Invidiamo i tedeschi perché a guidarli c’è uno statista. Riepilogando: la Merkel tempo fa allenta le briglie al suo popolo, gli restituisce le libertà sospese, lascia spago all’economia messa al cappio. Poi controlla -con giornaliera tigna da chimico-fisico qual è- l’andamento della curva epidemica. Le notizie sono pessime, il Covid rialza la testa, le difese immunitarie dei connazionali non lo intercettano. Bisogna agire. Il primo ministro va in parlamento, denunzia il precipitare della situazione, usa i numeri per conferire una cifra all’emozione. Che è forte, tragica, dolorosa. La trasmette con asciutta immediatezza e occhio inumidito ai convenuti.
Alla fine dell’intervento dichiara: stringerò i lacci che avevo sciolto. Non ci sono alternative, volendo salvare la pelle a milioni di concittadini che potrebbero rimettercela. Dunque, avanti con un lockdown-bis. Duro. Anzi, durissimo. Sino al 10 gennaio il Paese verrà tenuto sotto chiave. Uscite solo per necessità del vivere quotidiano. Risarcimenti rapidi e non minimali alle larghe quote del mondo lavorativo in sofferenza.
Detto e fatto in tre giorni. Qualche obiezione dai Lander (le regioni), ma composta rapidamente. Per l’esattezza: in un’ora. Altro che conflitti di potere, autonomie periferiche, litigi capziosi, contrapposizioni speculative. La Germania vuole e sa essere seria. Anche chi non la pensa allo stesso modo della leader di ferro, degna d’una caratterialità alla Thatcher, le si raccoglie attorno. Viene chiamato spirito patriottico, roba non retorica bensì razionale. Riconosciuto un errore, ci si emenda nell’interesse della nazione: è il contenimento del danno, talvolta l’unica via di saggezza, se non di salvezza. La nazione comprende e obbedisce.
Da noi va al contrario. Non abbiamo uno statista al comando, né s’intravede al suo fianco chi sappia sopperire alle manchevolezze; risulta incapace d’unitarietà emergenziale l’opposizione; s’impegnano a peggiorare le cose, anziché a migliorarle, le regioni (i Lander al di qua delle Alpi). Dove svetta l’inadeguatezza d’alcuni governatori, pur se ci sono le eccezioni, per esempio il veneto Zaia, che se fosse al tavolo delle riunioni di Palazzo Chigi, saremmo un po’ più tranquilli.
Di fronte a un simile status di contraddizioni, incertezze, zuffe e altro, dichiara una verità semplice il dileggiato leader di Azione, Carlo Calenda: siccome siamo bombardati dal Covid, difendiamoci tutt’insieme. È indispensabile un gabinetto di guerra, che coinvolga forze di sinistra, di centro, di destra a sostegno d’un esecutivo dei migliori sul mercato, a cominciare da Mario Draghi. Che ha appena reso noto il suo piano di rinascimento.
Calenda non sarà un Churchill alla romana, come il sarcasmo l’ha battezzato. Ma non è neppure un Chula alla milanese, come sono da battezzare quelli che praticano male l’ironia e per il resto non fanno niente. C’è zero d’irrealistico nell’evocare una sorta di Cln politico-economico per sconfiggere la dittatura dell’infezione e ottimizzare la miliardata di soldi europei. Se poi e per avventura anche ci fosse, osiamo comunque. Merkel in anno licet insanire. Gliel’abbiamo insegnato noi alla cancelliera, tramite Seneca Orazio e Sant’Agostino, quanto sia assennata una vena di follia. È ora di reimparare il bentolto.
Ps
A proposito di paragoni bellici. Il Covid ha fatto in pochi mesi quasi 75 mila morti in Italia. Nei cinque anni della seconda guerra mondiale le vittime civili furono 140 mila. Capìta la dimensione della tragedia? Mah. Se qualcuno morirà ancora, pazienza, è scappato detto con inconsapevole crudeltà al presidente degl’industriali di Macerata. A Guzzini.
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