Dopo mesi di pandemia il nostro Paese è esausto. I nostri concittadini sono esausti per una situazione che sembra non vedere mai la fine. Il primo lock down è stato vissuto, mi si passi la retorica, in maniera quasi eroica. Si è assistito a un rispetto delle regole imposte e a una sorta di auto disciplina che ha stupito tutti. Ha in primis lasciato di stucco, noi italiani, ma anche quei commentatori stranieri più avvezzi e abituati a criticare il bel paese e i suoi comportamenti anarchici che a vederne virtù nascoste come questa volta.
Ora, purtroppo, per tante e diverse ragioni siamo nella seconda ondata e già c’è chi prevede, non senza ragioni, la possibilità che ve ne sia una terza tra gennaio e febbraio 2021.
In questo stato di incertezza e di sofferenza dove le persone vivono momenti difficili, drammatici e a cui talvolta sembra non esserci nessuna speranza di ripresa e di ritorno alla normalità, se mai di normalità si potrà parlare dopo questa tragica esperienza, dopo tutto questo e su tutto questo si innestano anche le politiche sociali del nostro Comune e cioè quell’insieme di interventi miranti a contenere il disagio, a diminuire l’impatto devastante della crisi economica derivante dal Covid 19 e a sostenere le famiglie disagiate e colpite per consentire a tutte di recuperare, se possibile, un minimo di tranquillità e di fiducia nel futuro.
Ebbene, premesso questo, mi preme, prima di iniziare questa mia riflessione, partire da due paradossi e questo al fine di evidenziare una sorta di “operazione verità” a cui è bene non rinunciare.
Il primo paradosso è questo. Il nostro Parlamento legittimamente ha votato in questi mesi tutta una serie di scostamenti di bilancio che hanno consentito di superare il problema della parità e soprattutto di emettere leggi a debito per affrontare in maniera emergenziale le difficoltà del Paese. Il paradosso è che lo Stato si è permesso questo, ma non lo ha permesso ai Comuni a cui sono imposte ancore le regole della parità di bilancio e di equilibrio. Quindi, per semplificare al massimo, noi non possiamo, per affrontare la crisi, fare debiti.
Secondo paradosso. Trovo abbastanza contraddittorio, per non usare altro termine, la rincorsa dal Parlamento fino al nostro semplice consiglio comunale di parte della politica nell’affrontare la crisi con un unico mantra. Non fate pagare le tasse, non fate pagare i contributi, non fate pagare niente sotto nessuna forma, anzi rinunciate per il 2020 e anche per il 2021 a qualsiasi entrata prodotta dai cittadini e procedete a dare sostegno economico a tutti.
Il paradosso che trovo in queste richieste è che si vuole, per dirla con la saggezza contadina, “la botte piena e la moglie ubriaca”. Insomma non fate pagare le tasse e assicurate i servizi ai cittadini come se nulla fosse.
Prima di collegare questi due paradossi agli ultimi interventi fatti dalla nostra Amministrazione in ordine temporale e nel momento in cui scrivo e cioè prima la variazione di bilancio di quasi un milione di euro per i servizi sociali e, in seconda battuta, l’inizio della seconda tranche di voucher/buoni alimentari a sostegno delle famiglie in difficoltà per un totale di 427mila euro, vorrei aggiungere un breve pensiero.
Le richieste di intervento sul versante entrate e cioè sulla sospensione delle tasse sono certamente legittime, il problema è, tuttavia, come collegare tutti i provvedimenti affinché abbiano una razionalità economica e una sostenibilità e, soprattutto, non perdano di vista il problema di fondo e cioè come non mandare a gambe all’aria il Paese e con lui i più fragili tra i nostri concittadini.
Ma provo a fare questo tipo di ragionamento. Da un lato abbiamo l’assenza di entrate per le Amministrazioni locali dal mese di gennaio 2020, assenza che è stata sopperita con le rimesse che lo Stato ha fatto proprio per superare il blocco nei confronti dei Comuni con risorse che, tuttavia, non hanno coperto completamente le esigenze; dall’altro lato abbiamo la forte, fortissima richiesta da parte delle categorie, da parte della politica e da più soggetti di sospendere ogni forma di tassazione ed anzi di procedere non ad un rinvio, ma ad un azzeramento per la durata della crisi.
Accanto a questa situazione abbiamo però un quadro contingente che non va dimenticato e neanche mortificato. Questo Paese si tiene insieme anche erogando i servizi e i servizi normalmente più vicini alla popolazione compresa quella parte più fragile sono quelli che mettono in campo gli Enti Locali perché sono quelli in prima linea nei confronti dei cittadini. Quali? Servizi educativi e servizi sociali su tutti. E dunque come è possibile continuare ad erogare servizi se non si hanno entrate a sufficienza e si chiede di non tagliarli, ma di rinunciare a tutte le entrate?
Sono sincero. C’è in questo Paese un deficit di classe dirigente (a tutti i livelli), ma c’è anche un deficit di responsabilità dove, chi è deputato a rappresentare i nostri concittadini, alcune volte e non da parte di tutti, preferisce parlare alla sola pancia della gente e non alla testa. Da ormai trenta e più anni si è pensato più ad abbattere gli avversari in politica con il ludibrio e la delazione che con il ragionamento alternativo. Si è scaricato di tutto sulle Istituzioni rendendole deboli, di proprietà del politico di turno senza guardare al domani, ma solo all’oggi. Si è innalzato la chiacchiera da bar a pensiero politico raffinato perché vicino al linguaggio della gente non pensando che chi governa la “cosa pubblica” non deve vivere le Istituzioni come il “bar sotto casa” e le decisioni e il modo in cui le si comunica non possono essere ridicolmente semplificate perché se la realtà è multiforme questa deve essere fatta comprendere nella sua complessità e difficoltà anche ai semplici cittadini che dalla politica sono lontani e dai meccanismi di governo lontanissimi.
Ebbene, ci sono due modi per fare politica. Adeguarsi a questo e pensare che ciò che importa è il risultato immediato oppure imboccare la strada meno battuta. Io penso che l’Amministrazione Galimberti abbia fatto questa seconda scelta. In questi mesi abbia lavorato tantissimo su più tavoli, abbia coinvolto spesso e spesse volte le parti sociali al fine di concertare e programmare e lo abbia fatto, magari, anche nel silenzio perché prima si lavora insieme e poi si comunica. Ma penso che si sia lavorato anche tantissimo per assicurare coesione e sostegno alla parte più fragile dei nostri concittadini. E così abbiamo lavorato tantissimo affinché si potesse fare una variazione di bilancio, con risorse nostre, con risorse dell’Ente Comune di Varese, per assicurare servizi e sostegno. E penso che si sia fatto anche tantissimo prendendo al volo quello che lo Stato ha messo di recente, grazie anche alla pressione esercitata da Anci, per avviare subito la possibilità di distribuire, come già fatto nel mese di aprile scorso, i buoni spesa alimentari per i varesini in difficoltà. Non è mai facile far coincidere il bisogno con le regole di bilancio. Così come non è mai facile spiegare a chi è in difficoltà che se il Comune non interviene non è perché non vuole, ma perché non può. Ovviamente questo non vuol dire che tutto sia stato fatto in maniera perfetta, ma posso assicurare che molto è stato fatto e molto sarà fatto ancora. Fare di questi tempi una variazione di quasi un milione di euro è un piccolo “miracolo” che ci consentirà di sostenere chi non avevamo ancora potuto aiutare e di sorreggere chi già conosciamo. Avviare nell’arco di pochi giorni una seconda campagna per i buoni alimentari non è una cosa semplice ed automatica, come ben sa chi ha conoscenza della complessità delle regole e della macchina amministrativa.
E quindi mi si consenta la battuta. Ho visto in questi giorni alcune polemiche alimentate anche sulla stampa di opposizione circa l’inefficienza dell’Amministrazione durante la nevicata del 4 dicembre. Non ho visto molte righe a favore degli ultimi interventi a sostegno dei nostri concittadini ad opera dei servizi sociali. Ecco, forse il senso della realtà e del giusto peso delle cose e degli accadimenti, comporterebbe anche la capacità di porre nella corretta dimensione anche comunicativa gli accadimenti intorno a noi e, soprattutto, di dare a loro il giusto significato e la corretta importanza per il vivere quotidiano di chi è veramente in difficoltà.
Roberto Molinari, Assessore ai Servizi Sociali del Comune di Varese
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