Nelle domeniche 15 e 29 novembre si sono tenute in Brasile le elezioni amministrative per la scelta dei sindaci e dei consigli comunali di 5554 municipi. Come capita ormai da tempo, l’informazione della stampa nazionale o non ne ha fatto cenno, o ha letto un momento di straordinaria importanza in una parte del mondo popolatissima e assai civile dominata da Bolsonaro, un tiranno paranoico, sotto aspetti che non danno risalto alle battaglie in corso in un Paese trasformato negli ultimi cinquant’anni. Perfino il Manifesto, un organo di stampa che dovrebbe essere attento all’America Latina, ha letto le due tornate di un’elezione importante solo sotto il profilo dell’evoluzione del costume segnalato dai successi dei candidati LGBT.
Rendo giustizia in queste note al ritorno alla ribalta dei movimenti popolari e della sinistra in un Paese retto dal più prone alleato di Trump.
Nel 2018 si è aperta la strada a forze di estrema destra sostenute da interessi settoriali interni e influenze internazionali con l’elezione del signor Bolsonaro che nella sua gestione non rispetta la Costituzione. I risultati delle amministrative hanno registrato, un indebolimento dell’onda prodotta dalla convergenza fra forze di estrema destra fascistizzanti e correnti integraliste di fondamentalismi religiosi del periodo elettorale degli ultimi mesi del 2018.
Nel secondo turno importante è la vittoria di Edmilson Rodrigues a Belém do Pará, la porta dell’Amazzonia: un sindaco di sinistra che aveva promosso il Forum Panamazonico 15 anni fa e che ribalta la guida a destra nella città più martoriata dal Covid; di Eduardo Paes a Rio, che ha stracciato il precedente sindaco Marcelo Crivella, pastore neopentecostalista. Intensa è stata la competizione a San Paolo dove Guilherme Boulos del PSOL con il 40% di voti si impone come giovane quadro di alto livello espressione dei movimenti sociali dei SEM Terra. Manuela D’Avila, combattiva candidata alla vicepresidenza del Brasile nel 2018, ha conquistato oltre 45% dei voti a Porto Alegre.
I consigli comunali delle capitali brasiliane saranno assai neri nel 2021. Sommando i seggi di tutte le 25 capitali che hanno eletto i consigli domenica 15, 44% saranno occupati da persone nere, mentre le donne saranno solo il 18% dei consiglieri municipali delle capitali. I sindaci indigeni passeranno da sei a 10 in Brasile nel 2021. I numeri indicano un maggiore impegno di indigeni per accedere a cariche elettive, secondo un movimento che cresce dal 1982, anno in cui venne eletto il primo indio deputato in Brasile: cacique Xavante Mário Juruna.
La situazione quindi è in movimento. Il sociologo Clemente Ganz Lúcio afferma che vi è stata una discontinuità dell’onda bolsonarista del 2018. “C’era una forte preoccupazione che quel movimento (bolsonarista) avesse un grande risultato (nelle elezioni municipali) ma la società non ha assunto questo comportamento, ma uno spostamento per la politica democratica e per la partecipazione sociale. L’insieme della sinistra PT, PSOL, PCdoB è riuscito a recuperare un certo protagonismo elettorale, a mantenere comuni, a fare un numero di consiglieri importante. In un certo modo l’area democratica respira”, aggiunge.
Concludo con una domanda: cosa ci importa delle elezioni amministrative in Brasile? E con una risposta: l’America del Sud è uno spazio significativo per l’Italia, dal momento che in Oriente … in Europa… Sono realtà in cui altre forze dominano. Inoltre, è molto irresponsabile fare finta di non vedere il pericolo immane di governi fascistizzanti come quelli di Bolsonaro, Orban e Trump, che tessono relazioni e contatti anche nel nostro paese.
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