Porto un mio contributo ai “fiumi di parole” (Sanremo 1997, i Jalisse) che alimentano il dibattito sulla scuola italiana. Lo faccio da parte in causa, visto che l’Università è un osservatorio importante (per quanto non esaustivo) del percorso formativo che la scuola offre. Lo faccio da cittadino, nella consapevolezza di entrare in un campo minato e nella speranza di diffondere un qualche seme di cambiamento.
Una premessa è d’obbligo. I problemi della scuola italiana hanno origini lontane e la pandemia li ha purtroppo esasperati. Lo sappiamo tutti benissimo, non nascondiamoci dietro una foglia di fico.
Per esplorarli, prendo a prestito una frase del Manzoni sulle possibili risposte alla peste: “Il buon senso c’era, ma se ne stava nascosto per paura del senso comune”.
Quando si parla di scuola, c’è molto senso comune. Troppo. Didattica a distanza, banchi a rotelle, orari d’ingresso, mezzi pubblici …. docent. Non a caso De Bortoli, da poco in libreria, titola il capitolo sulla scuola con: “Il capitale umano è importante? Sì, investiamo in legno e acciaio”! Il senso comune è un fenomeno entropico che ha molte determinanti. Solo qualche esempio: l’orientamento al breve, gli interessi corporativi, le resistenze al cambiamento, i mantra della comunicazione… Dovendo stringere, mi gioco una tesi: il senso comune è dominante perché la concezione del ruolo della “Istituzione-Scuola” non è adeguata ai tempi. Discutere in profondità della mission della scuola significherebbe mettere a tema chi sono i portatori di interesse istituzionale, quali sono le finalità di lungo periodo da perseguire, cosa c’è da imparare dalle altre Nazioni, quali sono i contenuti di una concezione “alta, moderna e forte” di un sistema educativo e cosa ne ostacola l’implementazione. Trop difficile, mes amis. Si fa prima a modificare la prova scritta della maturità, a introdurre un regolamento di ottanta pagine sulle gite scolastiche, a comunicare che per gli studenti entrare alle 10 è fonte di disagio, e via di questo passo. Se poi si tiene conto che il Ministro, posto che sia competente, è nelle mani degli apparati e resta in sella qualche manciata di mesi …. les jeux sont faits, rien ne va plus!
Senso comune tanto, è vero. Ma anche confortanti testimonianze di buon senso, che emergono dalla trincea di dirigenti e insegnanti di valore, di studenti motivati, di famiglie coinvolte. Con profonda stima per il coraggio e per la determinazione con cui si impegnano, mi catapulto nel mondo dei sogni per proporre:
Omissis: la politica. Purtroppo (o per fortuna) ho esaurito lo spazio.
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