Questa primavera, durante il primo, duro lockdown, a tutte le finestre fiorivano arcobaleni. I bambini costretti a casa dalla didattica a distanza li disegnavano sui loro quaderni; gli adulti appendevano ai balconi striscioni che diventavano punto di riferimento delle comunità e li condividevano sui social. Sotto campeggiava la scritta “Andrà tutto bene” segno di speranza, grido di resilienza, convinzione un po’ ingenua che bastasse resistere qualche mese per poi tornare alla vita di prima.
Ora gli arcobaleni sono spariti. Siamo spaventati, scettici, troppo spesso aggressivi. Pochi sono convinti che davvero alla fine andrà tutto bene. E ci siamo dimenticati del significato originario della frase. L’espressione viene da Giuliana di Norwich, una mistica inglese vissuta circa dal 1342 al 1430. Le fu detta in visione da Gesù con grande tenerezza “Il peccato è inevitabile, ma tutto sarà bene”. E più avanti aggiunse “Posso portare ogni cosa al bene, sono in grado di portare ogni cosa al bene, porterò ogni cosa al bene, voglio portare ogni cosa al bene, e vedrai tu stessa che ogni specie di cosa sarà bene”.
Ma anche l’arcobaleno non è segno di ottimismo volontaristico. La sua origine è nella storia di Noè, nell’episodio in cui Dio alla fine del diluvio benedice il patriarca, la sua famiglia e tutti gli esseri della terra, per sempre. “Questo è il segno dell’alleanza che io pongo tra me e voi e ogni essere vivente che è con voi per le generazioni eterne. Pongo il mio arco sulle nubi, segno di alleanza tra me e la terra” (Genesi 9,12-13).
Gli artisti che nei secoli hanno illustrato il testo biblico lo sapevano molto bene. Nei mosaici della Basilica di san Marco a Venezia l’arcobaleno si stende sopra l’arca da cui Noè sta facendo scendere gli animali, accompagnato dalla moglie, dai figli e dalle nuore. All’inizio dell’arco si vede la colomba che tiene nel becco il ramo di ulivo, che aveva portato a Noè come prova che le acque si erano ormai ritirate. Anche il simbolo così usato della colomba della pace deriva da questa grande vicenda di distruzione e rinascita. In una miniatura inglese dell’XI secolo Noè si inginocchia di slancio davanti a Dio, sotto un arcobaleno coloratissimo e quasi naïf, mentre i suoi lo seguono con le braccia alzate in gesto di preghiera. E in modo ancora più esplicito nel Battistero di Padova, così come nel Duomo di Monreale, l’arcobaleno si stende sopra la famiglia del patriarca che offre a Dio un sacrificio di ringraziamento, perché dentro l’’arca Noè non era solo: non ci si salva mai da soli.
In seguito il racconto della Genesi prosegue per dirci che da quel momento ebbe origine una grande rinascita, grazie alla riscoperta dell’armonia tra Dio e l’ uomo, tra Dio e il creato e tra l’ uomo e tutta la terra.
Una rinascita, un nuovo inizio, come nel Natale: idea che appare in una miniatura trecentesca dell’arca di Noè, che sembra quasi la capanna di Betlemme, con l’asino e il bue in attesa, come noi, della venuta del Salvatore.
You must be logged in to post a comment Login