Perché inventarsi un TE DEUM a più voci non a Capodanno, ma addirittura prima di Natale? Certo per la ragione pratica che RMFonline sospende le pubblicazioni prima di Natale e le riprende dopo le feste, cosicché il TE DEUM al 10 di gennaio avrebbe avuto un gusto un po’ stantio. Ma c’è un motivo più profondo, il cozzare del significato cristiano del Natale con quello (pagano o laico, chiamatelo come volete) del capodanno.
Il più grande cambiamento nella cultura popolare, nella filosofia della storia e nelle religioni è contenuto nella festa di Natale. Per gli antichi greci, come pure per i buddisti e gli indù, la vita del singolo percorre solo un frammento infinitesimo di un cerchio senza fine; l’alternarsi del giorno e della notte, il ciclo delle stagioni sono il simbolo dell’impossibilità di uscire dalla ruota dell’eterno ritorno. Gli ebrei, per primi, hanno introdotto nel pensiero religioso e quindi popolare la freccia del tempo, prima con l’idea della promessa, Abramo, poi con l’ attesa del Messia, annunciato dai profeti come l’uomo-evento che avrebbe interrotto la catena di sciagure che aveva colpito il popolo ebraico. La rottura definitiva dell’idea del TEMPO come prigione avviene col cristianesimo: se Dio nasce nel tempo e nella carne come Salvatore definitivo, tutta la realtà viene consegnata ad un destino possibile e buono, viene sconfitta l’irrimediabilità del fato; anche l’annunciata seconda venuta di Cristo non sarà affatto il ritorno al punto zero, ma il compimento di ogni bene.
La stessa nozione di progresso, caratteristica feconda del pensiero e della prassi occidentale, pur con la sua ambigua potenzialità di hybris (violenza sacrilega), deriva da questo cambiamento di mentalità.
Perciò mi è sembrato bello chiedere, proprio al termine di questo anno ‘orribile’, ad alcune persone particolarmente esposte alle sue contraddizioni, di intonare una lode a Dio proprio per questo anno così doloroso e difficile, che ne annuncia un altro altrettanto difficile, ma che proprio per questo richiede la virtù della speranza. Ecco alcune risposte.
“Paradosso culturale. Non stiamo parlando di musei, teatri, cinema fisicamente chiusi, stiamo parlando di un divieto di vivere esperienze, di abitare luoghi familiari o di scoprirne di nuovi, di assaporare il bello, di sollevare lo spirito dal soffocamento di questi mesi, di percepire un filo d’aria sana filtrata oltre una barriera indossata da settimane. Maggiore è il bisogno di nutrimento culturale, maggiore sono le restrizioni che riscontriamo, spesso senza reali giustificazioni. Una visione che guarda esclusivamente al benessere fisico, materiale, dimenticandosi totalmente di quello mentale, psicologico, visivo. Regalare e regalarsi esperienze positive è fondamentale nella situazione che stiamo vivendo, ma pare, a molti, non importare.
Se in questo periodo non avessimo avuto qualche spiraglio di bellezza, vivremmo oggi una povertà ancora più sostanziale di quella che percepiamo”. (Lara Treppiede. Direttrice del Museo Bodini, chiuso per Covid).
“In questo Natale particolare nella nostra vita, una certezza permane: Tu vieni come dono a ciascuno di noi. Abbiamo vissuto lutti e siamo stati messi alla prova; pur facendo tutto il possibile non è mancato chi ha avuto da ridire ma in tanti hanno ringraziato di cuore per l’impegno profuso.
Tensioni e paure non sono venute meno ma occorre anche riconoscere che, a partire da una esperienza di fede e da una responsabilità adulta, è stato possibile far prevalere non la preoccupazione di risparmiare, a noi e agli altri, i pericoli, i rischi e la paura, ma l’appassionata esigenza di comunicare le ragioni per affrontare le difficoltà, i pericoli e la paura. Siamo stati chiamati ad affermare o ritrovare il senso della vita, così come a dare un senso a ciò che è accaduto e che quotidianamente ci accade. Solo così, vivendo consapevolmente la gioia per la Tua venuta tra noi, questo tempo drammatico può diventare un momento propizio, anche se in lockdown. Che questa “particolare” circostanza che stiamo vivendo sia per tutti una occasione e non una obiezione!” (Gianni Nocera, direttore del Centro socio-educativo L’Anaconda, duramente provato dalla pandemia).
“Da imprenditore non avevo vissuto mai niente di simile. Chiusura totale! Il primo sentimento e’ stato “perderò tutto, pace! Niente avevo e niente avrò”. Dopotutto, mi sono detta, quello che eventualmente si perderà sono “solo” cose, oggetti, l’importante è non perdere l’entusiasmo della vita.
Da Cornelia devo dire che il periodo di chiusura e fermo totale si è invece’ rivelato molto bello, ricco di silenzi e di tempo per sé, ‘ per pensare, per capire. Poi fà sempre capolino l’imprenditore ed in un attimo ho organizzato la consegna a domicilio (fatta personalmente) di pizze per mio cognato ed ecco un’altro mondo che si apre, un’altro lavoro un’altra possibilità, un’altro ritmo. Cosa dire? C’è sempre un’altra possibilità, basta coglierla, è’ sempre davanti a noi, basta saperla vedere. Non per forza sarà la cosa perfetta per noi, ma una volta colta ti porterà sicuramente a qualcosa d’altro, d’inaspettato, di positivo”. (Cornelia Patella, titolare di un esercizio di Parrucchiera ed Estetista).
“Perché ringraziare per un anno che non ci ha lasciato in pace? Forse proprio per questo. Capodanno appena passato ed il Covid ci ha chiuso in casa con il lavoro e lo studio da gestire, la cassa integrazione per le segretarie e quanto è seguito. Dopo la prima sosta una ripresa con molti clienti con gravi problemi che chiedevano risposte. Non avevo più voglia di lavorare rivendicando per l’età il diritto del pensionato a smettere. Anche l’estate passa nella speranza di un cambiamento ma la realtà rimane ad interrogarti fino a quando non capita anche a te ed allora non puoi far a meno di affrontare la malattia.
Oggi uscito dall’ospedale dopo 45 giorni, alcuni passati in situazione davvero critica, certo debbo ringraziare per esser ancora qui a scrivere, anche se non sono terminate le complicanze fisiche (ho un piede che è divenuto pendulo, i polmoni chiedono ancora ossigeno che ho accanto al letto, il cuore deve esser controllato perché ha fatto le bizze ed infine in un rene è comparsa una ciste di 7 centimetri).
Perdonate il paragone ma come Giacobbe ho dovuto fare i conti con Dio, ne sono uscito forse un po’ malconcio ma felice di aver fatto l’esperienza della Sua presenza continua, per gli amici che in ogni momento mi erano vicini, soprattutto con la preghiera. Il miracolo per me è stata questa amicizia che ha svelato la presenza accanto a me del Signore che mi ha insegnato tanto. A chi mi chiedeva “ come va la salute ed il morale, rispondevo descrivendo la grave situazione in cui mi trovavo aggiungendo “il morale ottimo perché siamo nelle mani del Signore e quindi non possiamo avere paura”.
Solo il commento di Costante alla mia risposta : “Ottimo il morale ma soprattutto ottima la ragione” mi ha aperto la strada nel proseguire la mia contesa con la malattia e nel rapporto con chi mi curava, con i compagni che si sono succeduti nelle camere dove man mano venivo trasferito. Insomma stavo cambiando.
Ieri al momento delle dimissioni molti medici ed infermieri sono venuti a salutarmi, un compagno di camera ormai a casa mi ha telefonato come ha fatto spesso dopo le sue dimissioni ed oggi dallo studio Sergio mi ha portato i fascicoli da lavorare. Come prima, ma non più come prima.
Se un anno così mi ha cambiato ed è ragionevole che ciò sia accaduto, vuol dire che mi è stata donata una Grazia per la quale non si può far altro che restituirla nel TE DEUM. (Giuseppe Gibilisco, 45 giorni di ospedale).
“Grazie per questo anno difficile che ci ha rese più forti ed unite. Per averci fatto scoprire capacità e risorse nascoste, per l’inventiva e la buona volontà, per il tempo nuovo che ci è stato regalato.
Grazie perché nella comunità, già forte e grande che sapevamo di essere, abbiamo scoperto il valore ancora più significativo dell’essere una collettività che naviga sulla stessa barca.
Grazie per aver messo ancora al nostro fianco genitori, nonni, amici, una grande squadra di persone che sanno amare non solo i loro bambini, ma tutti i bambini e le persone che si occupano di loro.
Grazie per la forza che ritroviamo ogni mattina nel voler operosamente costruire questo senso di appartenenza a un luogo che per noi è famiglia, dove si vivono la solidarietà e l’amicizia, la bellezza e lo stupore. Ogni giorno.
Grazie per permetterci di condividere le fatiche e le gioie, i desideri e gli sforzi, guidati e sorretti dalla certezza che ogni giorno è una occasione unica di crescita e di conoscenza.
‘Colui che ama, fa tutto senza fatica’ Bernadette di Lourdes” (Magda Balzardi, direttrice della Scuola Materna e del Nido di Comerio, a nome di tutte le persone impegnate nell’opera).
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