Tutte le religioni si basano sulla preghiera e quella cristiana in particolare si basa sul Padre Nostro. In queste settimane d’Avvento l’arcivescovo di Milano rinnova quotidianamente l’invito alla preghiera dopo aver mandato ai suoi fedeli un pensiero, un tema unico molto profondo, poche succinte parole, una meditazione coinvolgente seguita appunto dalla recita del Padre Nostro. All’inizio ha invocato l’aiuto per ben pregare.
Col suo Kaire serale monsignor Delpini sta cercando di aiutarci a vivere meglio questo Avvento angosciante, intriso di lutti, preoccupazioni, timori. Le sicurezze, il benessere, la certezza d’essere al sicuro sono scomparse in noi da parecchi mesi. Il futuro appare sempre più incerto e la speranza di miglioramenti sempre più flebile.
Ma no, si stanno sbagliando tutti. Ci stanno imbrogliando per sfruttare le nostre debolezze, le nostre incertezze. Stanno gonfiando una banale influenza mettendola sullo stesso piano di una epidemia pestifera dei tempi antichi. I responsabili politici di ogni movimento stanno sfruttando questa situazione per avere più potere.
Hanno inventato tutto: il virus c’è, non è possibile negarlo, ma non è l’assassino che ci fanno percepire.
Però parecchi amici e conoscenti sono morti in questi giorni. Fragili come nell’antichità, con la stessa fame d’aria di allora, si cessa di vivere bruciando gli stessi sogni di vita che terminavano in età molto, molto più brevi.
Che miserelli siamo! Portiamo centinaia di persone in pochissimo tempo da una città all’altra, ma non siamo capaci di affrancare bene i bulloni delle rotaie su cui il treno, veloce trasportatore, deve correre. Costruiamo palazzi altissimi in cui ogni giorno vivono, lavorano, litigano, discutono, si odiano, si coccolano migliaia di persone. Lanciamo gente nello spazio, chiusi dentro complesse scatole di metallo e non siamo capaci di lavarci bene le mani, portare bene mascherina protettive, avere minime norme d’igiene.
In effetti stiamo vivendo in mezzo a grandi contrasti per cui da scoperte e invenzioni fantastiche cadiamo nella miseria di tempi passati, esposti all’aggressione delle malattie infettive, eterno nemico di questa umanità. Ora come allora.
Siamo costretti a constatare che fare cose grandi non cancella l’importanza di quelle piccole, più banali, quotidiane. Dobbiamo concludere che noi siamo sempre gli stessi essere umani, uguali a chi ci ha preceduto nel tempo, anche se ci illudiamo d’essere più potenti. In effetti abbiamo più possibilità di vivere meglio ma il nostro vivere ha un termine uguale a quello di sempre.
Leggendo nella Bibbia la vicenda di Giobbe, scritta migliaia d’anni fa, viene il dubbio che il più recente sublime Leopardi si sia ispirato a quelle pagine. In quelle parole le stesse angosce. Vien quasi da concludere che cambiano i viventi, cambiano i modi del vivere, ma la vita porta sempre a noi meschini gli stessi dubbi, gli stessi problemi, le stesse difficoltà. Il vivere ha sempre la stessa meta. Vien da dire: sempre la stessa storia.
Vita strana? Vita sublime? Vita unica? Da vivere come? La viviamo meglio nei primi anni della nostra vita o quando sorseggiamo gli ultimi anni che ci vengono donati? Ma poi la domanda che si impone è sempre la stessa: da dove viene fuori tutto questo mistero in cui ci troviamo immersi?
In questo mistero c’è un “Padre nostro”? Come lo invoca l’arcivescovo Delpini dopo la stringata meditazione che sente il bisogno di darci, quasi a consolazione dopo una dura giornata di fatiche, di miserie, di paure, di angosce? Ma in tutta l’intera giornata quante volte Lui, l’arcivescovo, lo ha già invocato il Padre Nostro? E con lui quanti suoi confratelli ripetono il richiamo verso questo Padre? Popoli interi si rivolgono ripetutamente a Lui. Perché questo bisogno di invocarne la presenza?
Non è un meccanico ripetere una formula suggerita secoli fa da uno che Lo ha disperatamente invocato anche da una croce dove l’eterna perfidia umana lo aveva inchiodato, facendolo morire lentamente con sofferenza immense.
“Padre Nostro” donaci per favore tutto l’amore di cui abbiamo bisogno, donaci la forza di vivere anche se spesso ci chiediamo dove sei perché, come Giobbe, non ti sentiamo, non ti vediamo.
Sappiamo che tra qualche giorno tornerà la luce, temporaneamente rubata dall’eterno flusso della terra che migra nello spazio, ma con lei ritornerà la speranza di cui abbiamo bisogno?
You must be logged in to post a comment Login