestiere debba farsi da parte …O no? Per opportuni approfondimenti, dal particolare valore simbolico, si legga Gramellini, “La maestra e il sindacalista”, Corriere del 6 giugno scorso.

Omissis: la politica. Purtroppo (o per fortuna) ho esaurito lo spazio.

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