In questo Natale 2020 le coordinate appaiono un po’ strane. Non sarà la messa di mezzanotte, non saranno pranzi e cenoni a farci “sentire” il Natale … invece tante preoccupazioni e infinite precauzioni scandiscono questo tempo. Sarà dunque Natale? Ma cos’è mai la nascita nel tempo di Dio, se non una rinascita del tempo in Dio? Anche questi nostri travagliati giorni possono forse rinascere in Dio?
Certo non tutto in un colpo e i quaranta giorni dell’avvento ci hanno suggerito pazienza e attesa ed indicazioni preziose. Così, in questo 2020, un rito della liturgia delle lodi della domenica è apparso particolarmente pregnante. Prepariamo il presepio e la liturgia ci fa volgere lo sguardo alla croce e dirigervi i nostri passi per accendervi ceri: è la croce gloriosa, la paradossale croce del Risorto, il segno che apparirà in cielo alla fine della storia. Ecco, l’orazione dell’antifona ad crucem delle prime cinque domeniche di avvento ci fa rivolgere al Signore Gesù domandando: “di attendere con amore la sua venuta e, dopo una vita consacrata alla verità, di contemplare senza angoscia e con cuore gioioso l’apparizione del suo segno nel cielo”.
Ecco, anche davanti alla venuta del Signore, come davanti alle tante croci di questi giorni, è nominata l’angoscia. Ma per il cristiano tutto non può finire lì: l’angoscia può aprirsi alla gioia se questo nostro tempo è vissuto nell’attesa e nella ricerca della verità; se questi nostri giorni non sono ripiegati su di sé, ma rivolti con amore a Colui che è venuto, viene e verrà; se riconosciamo che la croce non è la fine oscura del tempo, ma l’eterna luce dell’amore onnipotente di Dio che illumina e compie ogni giorno introducendoci già ora e per sempre nella comunione con il Dio incarnato, con il Dio fatto nostro fratello che ci vuole suoi fratelli.
Dunque questo strano Natale ci aiuti a credere che il senso e la pienezza del tempo e della nostra esistenza è Dio e non un Dio fuori dalla storia: Dio è entrato nella storia, per portare la storia oltre se stessa in Dio; Dio si è donato alle nostre vite per portarci oltre noi stessi anche attraverso la croce e come “fratelli tutti” in Dio.
Questo strano Natale ci insegni che il tempo non è chiuso su sé stesso, ma aperto in Dio. Il tempo è attesa nell’amore di Colui che ha conosciuto, ha fatto proprie le nostre angosce per aprirci alla gioia dell’incontro eterno (già ora e poi in pienezza) con Lui.
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