Dal 6 al 10 settembre del 1926, ebbe luogo a Milano la prima sessione del V Congresso internazionale della Strada, i cui lavori si sarebbero poi conclusi a Roma. Per l’occasione, giunsero nella capitale lombarda quasi 2mila partecipanti, in rappresentanza di 52 Paesi. Dopo tre giorni di relazioni e conferenze, ai congressisti fu offerta la possibilità di svagarsi con una gita in automobile. Un lungo corteo di veicoli, raggiunto viale Sempione, infilò l’Autostrada dei Laghi all’altezza della Certosa di Garegnano. Era questa la prima autostrada del mondo, ideata e realizzata da Piero Puricelli conte di Lomnago (1883-1951), ed era stata inaugurata alla presenza del re Vittorio Emanuele III appena due anni prima, il 21 settembre 1924.
Giunti a Varese, i congressisti fecero sosta presso l’Hôtel Excelsior, cioè Villa Recalcati, attuale sede della Provincia e della Prefettura. A sera, mentre il sole tramontava alle loro spalle, gli ospiti percorsero nuovamente i 50 chilometri di strada asfaltata per fare ritorno a Milano.
Il viaggio di andata era stato apprezzato da tutti: la strada, liscia, pulita e senza polvere, aveva addirittura offerto la possibilità di lanciare le automobili alla massima velocità. Entrati a Varese, però, l’entusiasmo si era tramutato in stupore e sconforto. Approssimandosi al centro cittadino, caratterizzato da un dedalo di viuzze anguste, sterrate e senza marciapiedi, ad ogni largo le automobili si erano imbattute in «improvvisi e impaccianti agglomerati di gente e di veicoli, con aspetti di sagra rurale»; dappertutto «polvere, confusione e segni di disordine e di dubbia pulizia».
Raggiunto faticosamente il parco del grande albergo, solo allora lo sguardo dei gitanti poté trovare sollievo, abbracciando – così le cronache di allora – «da un lato il placido lembo di lago e il panorama a perdita d’occhio della pianura ubertosa, irta di ciminiere e solcata d’acque; dall’altro lo scenario delle Prealpi a gironi di boscaglie folte, e tutt’intorno verde e fiori, fiori e verde e parchi e giardini e un ondeggiamento lieve di colline punteggiate di ville, come un manto ricamato di pietre preziose». E, a maggior ragione dopo tale visione, gli ospiti stranieri si chiesero come mai per raggiungere un tale «paradiso» si dovesse attraversare «con tanto fastidio una città tanto trascurata».
È passato quasi un secolo da allora. La città è certamente più pulita e le strade, dopo gli interventi urbanistici seguiti alla sua elevazione a capoluogo, non sono più così strette. E tuttavia, Varese sembra ancora oggi attraente per ciò che è appena al di là dei suoi confini: i laghi, le montagne…
Non si è riusciti sino ad oggi (e probabilmente non si riuscirà nemmeno nel prossimo futuro) a immaginare per Varese un sano e corretto equilibrio tra bellezza e funzionalità. Una città, insomma, in cui sia bello vivere, in cui sia bello risiedere, in cui la comunità umana possa incontrarsi e progredire nel comune incivilimento. Una città che non sia solo uno snodo da attraversare per andare altrove o un posto dove ritirarsi, nel recinto isolato e protetto delle proprie case, dopo aver svolto i propri negozi nella grande metropoli.
Il futuro che i progettisti della mobilità hanno disegnato per Varese (ovviamente realizzando il mandato dei committenti) sembra condannare definitivamente la città ad essere trasformata in un’enorme, unica tangenziale, un grande snodo pensato per le automobili. La parola d’ordine è: rendere fluido il traffico. Delle macchine. Ché delle persone non si parla mai. Si parla di grandi e immense rotatorie, che renderanno più facile l’accesso al centro cittadino. Delle macchine, naturalmente.
Nel manoscritto leonardiano conosciuto come Manoscritto B dell’Istituto di Francia, riconducibile agli anni tra il 1487 ed i 1490, si trova lo schizzo di alcuni edifici porticati, con piazze e terrazze. In calce, Leonardo da Vinci descriveva in poche righe come avrebbe dovuto essere la sua città ideale. Una città, scriveva e disegnava, in cui erano nettamente distinti gli spazi destinati agli uomini e quelli destinati al movimento dei mezzi di trasporto: «Per le strade alte non deve andare carri, né altre simili cose, anzi sia solamente per li gentili uomini. Per le basse devono andare i carri e altre some, a l’uso e comodità del popolo». Un’idea, tutto sommato, abbastanza semplice.
Oggi non ci sono certo carri, ma pare che nessuno si scandalizzi nel vedere il centro di Varese, le cui vie non sono anguste, ma nemmeno paragonabili a grandi arterie autostradali, attraversate quotidianamente e a tutte le ore da mezzi pesanti, che contribuiscono ad ingolfare il già insopportabile traffico, a rendere l’aria sempre più irrespirabile e sempre meno sicura la vita dei residenti. Ma pare che questo sia il destino cui è condannata la città. Non dovremo stupirci se, nei prossimi anni, la popolazione continuerà a diminuire, la città a svuotarsi di persone e a riempirsi di macchine. Chi vorrebbe mai vivere su una tangenziale?
You must be logged in to post a comment Login