Per chi imbocca o arriva dall’autostrada A8 Milano-Laghi, nel triangolo Milano, Como, Varese, è come rivedere un vecchio amico. Sta lì da 62 anni, sotto l’enorme tripode a tre archi. Confortevole e accogliente, anche se lo hanno demolito, ricostruito e inaugurato in questi giorni con le stesse forme e con materiali ultratecnologici. L’autogrill Villoresi Ovest, nato nel 1958 su progetto dell’architetto Angelo Bianchetti per conto di Mario Pavesi – l’industriale che inventò i biscotti Pavesini – è un simbolo del boom economico e dell’Italian Style. Fu aperto l’anno in cui fu eletto Giovanni XXIII, Modugno vinse Sanremo con Volare e nacque Michael Jackson.
L’Autogrill, immortalato sulla copertina della rivista Life nel 1961 per documentare il modernismo italiano e oggi ricreato con rigore filologico, è una perfetta fusione fra tradizione e innovazione: l’illuminazione 100% led, l’edificio centrale a forma di “nuraghe” a vetri con pellicole filtranti per i raggi UV, i rivestimenti con proprietà battericide e antinquinanti, una parte degli arredi in materiale ricavato dai fondi dei caffè serviti negli autogrill del gruppo, i contenitori da banco delle bustine di zucchero realizzati con materiale estratto dagli scarti delle arance spremute. E all’interno largo utilizzo di marmi, specchi, ottoni, mosaici e legno di noce italiano.
Se per Kerouac la Route 66 era la strada della libertà, la stazione di servizio Villoresi Ovest è il simbolo del pendolarismo che gravita su Milano ed è anche la testimonianza del tempo che passa inesorabile. Si trova sulla prima autostrada a pedaggio del mondo, la Milano-Varese, inaugurata il 21 settembre 1924 con il passaggio della Lancia Tricappa 8 cilindri del re Vittorio Emanuele III alla presenza dell’ingegner Piero Puricelli che inventò il concetto di autostrada, cioè una strada a scorrimento veloce da riservare al solo traffico automobilistico. Il pedaggio serviva per rimborsare l’ente costruttore delle spese di edificazione, di esercizio e manutenzione. Non solo per la gestione a volte disastrosa – ne sa qualcosa Genova – come accade oggi.
Alla Milano-Varese seguirono la Milano-Bergamo nel 1927, la Napoli-Pompei nel ‘29, la Bergamo-Brescia nel ‘31, la Torino-Milano l’anno dopo. Per l’Autocamionale Milano-Genova si dovrà attendere il 1935 e per la posa della prima pietra dell’Autostrada del Sole Milano-Roma-Napoli il 1956, percorribile da Milano a Firenze solo nel 1960. Tra poco la A8 festeggerà un secolo di vita. All’epoca contava 17 caselli, 35 sovrappassi e 71 sottopassi. Il suo anno di nascita evoca i tempi in cui l’Italia si avviava a una trasformazione epocale, la motorizzazione di massa. Le compagnie armavano le petroliere che solcavano i mari per importare il greggio da lontani Paesi e le autobotti rifornivano i primi chioschi di benzina.
I veicoli circolanti nel 1924/’25 erano ottantacinquemila, destinati a quadruplicare nel 1932, 318 mila di cui 227 mila auto. Il carburante costava 2,10 lire al litro e il mercato italiano da autotrasporto era controllato dal duopolio costituito dalla Standard Oil del New Jersey con la società Siap (Esso) e dalla Royal Dutch con la società Nafta (Shell). Nel 1926 si aggiunse ad esse l’Agip, l’Azienda generale italiana petroli, con capitale di 100 milioni di lire sottoscritto al sessanta per cento dal ministero del Tesoro e al quaranta da due enti pubblici, l’Istituto nazionale delle assicurazioni (Ina) e l’Istituto nazionale della previdenza sociale (Inps). Un’azienda costituita dallo Stato italiano per sviluppare una propria attività petrolifera.
L’uomo del destino si chiamava Enrico Mattei, partigiano sul finire della seconda guerra mondiale e deputato della neonata Repubblica italiana dal 1948 al 1953 nelle fila della Dc. Soprattutto grande protagonista del miracolo economico postbellico, benché fosse autodidatta con la sesta elementare. Nato ad Acqualagna nelle Marche nel 1906, fondò quella che è a tutt’oggi la più grande azienda italiana per fatturato, l’Eni, l’ente nazionale idrocarburi. Morì il 27 ottobre 1962 in un misterioso incidente aereo a Bascapé, nel Pavese, le cui vere cause non sono mai state chiarite. Tornava a Milano da Catania quando l’aereo precipitò in vista dell’aeroporto di Linate.
Si parlò di un attentato da parte di ignoti. Mattei era stato nominato commissario dell’Agip per l’Alta Italia a Milano il 28 aprile 1945 dal Comitato di liberazione nazionale. Si era dato subito da fare per rilanciare le ricerche di gas metano nella penisola e, nominato alla guida dell’Eni il 21 aprile 1953, riunì le cariche di presidente dell’Eni e di presidente dell’Agip fino alla tragica scomparsa. Aveva intuito che in Italia, specie nella pianura Padana, potevano esserci giacimenti di gas e combustibili, ma per gestire le fonti di energia bisognava darsi una dimensione multinazionale. Decise perciò di acquisire all’estero società e diritti di ricerca e di sfruttamento.
Dove trovare i soldi? Lo Stato uscito a pezzi dalla guerra e le banche non offrivano sufficienti risorse. Così Mattei chiese udienza a Pio XII, il principe Eugenio Pacelli di antica aristocrazia romana e gli espose il progetto dell’Agip internazionale. Il pontefice mobilitò lo Ior per aiutarlo e nel 1956 l’Istituto per le opere religiose, attraverso il banchiere Massimo Spada, mise a disposizione di Mattei la valuta estera necessaria per entrare nell’azionariato e poi per acquistare la Egyptian Oil Company, prima società straniera dell’Eni. Nel mese di giugno del 1955 si era tenuto a Roma il 4° congresso mondiale del petrolio con i big delle compagnie pubbliche e private, imprenditori, tecnici e studiosi.
L’evento più atteso fu senz’altro l’udienza ai quattromila congressisti concessa in Vaticano da papa Eugenio Pacelli, già investito dalle polemiche postbelliche sui silenzi a proposito delle leggi razziali varate da Mussolini, della deportazione nazista degli ebrei nel ghetto di Roma e della condanna – quella si, tempestiva – del comunismo sovietico. Nel suo intervento, il papa affrontò il tema dei principi che dovevano ispirare l’utilizzo delle risorse naturali e l’impiego del personale. E si mostrò uomo pragmatico, attento e informatissimo sulle nuove tecniche dell’industria petrolchimica e sulle prospettive economiche della ricerca energetica.
“Talvolta – disse – bisogna spingere la trivellazione dei pozzi fino a grandi profondità e ciò ha dato luogo a studi teorici suggestivi, onde superare le possibilità dei sistemi e dei materiali attuali. Il metodo dei pozzi direzionali che partono dal litorale ha permesso di raggiungere dei giacimenti situati sotto il mare, a breve distanza dalle coste. Per quanto riguarda la raffinazione del petrolio grezzo, il metodo del cracking catalitico ha acquistato un’importanza considerevole in quanto, dalla fine della guerra ad oggi, la quantità di petrolio trattata con questo sistema si è quasi triplicata. I miglioramenti conseguiti hanno portato a un maggiore rendimento in benzina e in gasolio”.
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